Condanna all'ex Mani Pulite

Davigo come Palamara, la solita logica del capro espiatorio

La condanna di Davigo potrebbe servire a seppellire per sempre la questione della Loggia Ungheria sulla quale, alla fine, non si è mai indagato...

Giustizia - di Frank Cimini

22 Giugno 2023 alle 17:00 - Ultimo agg. 22 Giugno 2023 alle 18:30

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Davigo come Palamara, la solita logica del capro espiatorio

La logica del capro espiatorio. Dopo Palamara, Davigo. La condanna del magistrato in pensione Piercamillo Davigo a 1 anno e 3 mesi per violazione del segreto d’ufficio decisa a Brescia rischia di avere la stessa funzione che ebbe la radiazione dall’ordine giudiziario di Luca Palamara passato in poco tempo da “ras delle nomine” a uno dal quale prendere le distanze da parte degli stessi ex colleghi che lo affliggevano di telefonate per chiedere favori, promozioni e prebende.

Il rischio, davvero fortissimo, è che sapremo mai nulla di che cosa fu e che cosa non fu la loggia Ungheria di cui aveva parlato a verbale a cavallo tra il 2019 e il 2020 davanti ai pm di Milano l’avvocato Piero Amara ex consulente dell’Eni. È datata luglio 2022 la richiesta di archiviazione della procura di Perugia sulla benedetta o maledetta loggia di cui avrebbero fatto parte magistrati, imprenditori, avvocati, ufficiali dei carabinieri funzionari pubblici, che potrebbe aver fatto il bello e il cattivo tempo tra le toghe e non solo.

E’ passato quasi un anno e sulla richiesta di archiviazione non è stata presa ancora una decisione. L’ennesimo inquietante interrogativo che bisogna porsi in questa vicenda. Era una richiesta di archiviazione poco convincente. Il capo dei pm di Perugia faceva riferimento alle mancate immediate iscrizioni nel registro degli indagati a Milano come aveva sollecitato il pm Paolo Storari, colui il quale poi pensò di trovare la soluzione consegnando i verbali di Amara a Davigo. Cantone dava la colpa alla fuga di notizie che avrà contribuito, ma non può certamente spiegare tutto.

Alla fine della fiera sulla loggia Ungheria non si è indagato a Milano e nemmeno a Perugia. Non sarebbe stato possibile riscontrare le parole di Piero Amara, che potrebbe aver raccontato un sacco di balle anche se Cantone poi affermerà che alcune dichiarazioni del legale non erano del tutto inattendibili. Uno dei pochi atti di indagine fu la perquisizione a Giuseppe Calafiore uno di quelli che si erano autoaccusasti far parte della loggia e che avrebbe avuto la disponibilità degli elenchi. La perquisizione fuori tempo massimo non ebbe esito.

Ma in questa intricata vicenda pesa anche l’inerzia del Consiglio Superiore della Magistratura che avrebbe dovuto intervenire immediatamente. Basti pensare alle parole di fuoco, agli insulti volati negli uffici della procura di Milano, soprattutto quelli tra Paolo Storari e Fabio De Pasquale, il pm del processo per corruzione internazionale ai vertici dell’Eni, preoccupato dal fatto che le indagini approfondite su Amara avrebbero leso l’attendibilità e la credibilità di un importante testimone di accusa. I protagonisti di quei litigi sono ancora tutti lì nella stessa procura, tranne il capo Francesco Greco andato in pensione.

L’alibi del Csm punta sul fatto che erano e sono in corso procedimenti penali. Storari è stato assolto in via definitiva, De Pasquale è imputato a Brescia per aver sottratto al deposito nel processo Eni atti utili alle difese e proprio oggi ci sarà l’udienza per l’ammissione delle prove. Insomma tempi lunghi. E va aggiunto che se il Csm intervenisse adesso, dopo non averlo fatto nell’immediato, rischierebbe anche di passare in un certo senso dalla parte del torto. La questione andava chiarita subito. Era ed è una guerra di potere dentro la magistratura dove in troppi hanno agito non certo per amministrare la giustizia, ma per ragioni personali anche di rancore.

22 Giugno 2023

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