Aveva 87 anni

È morto Marc Augé, addio al filosofo e antropologo del “nonluogo”

Cultura - di Redazione Web

25 Luglio 2023 alle 13:40

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Foto da Youtube
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Marc Augé fu il primo a utilizzare il termine di “nonluogo”: un concetto che descrive spazi frequentati quotidianamente da migliaia di persone, progettati in modo anonimo e stereotipato. Spazi come aeroporti, autogrill, centri commerciali, campi profughi, stazioni. Simboli della globalizzazione, dove però la formazione dei rapporti umani è complicata da dinamiche e funzioni, l’afflusso e il consumo di massa. L’antropologo, scrittore, etnologo e filosofo francese è morto nella notte tra il 23 e il 24 luglio, aveva 87 anni. La notizia in Italia è stata annunciata ieri dal Festivalfilosofia di Modena, di cui faceva parte del Comitato Scientifico dal 2009.

Era nato a Poitiers nel 1935. Aveva passato lunghi periodi di studio e di ricerca tra Africa occidentale e in America Latina. A partire da questo suo instancabile viaggiare aveva dedicato molte sue opere alla mobilità umana. Scritti come Un etnologo nel metrò e Il bello della bicicletta. Si era in seguito focalizzato sull’osservazione delle aree urbane metropolitane. Globalizzazione, la società multietnica, l’individualismo e la solitudine dell’epoca contemporanea, la moltiplicazione e l’influenza dei mass media.

Era diventato un personaggio molto influente nello studio delle scienze umane in Francia. Ha diretto l’École des Hautes Études en Sciences Sociales (EHESS), prestigiosa istituzione parigina che si occupa di formazione nelle scienze sociali, ed è stato direttore fino al 1970 dell’Ufficio della ricerca scientifica e tecnica d’oltremare (ORSTOM – ora Istituto di Ricerche per lo Sviluppo, IRD). La sua opera lo aveva reso noto anche all’estero.

La teoria dei “nonluoghi” l’aveva spiegata nell’opera Non-Lieux, introduction à une anthropologie de la surmodernité (1992). Aveva inaugurato una serie di riflessioni e dibattiti di filosofia, sociologia e arte a proposito delle relazioni tra gli esseri umani e gli spazi in cui si muovono. “L’uomo è un animale simbiotico – scriveva – e ha bisogno di relazioni inscritte nello spazio e nel tempo, ha bisogno di ‘luoghi’ in cui la sua identità individuale si costruisca col contatto e grazie al riconoscimento degli altri”. Il concetto indicava dunque spazi artificiali, costruiti per la loro funzionalità, in cui l’essere umano è privato della sua identità personale e in cui si muove tramite regole di comportamento generali e impersonali.

Spazi estranianti e senza storia né identità o relazioni, estranianti e de-culturalizzati. Una conseguenza della globalizzazione e degli effetti della postmodernità che si era evoluta in una “surmodernità”. La società di massa, aveva ipotizzato, è passata in una divisione in tre classi tra potenti, consumatori ed esclusi. Con le sue riflessioni sul tempo – in opere come Che fine ha fatto il futuro?, Futuro, Il tempo senza età, Un mondo è possibile – era arrivato alla conclusione che con la perdita delle differenze generazionali che scandivano l’età della vita, alla fine “si muore sempre giovani”.

25 Luglio 2023

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