Il voto all'unanimità Ue
Stop ai veti, l’Europa potrà decidere a maggioranza
In settimana il Parlamento approverà le “clausole passarella” che permetteranno (in alcuni campi) di votare senza bisogno dell’unanimità
Esteri - di Giuliano Pisapia
“La global minimum tax, il livello minimo globale di tassazione al 15% per le multinazionali, bloccato dal veto prima della Polonia e poi dall’Ungheria”. “La modifica della Convenzione di Dublino, con tutte le implicazione sul tema dell’immigrazione, approvata in più occasioni dal Parlamento europeo, mai ratificata dal Consiglio per i veti e controveti di singoli Paesi”. Queste e tante altre sono le decisioni – su temi importanti quali la salute, lo sviluppo, la lotta alla fame, lo stato di diritto – bloccate o ritardate per la mancata firma di un solo Paese.
Il voto all’unanimità, previsto da un trattato dell’Unione Europea che risale a tempi ormai lontani e finalità ben diverse da quelle attuali, è diventato l’ “arma” che troppo spesso blocca, o ritarda, decisioni fondamentali per lo sviluppo, la capacità operativa e la crescita dell’Unione Europea. Dopo anni di dibattiti, proposte, tentativi finiti nel nulla, finalmente giungono importanti prese di posizione che vanno nella direzione auspicata dalla gran parte dei cittadini e dei Paesi europei. Il voto di un solo Paese non può impedire che si facciano quei passi in avanti voluti e votati dalla stragrande maggioranza dei Paesi UE, dal Parlamento e dai cittadini europei. Un migliore e celere processo decisionale è fondamentale per l’Europa del presente e del futuro.
Lo scorso maggio, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovenia e Spagna hanno costituito il “Gruppo di amici del voto a maggioranza” e firmato una dichiarazione congiunta per promuovere il voto a maggioranza qualificata in aree, come gli esteri, in cui oggi c’è ancora il potere di veto. Poco dopo un altro significativo segnale è venuto dall’appello sottoscritto dai ministri degli esteri di Germania, Spagna, Paesi Bassi, Romania, Belgio, Slovenia e Lussemburgo che, dalle colonne di “Politico” hanno chiesto di utilizzare il voto a maggioranza qualificata per le questioni di politica estera e sicurezza comune dell’UE.
Il mese scorso la Commissione “Affari Costituzionali” del Parlamento europeo ha votato, a larga maggioranza, una risoluzione che prevede una modifica del sistema decisionale e un nuovo meccanismo di voto (“Passerelle clausess”) che prevede la possibilità, in determinati ambiti specifici, di prendere decisioni a maggioranza qualificata anziché all’unanimità. Per essere approvata una proposta non deve più avere l’unanimità ma è sufficiente “il voto favorevole del 55% degli stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione europea”. Il testo approvato in Commissione propone che la maggioranza qualificata sia applicata in presenza di misure urgenti e decisioni rilevanti quali, ad esempio, le crisi energetiche, le politiche ambientali, le misure antidiscriminatorie e alcuni temi relativi alla difesa dell’Unione.
La Commissione “Affari Costituzionali” ha individuato un calendario che prevede anche un’attivazione graduale del meccanismo delle “clausole passerelle”. Nel breve termine sarà utilizzato in risposta alla guerra della Russia in Ucraina, in relazione al Green Deal europeo e per la revisione del bilancio a lungo termine della UE. Temi di cruciale importanza per l’UE, per i cittadini europei e non solo.
Superato il traguardo delle elezioni europee del 2024 l’obiettivo potrà essere l’estensione ad altri settori quali le politiche sociali, la lotta alla discriminazione e il funzionamento democratico dell’Unione.
Il risultato raggiunto è un fattivo e concreto contributo a superare uno degli elementi di impasse più grave per la vita e lo sviluppo dell’Unione Europea e conferma una realtà e cioè che i cambiamenti sono spesso possibili con piccoli, ma costanti, passi in avanti.
La proposta di “clausole passerelle” sarà messa ai voti la settimana prossima durante la sessione plenaria di luglio a Strasburgo. Vi è da augurarsi che tutte le forze politiche che siedono nell’emiciclo, aldilà degli schieramenti, colgano l’importanza della sfida che abbiamo davanti e che riguarda non un singolo Paese ma la possibilità per l’UE di agire con più forza e in tempi più rapidi ponendo fine a “trattative eterne” che proprio nel diritto di veto dei singoli stati hanno spesso trovato, e purtroppo trovano, un terreno fertile ma sterile e controproducente.
* Vicepresidente commissione affari costituzionali Parlamento Europeo