La presidente di Emergency

“Il governo si è accorto che noi ong salviamo vite”, parla Rossella Miccio

In Sudan è scoppiata l’ennesima guerra africana nel disinteresse totale. È una guerra in un Paese che accoglieva tantissimi profughi, dove andranno ora queste persone? «Molto probabilmente entreranno anche loro nel circolo disumano dei trafficanti»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

15 Luglio 2023 alle 10:00

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“Il governo si è accorto che noi ong salviamo vite”, parla Rossella Miccio

Il mondo solidale è quello che si ribella alla “logistica della crudeltà” praticata dal governo securista. È quello che denuncia l’invio di cluster bomb all’Ucraina. E che si ribella alla scelta del governo, denunciata in prima pagina da l’Unità, di “abolire il sussidio ai poveri per comprare carri armati”. Di questo mondo solidale, Emergency è parte fondamentale. E di Emergency Rossella Miccio è la presidente.

In dieci mesi di governo di destra, l’attacco alle Ong salvavita nel Mediterraneo è stato una costante. Ora, però, lo stesso governo chiede aiuto alle Ong nel Mediterraneo. Come la mettiamo?
Ben venga qualsiasi tipo di collaborazione quando si tratta di salvare vite umane, perché questo è l’unico motivo per cui siamo in mare. Che ci si renda conto che c’è bisogno di tutti ci fa piacere. Sarebbe opportuno esplicitarla di più questa necessità di collaborazione. Per ora siamo alla recentissima richiesta di collaborazione. Parliamo delle ultime due-tre settimane, in cui la Guardia costiera ha chiesto alle Ong che avevano navi in mare di dare una mano. La situazione era esplosiva. C’erano tantissime barche, tantissime vite in pericolo.

Nel frattempo Emergency, assieme ad altre quattro importanti Ong, ha presentato un ricorso in Europa contro quella che è stata efficacemente definita la “logistica della crudeltà” portata avanti dal governo.
A questa pratica ci siamo ribellati. Il ricorso in questione ne è parte. Noi abbiamo chiesto alla Commissione europea, che ha il compito di vigilare sul rispetto da parte degli Stati membri nelle politiche che attuano dei principi, dei valori e anche dei trattati dell’Ue. Abbiamo ricordato il decreto Piantedosi, il primo decreto governativo in assoluto del 2023, poi trasformato in legge, abbinato anche a questa pratica assurda dell’assegnazione di porti distantissimi solo alle navi Ong. Abbiamo chiesto, nel ricorso, di verificare quanto queste pratiche e queste politiche siano in contrasto con una serie di trattati, di leggi che regolano la convivenza in Europa. A partire proprio dal trattato costitutivo dell’Unione fino ai trattati fondamentali sui diritti. Sappiamo che è una procedura molto lunga, che potrebbe richiedere anche più di un anno, ma ci siamo sentiti in dovere di interpellare l’Europa, anche formalmente, su quanto stiamo vedendo, perché crediamo che quanto abbiamo denunciato in quel ricorso sia davvero inaccettabile, disumano e in assoluto contrasto con quelli che dovrebbero essere i valori fondanti dell’Unione Europea.

Emergency è parte importante di quel mondo solidale, composto da centinaia di associazioni, gruppi di base, ong, organizzazioni sindacali e del terzo settore, che hanno da subito e nel corso degli anni fortemente criticato il memorandum Italia-Libia. Ora quel nefasto modello sembra essere replicato con la Tunisia.
Non solo con la Tunisia, purtroppo anche con l’Egitto e con altri Paesi più a sud. Lo stiamo già vedendo. Noi abbiamo fatto presente l’assurdità, l’incongruenza e l’inutilità di queste scelte politiche, in tutte le sedi istituzionali, anche in audizioni in Parlamento. Sia nell’interlocuzione istituzionale sia con il pubblico.

Con quali risultati?
Mi sembra, purtroppo, che non si voglia aprire gli occhi, che non ci sia la volontà di ascoltare e fare i conti con quello che vediamo. Quello che sta avvenendo in Tunisia ci preoccupa tantissimo. Abbiamo raccolto storie di persone che abbiamo salvato con la Life Support, la nave di Emergency. Ci hanno detto di aver vissuto in Tunisia per dieci anni, di aver messo su una loro famiglia lì, e all’improvviso, quando è stata emanata la legge contro gli “africani”, è partita la caccia all’uomo. Sono stati tirati a forza fuori dalle case, hanno perso da un giorno all’altro il lavoro. L’unica cosa che potevano fare era scappare. L’Europa e l’Italia continuano a rendersi complici di aberranti crimini e aumentano fondi e risorse a sostegno del traffico di esseri umani, che si può smantellare solo garantendo vie di accesso legali e sicure all’Europa. In una recente audizione parlamentare, ho ribadito, assieme ad altri esponenti di Ong, La Libia non può essere considerata in alcun modo un “place of safety” per lo sbarco di naufraghi. Chiediamo pertanto di abbandonare immediatamente ogni forma di collaborazione nel Mediterraneo centrale che abbia tale finalità. E un discorso analogo va fatto per la Tunisia. Che non si veda quello che sta succedendo mi sembra davvero impossibile. Quindi ci domandiamo quale sia il motivo che spinge il governo italiano e l’Europa, in questa avventura scellerata a insistere su una strada che è controproducente. Le partenze continuano ad aumentare. Le persone continuano ad affrontare percorsi sempre più rischiosi. Non è proprio questa la strada.

L’Europa sembra avere sempre e solo una finalità da perseguire ad ogni costo, anche quando quel costo sono decine di migliaia di esseri umani annegati nel Mediterraneo, o morti nelle traversate del deserto. La finalità dell’esternalizzazione delle frontiere.
Questo ci preoccupa sempre di più. Perché queste frontiere si spostano sempre più a sud, dove la situazione è tutt’altro che tranquilla. Io sono rientrata da pochissimo dal Sudan e ci ritornerò tra poco. In Sudan è scoppiata l’ennesima guerra africana nel disinteresse totale, non ne leggiamo da nessuna parte. Una guerra in un Paese che non è solo di transito di gran parte dei migranti che arrivano dall’Africa orientale, dal Corno d’Africa, ma che era anche un Paese che accoglieva tantissimi profughi. Nella sola Khartoum c’erano più di un milione di profughi. Persone che sono scappate, che non possono più tornare nel loro Paese d’origine, e dove andranno ora queste persone? Cosa faranno? Molto probabilmente entreranno anche loro nel circolo vizioso, disumano, dei trafficanti. In questi anni cosa abbiamo fatto noi per prevenire l’aggravarsi di queste crisi? Poco o nulla. E continuiamo a fare poco o nulla. Anche se c’è un segnale significativo, una goccia di speranza, venuto nei giorni scorsi dal Parlamento europeo.

Di cosa di tratta?
L’approvazione di una risoluzione, per me molto importante, che chiede all’Europa di impegnarsi per una gestione diversa delle attività di ricerca e soccorso in mare, nel Mediterraneo, chiedendo anche un impegno più diretto dell’Europa in una missione europea, il riconoscimento delle Ong. Questa risoluzione, nel suo complesso positiva, ha avuto un’unica modifica che non ci ha rallegrato, che riguarda la disponibilità di fondi solo per quei Paesi che contribuiranno fondamentalmente ad alzare muri e a bloccare partenze invece che gestire in maniera legale i flussi e a garantire un’accoglienza dignitosa. Il fatto, però, che il Parlamento europeo si sia finalmente espresso in favore di un sistema basato sui diritti, gestito dall’Unione Europea con il riconoscimento del ruolo delle Ong su questo tema, credo che sia un passaggio importante. Speriamo ora che la Commissione ascolti la voce del Parlamento.

Dal punto di vista di Emergency, sarebbe una cosa positiva, importante, la costituzione di una “Mare nostrum” europea?
Sarebbe fondamentale. È quello che chiediamo da anni. Noi siamo consapevoli che il nostro è un ruolo suppletivo, non sufficiente a colmare il “mare” dei bisogni. Lo facciamo proprio perché gli Stati non si assumono la responsabilità. Negli ultimi mesi, dopo la tragedia di Cutro, abbiamo visto una maggiore proattività della nostra Guardia costiera, tuttavia ciò non è sufficiente. Sia perché i numeri sono importanti sia perché resta qualcosa di estemporaneo. Andrebbe invece strutturato un sistema di ricerca e salvataggio che abbia come presupposto il rispetto dei diritti umani delle persone che scappano e non il contenimento della migrazione. In questa ottica, rinnoviamo la richiesta al governo e al Parlamento di revocare il memorandum Italia-Libia e di destinare invece i fondi per una missione navale di soccorso europea con il chiaro compito di ricerca e salvataggio delle persone in mare.

A proposito di Sudan e delle tante guerre colpevolmente “ignorate”. Questa gerarchia degli orrori vista da Emergency che in tutti questi luoghi di sofferenza c’è e non fugge.
È molto triste. Noi tocchiamo quotidianamente con mano, nel lavoro che facciamo nei nostri ospedali, quanta gente rischia la vita, quanta gente muore per le conseguenze dirette e indirette dei conflitti. Oggi in Sudan si muore perché si è colpiti da proiettili o da bombe o anche perché, banalmente, non si trova più l’insulina. Noi tocchiamo con mano quanto diseguali siamo ancora sulla faccia della terra. Quanto ci siano ancora cittadini di serie a, b, c, d, e fino ad arrivare alla lettera z e anche superarla. E quanto questi cittadini di serie z siano tanti, sempre di più, e quanto sia ingiusto non veder riconosciuti i loro bisogni, le loro sofferenze, le loro necessità. In tanti di questi contesti, purtroppo, sono sempre di meno gli operatori umanitari presenti e sempre minoritario il ruolo della politica che dovrebbe invece quella che queste crisi le affronta, le risolve e addirittura le previene. Molto spesso in questi contesti ci sono solo le Ong che cercano di fare quel che possono per salvare vite umane ma manca tutta la parte della politica che dovrebbe avere la responsabilità di affrontarle queste crisi.

A proposito di persone, la stragrande maggioranza civili, che perdono la vita in guerra perché vittime di armamenti proibiti da trattati internazionali. Emergency ha sostenuto il trattato per la messa al bando delle cluster bomb, le micidiali bombe a grappolo. Cosa si prova nel vedere che queste bombe sono state fornite, in questo caso dagli Stati Uniti, all’Ucraina in guerra?
Rabbia e incredulità. Mi sembra davvero che sia saltata tutta la razionalità. Faccio fatica a trovare un senso a queste scelte. Al di là dell’esperienza sul terreno delle Ong, di tutti i morti e feriti che abbiamo incontrato nei nostri quasi trent’anni di lavoro in questi contesti, ci sono studi scientifici, di università e autorevoli istituti internazionali che certificano la disumanità di questo tipo di bombe che restano sul terreno per decenni e continuano a mietere vittime anche quando le parti in conflitto hanno deciso di non farsi più la guerra. Il fatto che Paesi che consideriamo leader valoriali oltreché politici, continuino a considerare legittimo l’uso di armi come le cluster bomb, beh, faccio davvero fatica a trovarci un senso.

L’Unità ha titolato in prima pagina: “Abolito il sussidio ai poveri per comprare carri armati. Quattro miliardi dal reddito di cittadinanza agli armamenti”. Che senso ha?
Non ce l’ha. Assolutamente non ce l’ha. Si va verso l’autodistruzione. Il sussidio ai poveri, è il sistema sanitario pubblico che non viene finanziato, è la scuola pubblica che non viene finanziata. Non ho capito ancora qual è il modello di società che vogliamo difendere o che intendiamo costruire. Mi sembra che continuino a prevalere gli interessi di una parte, sicuramente l’industria bellica, quella che in questi anni ha raccolto i maggiori profitti mentre la povertà nel nostro Paese, e non solo, continua a crescere a dei ritmi paurosi. Evidentemente la politica preferisce soggiacere a questi interessi privati piuttosto che impegnarsi per garantire il benessere della società. E il benessere della società non lo si può garantire se non a partire dalla tutela dei più vulnerabili. O ci si prende cura, seriamente, di chi ha più bisogno, garantendo davvero servizi sanitari gratuiti, istruzione gratuita e di qualità, oppure saremo una società che si sta spegnendo e che non ha un futuro.

15 Luglio 2023

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