La polemica del Roma Pride

Continuano ad aggredire i gay e poi Fdi si scandalizza perché sfilano al Pride…

La polemica per la revoca del patrocinio regionale del Roma Pride: la Regione Lazio potrebbe organizzare anziché solo patrocinare una manifestazione simile

Politica - di Iuri Maria Prado

10 Giugno 2023 alle 15:00

Condividi l'articolo

Continuano ad aggredire i gay e poi Fdi si scandalizza perché sfilano al Pride…

Ha avuto un’utilità la polemica per la revoca del patrocinio regionale del Roma Pride: perché a quella decisione si avvinghia in modo molto compiaciuto un pregiudizio discriminatorio tanto evidente e attuale quanto più se ne rinnega ipocritamente l’esistenza. Che l’omosessualità costituisca un’aberrazione contro natura o, ma proprio quando va bene, una turbativa bisognosa di compassione e curatela spirituale, non sta nella testa e nelle propalazioni di sperduti fondamentalisti retrogradi ma in una cultura ben più diffusa e appunto attualissima.

Una cultura che non è revocata – come vuole chi nega il fenomeno – nei salotti e agli eventi della società alta in cui un omosessuale può confidare di non beccarsi insulti e risatine, giusto come il matrimonio misto interpretato da due star hollywoodiane non destituiva di razzismo la società statunitense degli anni Sessanta. Non che servissero simili riprove, ma le grevità da caserma cui si lascia andare un vecchio conduttore televisivo che deplora le contaminazioni gay nel servizio pubblico, così come l’aggressione di un ragazzo insultato non di notte, non nella desolazione di una periferia degradata, ma in pieno giorno nell’indifferenza della gente perbene di un’antica città universitaria settentrionale, denunciano il persistere ordinario di una temperie odiosa e violenta cui la maggior parte degli omosessuali può sottrarsi in buona sostanza in soli due modi: e cioè facendo sopravvivere in clandestinità la propria condizione o frequentando persone e ambienti presso i quali essa è benvenuta o almeno tollerata.

Un espediente, quest’ultimo, disponibile tuttavia per una fetta risicata della società, non per i tanti che nell’assenza di mezzi economici e di strumenti culturali diciamo così protettivi, insomma di status, rimangono ciò per cui ancora il grosso della società li contrassegna e cioè “ricchioni”. Se tutto questo è vero – e non si vede quali seri argomenti possano essere reperiti per contestarlo – allora il diniego di quel patrocinio assume una portata anche più detestabile. Mi ero limitato, qui, giorni addietro, a osservare che erano risibili i motivi posti alla base della revoca regionale, e cioè l’argomento secondo cui quella manifestazione avrebbe istigato alla tenuta di comportamenti illegali e l’altro, anche meno ricevibile, attestato sulle esigenze di protezione della sensibilità dei cittadini (come se una giunta regionale fosse l’interprete istituzionale delle sensibilità comuni, tra l’altro non si sa in base a quale criterio).

In realtà un’amministrazione pubblica appena avvertita – sempre che fosse capace di avvedersi del problema, ed è questo il punto – dovrebbe semmai autonomamente organizzare manifestazioni esemplari per l’intransigente riaffermazione di un principio di tolleranza e non-discriminazione degli omosessuali che ogni giorno è gravemente insultato. Sarebbe anche un modo per mettere al giusto posto l’obiezione codina che spesseggia tra i tanti che si sono compiaciuti della revoca del patrocinio, e anzi perfino lamentavano che esso fosse stato prima concesso: e cioè che lungo quei cortei non siano rare scostumatezze e intemperanze (le cose che appunto offenderebbero le sensibilità al servizio delle quali si pone l’amministrazione regionale).

Se pure quei comportamenti ci fossero, infatti, sarebbe difficile non attribuirli all’esplosione di un risentimento del tutto comprensibile: la reazione – per quanto magari non composta in un portamento parrocchiale – a un clima oppressivo, persecutorio e di sistematica denigrazione che dura ancora oggi. La Regione Lazio, come qualunque altra, potrebbe organizzare anziché solo patrocinare una manifestazione simile. E chiamare a parteciparvi tutti, in primo luogo quelli che si scandalizzano per quattro chiappe al vento e non per un sano eterosessuale che tra la gente impassibile minaccia di morte un ragazzino gridandogli “gay di merda”.

10 Giugno 2023

Condividi l'articolo