Festa della Repubblica

Cosa rappresenta la cerimonia del 2 giugno, viva la Repubblica

Ignazio La Russa, davanti al passaggio dei reparti Folgore, del sommergibile tattico e delle fanfare a cavallo, sembrava riportare in superficie la faccia di Ugo Tognazzi, l’onorevole Giuseppe Tritoni della Grande Destra nel film di Monicelli

Editoriali - di Fulvio Abbate - 2 Giugno 2023

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Cosa rappresenta la cerimonia del 2 giugno, viva la Repubblica

La cerimonia del 2 giugno, la scia festiva della sua meticolosa parata militare lungo l’ex via dell’Impero, Colosseo di sfondo, dovrebbe rendere onori e luce alle ragioni, democratiche, delle libertà riconquistate con le armi e le ragioni della Resistenza; la vittoria repubblicana al referendum il compimento successivo delle nuove libere istituzioni. Un immaginario mobile e spettacolare finalmente lontano dalla retorica del regime negli stessi luoghi.

Lo Stivale, il Belpaese, l’azzurro del cielo sollevati dall’apparenza di che radunava il “popolo” tra piazze d’armi e arengari. In filigrana, l’eco dei versi di Piero Calamandrei, propri dell’etica laica e repubblicana. Percezione inquieta vuole invece che alla prima nota di tromba che accoglie la “Flaminia” di Mattarella torni in mente, grottesco, “Vogliamo i colonnelli”, che nel suo irresistibile paradosso comico restituiva il “rumore di sciabole” (Pietro Nenni) della tentazione golpistica; il monocolo del generale De Lorenzo, il basco del principe Junio Valerio Borghese ancora in filigrana, controluce.

L’altra mattina, gestualità, prossemica e postura, metti, del presidente del Senato, Ignazio La Russa, davanti al passaggio dei reparti Folgore, del sommergibile tattico e delle fanfare a cavallo, sembrava riportare appunto in superficie nuovamente la faccia di Ugo Tognazzi, l’onorevole Giuseppe Tritoni della Grande Destra nel film di Monicelli. Suggestioni, dissolvenze, dubbi sull’attendibilità pienamente democratica del Palazzo politico del momento; la forza dell’ottimismo faticava a mostrarsi. Così in piena coscienza della cronistoria cerimoniale repubblicana, che inquadra anche la data, per alcuni impronunciabile, del 25 aprile, per altri, forse gli stessi, da liberare dall’originario portato antifascista.

A supporto dei timori, testo a fronte, un documentario di qualche anno addietro di Guido Chiesa e Giovanni de Luna, dedicato al modo in cui, dal 1945 al decennio appena trascorso, le occasioni cerimoniali dedicate all’avvento della democrazia da offrire alla “cittadinanza” siano state progressivamente depotenziate nel loro simbolico iniziale, politico. Dalle prime immagini “eroiche” su pellicola delle manifestazioni partigiane nella Milano appena liberata ai filmati televisivi, grana da Telefunken, bianco e nero familiare d’epoca democristiana, ipocrisia in blazer ministeriale.

Quasi a sopire ogni memoria della lotta di liberazione, rassicurare la persistente, incancellabile “zona grigia”, nella certezza che il contributo alla sconfitta del nazi-fascismo non debba essere ritenuto mai davvero “condiviso”. Lo scrittore Paolo Volponi, chiamato a comporre una frase per un monumento ai caduti partigiani, ottimisticamente pronuncia: “In pochi sorsero sollevando l’animo di tutti”. Illusioni autoconsolatorie?

Anche l’altra mattina, Frecce Tricolori lassù in volo, facendo caso all’impronta “patriottica” ufficiale, stellette e alamari, sembravano sempre più contestualmente idonee le considerazioni di Gramsci: “Il fascismo si è presentato come l’anti-partito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo a una moltitudine incomposta di coprire con una vernice di idealità politiche vaghe e nebulose lo straripare selvaggio delle passioni, degli odi, dei desideri”.

Seguito, perdonate l’eccesso di citazioni, dalle parole di Ennio Flaiano: “Il Fascismo conviene agli italiani perché è nella loro natura e racchiude le loro aspirazioni, esalta i loro odi, rassicura la loro inferiorità. Il fascismo è demagogico ma padronale, retorico, xenofobo, odiatore di cultura, spregiatore della libertà e della giustizia, oppressore dei deboli, servo dei forti, sempre pronto a indicare negli ‘altri’ le cause della sua impotenza o sconfitta”. Fantasmi anfibi, a pelo d’asfalto.

Nell’entusiasmo turistico e pre-domenicale del pubblico già estivo raccolto in tribuna, bandierine tricolori e berrettini, gli occhiali scuri da suggestione cilena di Maurizio Gasparri. Di sfondo, a impallare Giorgia Meloni sulla scalea del Milite Ignoto, i bracieri del Vittoriano dove, sempre un tempo, venivano raccolte le vere nuziali dell’“oro alla Patria”. Viva la Repubblica!

2 Giugno 2023

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