L'assalto della premier

Perché è stato chiuso Forrest, il programma di Rai Radio 1 chiuso senza preavviso

“Forrest”, su Rai Radio 1, chiuso senza preavviso. Mi aveva appena definito “un po’ fascistone” ma la sostituzione etnica nel servizio pubblico non va bene

Politica - di Iuri Maria Prado

4 Luglio 2023 alle 19:00

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Va bene che non esiste un diritto acquisito alla conduzione radiofonica e va bene (cioè va male) che, se per caso in Rai non rinnovano un contratto, insorge un affare di Stato e va in febbre il giornalismo adunato a difesa democratica del servizio pubblico. Ma un programma di intrattenimento popolare, privo di pretese, e che pare andasse anche benino nella sua prevedibilità conformista, perché chiuderlo da un momento all’altro, senza preavviso e senza motivazione?

Ammetto che ne parlo, come si dice, per fatto personale: perché quel programma (Forrest, su Rai Radio 1, condotto da Luca Bottura e Marianna Aprile), che sino all’altro giorno non conoscevo, nella penultima puntata mi ha diffamato. E il giorno dopo gliel’hanno chiuso. Mica per causa mia, attenzione, per quanto i tentacoli della mia influenza siano capaci di lunghi sviluppi. No: semmai io gli faccio causa, perché se uno mi dice che sono “un po’ fascistone”, come ha detto Bottura, finisce dritto in tribunale. Gliel’hanno chiuso non si sa perché, e sicuramente non perché desse fastidio a qualcuno, innocuo com’era (salva la sbavatura diffamatoria in questione).

E se è vero quel che dicono i due – cioè che avevano chiesto inutilmente notizie, per poi apprendere soltanto, e a cose ormai fatte, del mancato rinnovo – allora si tratta di un comportamento aziendale magari anche legittimo, ma insomma abbastanza bifolco. Nessun attentato alla libertà di parola, per carità, nessuna monocolorata pretesa di soppiantare il pluralismo informativo, figurarsi: tutta roba che non era garantita da quel programma e non smette di essere salvaguardata senza.

Ma ciò di cui si ha ormai molteplice riprova è che nel cosiddetto servizio pubblico sta affermandosi una pratica sostitutoria senza progetto, tanto per intendersi l’allocazione di amici e famigli sul presupposto non proprio difendibile secondo cui “lo facevano anche gli altri”. E magari – qui in effetti il progetto c’è, ma quanto sia buono non si sa – per estirpare la mala pianta delle rivendicazioni arcobaleno e delle cospirazioni immigrazioniste, e dunque per consacrare le fertilità della televisione di Stato al radicamento dei valori cristiani dell’etnia italica.

Ora io non dico che la chiusura del programma di quei due rappresenti il caso esemplare di questo evidente andazzo e, come ripeto, non è un fatto capitale se una trasmissione cede il posto a un’altra. Piacerebbe tuttavia che il servizio pubblico migliorasse: ma c’è il sospetto che quel servizio non migliori proprio per niente se gli avvicendamenti lì dentro continuano ad avvenire in base ai criteri – chiamiamoli così – che finora ha fatto mostra di adoperare il potere avventizio di destra. Io avrei lasciato che continuassero nella loro routine leggiadra e banalista, riservandomi di non ascoltarli e pretendendo da loro, tutt’al più, qualche cautela ove mai avessero deciso di abbandonarsi nuovamente a certi insulti.

4 Luglio 2023

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