Il nuovo vicepresidente

Baraonda Pd, diventa (finalmente) pacifista: ha scelto Paolo Ciani

È stato eletto vicepresidente del gruppo del Pd alla camera dopo una dura battaglia. Se la sua elezione è solo il frutto di alchimie di potere e di voglia di supremazia, è un disastro. Se invece è una scelta di strategia...

Editoriali - di Piero Sansonetti

9 Giugno 2023 alle 11:26 - Ultimo agg. 4 Marzo 2024 alle 10:04

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Baraonda Pd, diventa (finalmente) pacifista: ha scelto Paolo Ciani

Conosco poco Paolo Ciani. Credo di averlo visto solo una volta. Ho letto di lui, però, delle cose molto interessanti. Innanzitutto che è stato l’unico eletto del Pd a votare contro l’invio di armi e la partecipazione dell’Italia alla guerra. Per come la penso io – ma non solo io – è stato l’unico eletto del Pd ad essersi schierato a difesa della Costituzione che vieta all’Italia di usare la guerra come strumento politico. So anche che Paolo Ciani non è uno di quei pacifisti ad ore, che hanno scoperto la loro vocazione, magari, qualche mese fa.

Per ragioni tecniche. Mi dicono che lui è sempre stato dalla parte della pace, sin da quando a metà degli anni ottanta, studente ginnasiale, si avvicinò alla Comunità di sant’Egidio. Leggo anche che Paolo Ciani ha posizioni sull’accoglienza, e sulla lotta ai respingitori di migranti, molto simili a quella che questo giornale -molto isolato – ha sempre avuto (anche prima dell’interruzione delle pubblicazioni) e che è stata negli ultimi anni anche la linea del Riformista. Mi dicono che Paolo Ciani sia su posizioni ideali vicine a quelle di Bergoglio. E noi dell’Unità apprezziamo molto questo. Per due ragioni.

La prima può sembrare quasi scherzosa, ma è serissima: perchè apprezziamo chiunque abbia posizioni ideali. Nel senso che l’idealità, in politica, nel giornalismo ( e anche altrove) è diventata una pianta rara. E poi apprezziamo molto anche il fatto che le sue posizioni ideali siano vicine a quelle di Bergoglio, perché da qualche anno abbiamo la netta impressione che siano il papa, e una parte della Chiesa Cattolica, l’unico punto di riferimento per chi vuole opporsi alla dilagante avanzata della destra e alla resa progressiva e senza condizioni della sinistra. (Sbaglio a dire senza condizioni. Una condizione è stata posta: che le sia ritagliato almeno un pezzettino di potere…).

Voi sapete che l’altro ieri Paolo Ciani, al termine di una dura battaglia, è stato eletto vicepresidente del gruppo del Pd alla Camera. Il suo nome è stato imposto da Elly Schlein che in questo modo ha sostituito Piero De Luca. Non provo nessuna gioia per il siluramento di Piero De Luca, che penso sia un parlamentare serio e competente. Né ho apprezzato il gioco (vero o presunto) sul siluramento del figlio per tagliare la via al padre, Vincenzo, governatore della Campania. Ho avuto l’impressione che si sia disputata una partita politica tipica di una politica che a me piace zero. Fatta di pedine, di spostamenti, di scacchi, di affermazione del proprio potere. Non va bene. Non credo davvero che il Pd abbia bisogno di questo. Il rinnovamento non vuol dire cambio dei gruppi dirigenti. Spoil system. Iconoclastia. No, no.

Il rinnovamento può essere solo un cambio di politiche e di strategie, nel pieno rispetto delle tradizioni, della storia, della vita vissuta e delle passioni di tutti. Penso che il Pd debba riflettere seriamente su come modificare le proprie scelte politiche, non i propri uomini e le proprie donne. Niente di peggio che presentarsi come un gruppo di giovani esterni alla struttura e alla storia del partito che ha conquistato il Nazareno e ora si comporta come di solito si comportano gli invasori. Se fai così, distruggi tutto. Il rinnovamento non è solo gioventù. Il rinnovamento senza idee è solo schermaglia. Devi entrare in punta di piedi, chiedere permesso, e poi mettere sul tavolo le tue idee. Quelle forti, quelle che conosci bene, quelle sulle quali non vuoi fare diplomazia o scambio di potere, ma vuoi trasformare in pensiero e in strategia. Quelle che hai la forza e le conoscenze per difenderle.

Se l’imposizione al vertice del gruppo parlamentare di Paolo Ciani è solo un atto della battaglia di potere, peccato. Sarebbe una notizia pessima. Se invece Ciani intende dare battaglia per cambiare la posizione del Pd, allora è una novità vera. Il Pd è il partito che ha tra i suoi padri La Pira, Dossetti, Berlinguer e Lombardo radice. Quelli che negli anni sessanta aderivano alla marcia di Capitini per la pace. Che imparavano ad andare a scuola, proprio a scuola, da don Milani e da Padre Balducci. Che ammiravano Danilo Dolci. Che hanno fatto la battaglia a Comiso, che hanno amato Einstein e Bertrand Russell. Il Pd è erede dei partiti che hanno imposto all’Italia quell’articolo 11 della Costituzione che è l’unico articolo che rende davvero speciale la nostra costituzione, diversa dalle altre, perché la àncora a un principio formidabile e divisivo.

Già: divisivo. È questa la forza dell’articolo 11: che vieta la guerra e pretende che l’Italia sia pacifista. Divide l’opinione pubblica. Una parte della nostra opinione pubblica non è mai stata, in linea di principio, contraria alla guerra. La destra lo è stata molto raramente, tranne poche eccezioni. Ma l’articolo 11, voluto da Togliatti, da De Gasperi ma anche da Nenni e Calamandrei, non è ambiguo. E stato scritto perché non fosse ambiguo e legasse le mani ai governi. La nomina di Paolo Ciani vuol dire che Elly Schlein vuole schierare il partito sull’articolo 11?

Io lo spero. E mi preparo ad applaudire. Poi si faranno tutte le battaglie politiche che dovranno essere fatte, ed è giusto che siano combattute, ma non sui nomi, sui posti, sui seggi, sul potere. Le battaglie politiche che si facevano una volta. Nel Pci e nella Dc, e nel Psi. Soprattutto nel Pci, dove tutto era sempre in discussione. Tutto era democrazia. Persino sul compromesso storico di Berlinguer si battagliò sezione per sezione di quartiere, cellula per cellula. Sul pacifismo meno. Eravamo tutti d’accordo.

9 Giugno 2023

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