La lettera di don Patriciello
“Sabrina, tuo figlio Alessandro Impagnatiello non è un mostro, appena puoi corri da lui”
Le parole del parroco di frontiera su Avvenire: "Si sente un Caino e lo è. Ma tu ricorda che, dopo la morte di Abele, Dio ordinò: 'Nessuno tocchi Caino'. Il Signore, oggi, ti chiede di affrontare le doglie di un nuovo parto, più doloroso, più angosciante"
Cronaca - di Antonio Lamorte
“Sabrina, tu non hai generato un mostro, tu hai messo al mondo un uomo”. E il mostro è Alessandro Impagnatiello. Il mostro di cui si parla da giorni per l’omicidio, che ha confessato, della compagna Giulia Tramontano, 29enne incinta al settimo mese di gravidanza. Suo figlio Thiago non nascerà mai. Il caso di Senago ha sconvolto l’Italia. E il mostro è ovunque, del mostro si conosce ormai ogni dettaglio, ogni espressione, ogni particolare anche superfluo, pornografico, esasperato dalla notizia che continua a commuovere e a indignare. Si è invocata anche la pena di morte per un giovane uomo che ha definito suo unico pentimento possibile il gesto di togliersi la vita.
Il mostro, Alessandro Impagnatiello, com’è l’ha definito anche sua madre, donna distrutta dal dolore, che non riconosce il figlio, che ha sospettato quando la ragazza era scomparsa da un po’ e le forze dell’ordine insistevano nell’appartamento che il 30enne condivideva con la compagna, che ha detto che per il momento non andrà a trovarlo in carcere. Che suo figlio è un mostro l’ha detto in un’intervista a La Vita in Diretta, anche quella diventata virale. A Sabrina Paulis, parole di una profondità e delicatezza rare, forse uniche per questo caso in questi giorni, le ha scritte don Maurizio Patriciello, parroco “di frontiera” come si dice in questi casi. Di Caivano, in provincia di Napoli. Del Parco Verde, piazza di spaccio a cielo aperto diventata famigerata anche questa per fatto di cronaca saliti alla ribalta nazionale. Spesso vittime di violenze e abusi bambini.
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“Comprendiamo il suo strazio, i sensi di colpa, la sua rabbia. Come i genitori di Giulia, però, anche lei non va lasciata sola. Soffri, Sabrina, ma non ti lacerare. Piangi, metti a nudo il tuo animo, ma non morire. Se il male genera altro male, vuol dire che ha vinto la sua battaglia infame. Se dal male più assurdo e criminale, uno spiraglio di bene si fa largo, vuol dire che la speranza, pur se arranca, non è morta. Purtroppo, a tante forme di male gli uomini hanno risposto con dei palliativi: ignorandole, cambiando loro il nome o riparandole sotto l’ombrello delle leggi”, ha scritto nella sua lettera pubblicata dal quotidiano Avvenire il parroco.
Patriciello ha definito il barman di un locale glamour di Milano, che si vantava di conoscere e frequentare persone famose, che aveva avuto già un figlio da una ex e che aveva un’altra relazione con un’altra ragazza che aveva deciso di abortire, “un uomo mai cresciuto, che dalla bancarella della vita, calpestando gli altri, ha arraffato quanto più ha potuto, in modo lecito e illecito. Un bugiardo incapace di tenere a bada gli istinti, le pulsioni, le passioni. Un uomo che andava aiutato a vivere; che andava educato, non solo da te, ma dalla società che, sovente, abdica a questa sua altissima missione. Ci sarebbe bisogno di una seria riflessione sul perché tanti maschi non sanno accettare e gestire il rifiuto di una donna. E, come bambini capricciosi, fanno ricorso alla violenza”.
Si legge di formazione, educazione sentimentale, non soltanto familiare, di abbandono, anche se non ancora e comprensibilmente di perdono. “È difficile, lo so. Giulia e Thiago, purtroppo, non torneranno più. Per loro possiamo solo pregare. Per i futuri Thiago e Giulia, invece, possiamo ancora fare tanto. Se solo la smettiamo di essere ciechi, pigri, codardi. Di abdicare al faticoso e gioioso dovere dell’educare prima con l’esempio e solamente dopo con le parole. Fatti coraggio, sorella. Piangi tutte le tue lacrime, è tuo diritto. Continua a chiedere perdono a Giulia e alla sua famiglia, è tuo dovere e ti fa onore. Ma, appena puoi, corri da tuo figlio. Non dirgli niente, sa già tutto. È una persona distrutta, che soffoca in un imbuto senza aria e senza luce“.
Patriciello indirizza alla donna, un’altra vittima di questo caso tragico e truculento, parole di profonda pietas di cui riportiamo ampi stralci. “Si sente un Caino e lo è. Ma tu ricorda che, dopo la morte di Abele, Dio ordinò: ‘Nessuno tocchi Caino’. Il Signore, oggi, ti chiede di affrontare le doglie di un nuovo parto, più doloroso, più angosciante. Accetta. China il capo e rispondi: ‘Eccomi!'”. E una promessa: “Noi faremo silenzio, ti guarderemo da lontano. Rispettosi. Comprensivi. Non ti lasceremo sola. Anche i genitori di Giulia – ne sono certo – capiranno. Nessuno oserà giudicarti. Ma, almeno tu, Sabrina, non abbandonare a sé stesso questo figlio scellerato. Tieni accesa la fiammella della pietà”.