Parola al docente

“Meloni aveva promesso di partire dagli ultimi, invece li ha traditi”, parla Domenico De Masi

«La leader di Fdi aveva promesso di partire dagli ultimi, invece li ha traditi. E tradisce la sua storia di erede della destra sociale. Morto Berlinguer, il liberismo ha infiltrato anche la sinistra»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

2 Agosto 2023 alle 12:00 - Ultimo agg. 2 Agosto 2023 alle 12:15

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“Meloni aveva promesso di partire dagli ultimi, invece li ha traditi”, parla Domenico De Masi

“Dopo aver snaturato totalmente la sinistra, il neo liberismo ha avvelenato anche la destra sociale di Fratelli d’Italia. E’ un pensiero unico che lascia ai suoi piedi, con le sciagure politiche che ispira, macerie sociali e una rabbia che qui da noi, a differenza della Francia, non riesce a trasformarsi in rivolta popolare. Su questo chi dice, anche solo a parole, di essere dalla parte dei deboli, dovrebbe interrogarsi e fare un severo mea culpa”. A sostenerlo è Domenico De Masi docente emerito di Sociologia del lavoro all’Università La Sapienza di Roma già preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione presso lo stesso ateneo, una sterminata pubblicistica di libri.

Un’autorità nel campo della sociologia del lavoro. “Quella sferrata da Meloni è una guerra contro i poveri – rimarca De Masi –. Una guerra dissennata, che non soltanto non poterà alcun giovamento all’economia del Paese ma determinerà altre sacche di emarginazione e di povertà. Quello messo in atto dalla Meloni è un doppio tradimento: ha tradito le promesse fatte in campagna elettorale, la destra dalla parte dei poveri contro la sinistra dei salotti e della Ztl, e il tradimento delle basi di quella che fu la destra sociale a cui Meloni e Fratelli d’Italia s’ispiravano. Altro che statalismo di destra. Il governo del doppio tradimento è un governo sciaguratamente neoliberista”.

Quanto alla decisione della maggioranza di rinviare a settembre la discussione sul salario minimo, il professor De Masi va giù durissimo: “Una vergogna nella vergogna. E’ come se il fattore tempo fosse neutro, uguale per tutti, per i ricchi come per i poveri. Ma a chi deve fare i conti con una quotidianità materiale sempre più degradata, e sono milioni di persone, non puoi dire noi chiudiamo per le vacanze, aspetta settembre. Mentre noi parliamo, ci sono migliaia, migliaia, migliaia di lavoratori che guadagnano 2 euro all’ora”. Ma la Meloni sbaglia a cantar vittoria. Il 25 settembre è riuscita a far leva su un disagio diffuso che s’indirizzava contro le forze progressiste, o sedicenti tali, identificate come quelle che al governo avevano tradito le aspettative. Su quella rottura, Meloni ha costruito il suo successo elettorale. Ora, però, quelle famiglie sanno chi è il responsabile del loro star peggio. Alla prova di governo, Meloni si è dimostrata furba ma non intelligente.

Professor De Masi, la cancellazione da parte del governo Meloni del reddito di cittadinanza può provocare una rivolta sociale?
Ci sono tutti gli elementi perché questo avvenga, come è successo in Francia. Ci sono tutte le ragioni, le cause, perché si determini una protesta vigorosa. Ma se gli italiani non si comportano come i francesi non è per una questione di indole o cretinerie del genere. Non è che noi siamo più “buoni”, pazienti o se vuole remissivi.

E allora, professore, dove sta il problema?
Sta nel fatto che manca un punto di riferimento per chi deve protestare. Non è solo un problema, pur vero e grave, di un deficit di rappresentanza politica, dell’appiattimento totale della sinistra, che pure in passato, almeno fino a Berlinguer, delle classi più disagiate, dei suoi diritti e della volontà di riscatto, si era fatta interprete ed espressione politica. Questo abbandono pesa, ma c’è dell’altro. C’è la mancanza di “educazione” sociale, culturale, prim’ancora che politica, di quanti sono vittime delle scellerate politiche neoliberiste delle quali oggi la destra al governo si fa succube portatrice. Quelli che sono colpiti da questo governo magari sono gli stessi che l’hanno votato. Non c’è educazione politica. Nessun partito ha fatto educazione politica in tutti questi anni. Se lei pensa che centinaia, migliaia di persone hanno saputo che da oggi non hanno più il sussidio, beh, uno si sarebbe immaginato una sollevazione molto più diffusa, radicata. Quella che continua a mancare è la consapevolezza politica. Certo, chi aveva votato a destra perché la Meloni aveva giurato che non avrebbe fatto come i “signori della sinistra”, che sarebbe partita dagli ultimi, ora questa gente si sente tradita. E questo produce dolore, rabbia, sentimenti comprensibili, fondati su ragioni vere, ma che da soli non bastano per dar vita a un grande movimento di protesta. C’è una dispersione, una frantumazione sociale che ha radici lontane e che ha evidenti ricadute politiche e nelle trasmigrazioni elettorali. C’è chi vota a destra, chi protesta astenendosi… E qui che le sinistre dovrebbero aprire una seria, severa riflessione. Che non si limiti a fotografare l’esistente, sperando di poter cavalcare a sua volta quella rabbia sociale che fino a ieri ha fatto la fortuna di Fratelli d’Italia e della Meloni. Giocare di rimessa è perdente. Bisognerebbe aprire un dibattito, e L’Unità che si rifà a Gramsci e Berlinguer potrebbe farsene promotrice, sul perché sia venuto meno un partito che dia rappresentanza al proletariato e al sottoproletariato, categorie che vanno ridefinite al presente ma che non appartengono in quanto tali all’archeologia politica e ideologica. Un partito che sappia svolgere una funzione pedagogica, di guida. Un partito che al momento non c’è.

Vorrei che tornassimo sulla destra, che ha vinto le elezioni, il discorso vale soprattutto per Fratelli d’Italia, intercettando questo diffuso malessere sociale così forte nei settori più disagiati, promettendo di farsene carico. Ora li sta tradendo. Perché?
Li tradisce, e questa è una vera novità. Il discorso vale per Fratelli d’Italia che si faceva erede della destra sociale. Il discorso non vale per Forza Italia perché quella di Berlusconi si sapeva essere una destra neoliberista, sostenitrice, come tutte le destre neoliberiste, del “dio mercato”, del mercato che tutto deve decidere e lo Stato non deve intervenire in economia perché ciò è da “comunisti”. Il neoliberismo, come ha inquinato il PD, gran parte del quale è neoliberista, così ha fatto anche con la Meloni e i suoi. Oggi abbiamo una situazione in cui il minimo comun denominatore di tutti i partiti, o comunque di quelli che più pesano, è il neoliberismo.
E il neoliberismo porta a considerare che i poveri sono tali per colpa loro e che quindi bisogna abbandonarli al loro destino. Meloni si sta rivelando, nel campo economico, non come una credente dell’economia di Stato, come tutti c’immaginavamo, ma come una devota adepta del neoliberismo. Da questo punto di vista, sta prevalendo l’impostazione di Fratelli d’Italia e di Salvini.

Professor De Masi, c’è vita a sinistra?
Adesso con la Schlein c’è un tentativo, che non si sa se avrà buon esito. Almeno lei però ci sta provando a ridare una identità di sinistra al PD. Il problema è, e questo è stato anche oggetto di una nostra precedente conversazione, che noi oggi abbiamo 3 sinistre. Abbiamo il PD votato più dalla classe media, per chi conosce Roma, ai Parioli e non a Primavalle o Tiburtino. Poi abbiamo i 5Stelle, che si sono occupati soprattutto della povertà con il decreto Dignità e con il Reddito di cittadinanza. E poi abbiamo una serie di cespugli che formano una sinistra radicale – con De Magistris e altri – più movimentista. Ci sono 3 sinistre così come ci sono 3 destre. Se ognuna delle 3 sinistre svolgesse bene il proprio lavoro nei settori affini e poi si unissero al momento delle elezioni, probabilmente potrebbero contrastare le destre. Guardiamo a cosa è avvenuto nelle ultime elezioni regionali nel Lazio. Potevano andare uniti, PD e 5Stelle, invece sono andati separati e il risultato si è visto.

Non c’è anche un grande problema di rappresentanza sociale di questo malessere?
Non c’è dubbio. Noi abbiamo avuto un partito, il Pci, che ha rappresentato anche i poveri, i disagiati, fino a Berlinguer incluso. Morto Berlinguer, il PCI ha avuto una serie di sbandate, fino a essere diventato lui stesso, e i suoi derivati, neoliberista, per certi versi il più liberista sul mercato della politica. Ricordiamoci che molte liberalizzazioni le ha fatte D’Alema, le ha fatte da ministro Bersani… . Allo stato attuale non c’è un partito che guida le proteste, che fa, insisto su questo, da punto di riferimento del proletariato e del sottoproletariato. I tre gruppi di sinistra dovrebbero coltivare al meglio i propri territori sociali e poi provare a colpire uniti nelle elezioni, provando a dare una spallata alle destre. Ma non mi pare, purtroppo, che ciò stia avvenendo. Ma come si suole dire, la speranza è l’ultima a morire.

E il sindacato in tutto questo?
Il sindacato è il grande convitato di pietra. Da un lato, è stato abbandonato, per certi versi sconfessato, dal proletariato, e dall’altro lato, è stato sconfitto dalle tecnologie e dall’avanzata della globalizzazione. Si trova in una situazione oggettivamente molto difficile. Resa ancora più difficile dalla mancanza di coraggio e di unità. Anche adesso, nei confronti del Reddito di cittadinanza, la Cisl ha avuto un atteggiamento completamente diverso dalla Cgil e dalla Uil. Non sono uniti e la condizione oggettiva non li favorisce.

Questo ritrovarsi insieme, almeno a livello parlamentare, delle opposizioni sul salario minimo, che segnale è?
Finalmente c’è un po’ di consapevolezza di avere un minimo comun denominatore da difendere. Non lo capisce Renzi, ma c’è poco da stupirsene. Renzi è un uomo di destra che si è infiltrato a sinistra e c’ha campato sopra. La sua formazione mentale è quella di un liberista ultrà, c’è poco da fare.

A proposito di salario minimo. C’è chi sostiene che affossa la contrattazione collettiva e spinge verso il basso i salari.
Non so se c’è più da ridere o da piangere di fronte a questa mastodontica falsificazione della realtà, a questa ciclopica idiozia. Non so se chi la porta avanti sia più per ignoranza, nel senso latino del termine, o per strumentalità politiche. A costoro, dati alla mano, andrebbe fatto sapere che intanto una misura del genere innalzerebbe il salario di oltre 4 milioni di persone. Quanto poi ai ragionieri di alto bordo che scrivono sui giornaloni che l’Italia non si può permettere salari di 9 euro all’ora, rispondo che questo è un’assoluta vergogna per un Paese che ha l’ottava economia al mondo. Tutti i paesi civili, governati dalla destra e dalla sinistra, hanno già il salario minimo. Solo da noi c’è ancora tutto questo.

Se guarda fuori dai confini italiani, restando all’Europa, lei vede qualche paese in cui la rabbia sociale degli ultimi si stia manifestando?
La Francia.

Perché?
Perché c’è un’altra tradizione. Hanno iniziato con la rivoluzione dei lumi del 1848, poi hanno continuato con la Comune di Parigi. A Napoli hanno fatto le quattro giornate, a Milano cinque, poi alla sesta…

2 Agosto 2023

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