L'ultima relazione del Garante
Il populismo riempire le carceri: boom di detenuti con condanne inferiori a un anno o due
Il presidente Palma si appresta a congedarsi mentre al governo c’è un partito come la Lega, che ha spesso annunciato di voler cancellare la figura del Garante.
Giustizia - di Angela Stella
Quest’anno Mauro Palma ha illustrato per l’ultima volta la sua ‘Relazione al Parlamento del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale’, essendo il suo mandato di sette anni già scaduto. Lo ha fatto mentre al Governo c’è un partito, la Lega, che negli anni ha più volte annunciato di voler cancellare la figura del Garante.
Proprio per questo si attende con ansia da parte degli addetti ai lavori di conoscere i nomi che andranno a sostituire l’attuale Collegio, considerato che, come ha detto Palma, “è avviata la procedura per indicare un nuovo Collegio che prenderà il nostro posto e che garantirà la continuità, pur nelle differenze che il carattere e le culture di ognuno di noi può porre, del cammino avviato; proprio perché non si tratta di esprimere una posizione politica, bensì di adempiere a una funzione di garanzia. La politica aiuta, coopera, ma non detta regole alle Istituzioni di garanzia”.
Nella Relazione Palma non ha potuto non guardare all’insieme del settennato, vedere da dove si era partiti e cosa è cambiato fino ad ora, a cominciare dalle presenze in carcere: “Nella prima Relazione al Parlamento di questo Collegio abbiamo riferito il dato di 54653 persone detenute, presenti al 31 dicembre 2016. Con un aumento nei due anni precedenti, quando il numero complessivo era sceso a un livello inferiore di circa 2000 unità a seguito dei provvedimenti adottati dopo la sentenza pilota della Corte di Strasburgo nel caso Torreggiani e altri v. Italia. Il dato ha avuto negli anni successivi un’oscillazione, considerando la diminuzione risultante da provvedimenti adottati nel periodo dell’emergenza pandemica e la successiva ripresa di una tendenza al rialzo, quantunque meno importante di quanto si potesse supporre. Al primo giugno di quest’anno – quindici giorni fa – le persone detenute in carcere sono 57230; includono 2504 donne, mentre ne includevano 2285 sette anni fa”.
Due dati indicano mutamenti, sostiene Palma: “la percentuale delle persone straniere in carcere è diminuita dal 34 al 31,2%; particolarmente diminuita – e questo è un dato positivo – è la percentuale di coloro che sono in carcere senza alcuna condanna definitiva, passando dal 35,2 al 26,1% nel corso di questi anni”. Resta “alto – ed è andato aumentando – il numero di persone ristrette in carcere per scontare condanne molto brevi: 1551 persone sono oggi in carcere per scontare una pena – non un residuo di pena – inferiore a un anno, altre 2785 una pena tra uno e due anni. È evidente che una struttura complessa quale è quella carceraria non è in grado di predisporre per loro alcun progetto di rieducazione perché il tempo stesso di conoscenza e valutazione iniziale supera a volte la durata della detenzione prevista”.
Poi è toccato analizzare il triste fenomeno dei suicidi in carcere: “Oggi, il numero di persone detenute che hanno scelto di togliersi la vita è già salito a 29 con in più altri 12 decessi per cause da accertare – alcuni dei quali attendibilmente classificabili in futuro come suicidi – mentre scorre la ventitreesima settimana dell’anno”. Il Garante nazionale ha condotto un’analisi dettagliata degli 85 suicidi dello scorso anno: “ne emerge un quadro di incidenza indubbia della tensione che soprattutto nel periodo recente pervade gli Istituti, ne emerge l’incidenza dell’affollamento dei luoghi e della sua ricaduta sulle condizioni materiali e sulla spersonalizzazione soggettiva; ma soprattutto emerge un quadro di fragilità individuali che interroga noi – la società esterna, anche più che l’Amministrazione penitenziaria”. Secondo il Garante “dobbiamo riflettere, infatti, come un discorso pubblico sbilanciato sul versante populista e applicato all’ambito penale abbia portato in anni recenti all’estensione dell’area del controllo penale, pur in presenza della riduzione numerica dei reati più gravi”. Infatti “gli omicidi volontari, per esempio, sono diminuiti nello stesso periodo del 25 percento, l’associazione mafiosa del 36 percento, le rapine del 33 percento”.
Palma non ha mancato di soffermarsi anche sul tentativo di Fratelli d’Italia di voler indebolire se non proprio abolire il reato di tortura: “Certamente ogni tentativo di riportare tale gravissimo crimine compiuto da chi ha la responsabilità di persone affidate dalla collettività per l’esercizio di quella terribile potestà che è la privazione della libertà personale, a semplice aggravante di comuni reati di abuso o violenza non corrisponderebbe a quella civiltà giuridica che da Verri, Beccaria ai giorni nostri è carattere del nostro Paese”.
Il Garante ha ricordato la ‘mattanza’ avvenuta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e le tre raccomandazione fatte per evitare il ripetersi di certi episodi: “la prima: la notifica riservata preventiva al Garante delle perquisizioni straordinarie generali – di un intera sezione, reparto o istituto – che si siano programmate; la seconda: l’estensione del sistema di videosorveglianza in tutti gli Istituti e del mantenimento delle immagini per un tempo compatibile con l’indagine di eventuali episodi successivamente riportati; la terza: la effettiva identificabilità degli strumenti di equipaggiamento indossati in situazione di particolare gravità in modo tale da permettere una completa indagine di possibili comportamenti perseguibili penalmente. Troppe archiviazioni si registrano in questi casi per l’impossibilità di identificare l’autore, laddove il doveroso e necessario equipaggiamento è divenuto, nei fatti, una sorta di camuffamento. La prima raccomandazione ha avuto una risposta immediatamente positiva da parte dell’Amministrazione; pure la seconda è stata positivamente accolta anche se tuttora è in corso, lento, di attuazione; la terza non è stata accolta”.
Nel suo discorso si è soffermato anche sulla modifica della norma relativa all’ergastolo ostativo e sul 41 bis: in merito al primo “sarà la sua evoluzione in sede giurisprudenziale a chiarire l’effettività della risposta a quell’imperativo di impossibilità di una pena che non lasci margine effettivo e praticabile alla speranza”. Riguardo al secondo “è tempo di aprire un chiaro confronto sul regime speciale: sulla sua funzione necessaria per l’interruzione di connessioni, collegamenti e ordini tra le varie organizzazioni criminali, ma anche sulle sue regole, sulla sua attuale estensione numerica, sulla durata troppo spesso illimitata, che si perpetua non di rado fino all’ultimo giorno di detenzione in caso di pene temporanee”.
Un capitolo della Relazione è stato dedicato alla privazione della libertà dei migranti. “Credo – ha detto Palma – sia giunto anche il momento per l’Europa di interrogarsi su quella definizione di «immigrazione economica» che, svincolata dai contesti che determinano l’economia, finisce col respingere coloro che sono vittime di modelli di mercato di cui l’Europa stessa porta responsabilità. Solo il rischio di introduzione di elementi di criminalità rimane il parametro equo per una politica difensiva”.
Un altro capitolo è stato incentrato sulla custodia delle Forze di Polizia: non si può evitare “di porre interrogativi sullo sconcerto che atti giudiziari, immagini, conversazioni intercettate pongono con forza, di tanto in tanto, relativamente a Corpi di Polizia diversi. E che di nuovo si sono riproposti in questi giorni. Non vi è alcuna necessità per il Garante nazionale tornare a sottolineare che tali gravissimi casi non sono rappresentativi della cultura generale delle Forze di Polizia del nostro Paese: tutti noi siamo consapevoli del livello di democrazia e della professionalità raggiunti in particolare in anni recenti. Tuttavia, sono indicativi di una cultura, non leggibile con il paradigma autoconsolatorio delle «mele marce»; una cultura che oggi alberga, minoritaria, ma esistente, in settori di operatori di Polizia, che percepiscono la persona fermata, arrestata o comunque detenuta, come nemico da sconfiggere e non come autore di reato a cui viene inflitta quella sanzione che la legge prevede e dei cui diritti si è responsabili nel momento in cui la si detiene”.
Per quanto concerne le Rems “oltre alle 632 persone già accolte” “ altre 675 sono in lista di attesa e di esse 42 illegalmente recluse all’interno di ben 25 carceri, senza titolo detentivo. Oltre a ciò, da più parti si levano denunce di difficoltà negli Istituti penitenziari relativamente a coloro che mostrano significativi problemi di natura comportamentale e anche di acclarato disturbo psichico non adeguatamente gestiti nelle cosiddette “Articolazioni per la tutela della salute mentale” presenti in taluni di essi”.