La violenza sulle donne
La tragedia di Giulia Tramontano e l’emergenza sociale dei femminicidi
La violenza ordinaria dell’uomo sulla donna è avvertita come un incidente, un eccesso: non come il risultato di una cultura.C
Cronaca - di Iuri Maria Prado
C’è riprovazione, per gli uomini che con routinaria regolarità uccidono le mogli, le figlie, le madri e le sorelle sottoposte al predominio violento dell’autorità maschile. C’è pubblica condanna. Ma il quotidiano stillicidio di quei lutti non fa emergenza sociale, non integra la turbativa che invece è puntualmente denunciata sulla notizia dello stupro o dell’omicidio commesso dall’immigrato, dal clandestino, le categorie cui si indirizza l’istanza penal-discriminartoria posta a placare l’allarme della società così minacciata.
E si spiega. Per quanto sistematico e frequente, infatti, il caso del maschio nazionale che ammazza la donna insubordinata al suo capriccio autoritario e alla sua licenza di sopraffazione non “urta” la società maschilista e xenofoba: la comunità predisposta, sì, a condannarlo, ma non a risentirlo e dunque a denunciarlo per quel che indiscutibilmente rappresenta, cioè un’effettiva emergenza consegnata al disinteresse comune e semmai trattata secondo il protocollo di un mattinale appena più commosso.
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Per numeri e trasversalità di classe la violenza sulle donne costituisce il dato eminente (emergente, appunto) di una vera e propria devastazione del vivere civile: mezza popolazione, quella femminile, vive esposta al pericolo di subire violenza per il sol fatto di appartenere a quella metà, e semplicemente a causa di un ordinamento sociale che la lascia subordinata alla regola maschile. La quale magari non legittima, ma implica, la possibilità di una sopraffazione violenta che può farsi illecita ma non anti-sociale, non interferente con un ordine comunitario che non è messo in pericolo dal ripetersi di quelle violazioni perché esse rappresentano un male connaturato.
La violenza ordinaria dell’uomo sulla donna, e pur quando essa giunge all’assassinio, è avvertita come un incidente, un eccesso: non come il risultato di un’impostazione, non come il frutto di una cultura che assiste inammissibilmente al parto di un’ignominia propria. A ben guardare crea allarme sociale l’immigrato che episodicamente infierisce su una donna perché usurpa un monopolio, quello del maschio italiano: un monopolio che al contrario non allarma pur se si esercita sistematicamente in modo violento.