Flop e alleanze
Conte scarica la Schlein: “Non si vince col campo largo”
Politica - di Giulio Seminara
Dopo il flop nelle città, Giuseppe Conte deve affrontare il nodo alleanze e le prime tensioni interne. “Elly Schlein non ha capito niente dal risultato di queste elezioni, noi adesso abbiamo bisogno di fare la nostra strada da soli, altro che alleanze”, così un parlamentare pentastellato ci dice la vera risposta che secondo lui l’ex premier avrebbe voluto dare alla segretaria dem, autrice di una sorta di rimprovero ai riluttanti alleati del Movimento 5 stelle a urne ancora calde “ da soli non si vince, ricostruire un campo alternativo non spetta solo al Pd”.
Invece ieri in conferenza stampa l’ex premier ha stoppato l’asse giallo-rosso con una formula più soft: “Siamo disposti a dialogare col Pd, con Schlein, su temi e progetti, senza compromettere o annacquare le nostre battaglie. Sono convinto che la Meloni non si batte con i campi larghi ma con una idea diversa di Paese”. Poco cambia: l’alleanza tra democratici e pentastellati, rivelatasi già fragile pochi giorni fa in occasione delle nomine Rai con i primi quasi in piazza a parlare di “occupazione” e “censura” e i secondi molto attivi al tavolo di trattative col governo, rischia di deragliare dopo il pesante flop delle elezioni amministrative.
E pensare che Elly Schlein nel rapporto con il Movimento ha investito molto, addirittura “troppo” secondo i riformisti del Pd che in queste ore hanno velatamente messo sotto accusa la linea della segretaria. Certamente in alcune ex città rosse della Toscana, come a Brindisi e a Catania l’asse giallorosso è incorso in una disfatta. Addirittura secondo i leader dell’alleanza Verdi e Sinistra Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli nel capoluogo pugliese i democratici e i pentastellati avrebbero compiuto un “suicidio” accettando il candidato deciso da Conte per un “campo largo” che “in questo modo difficilmente diventerà un’alternativa credibile”. Ma se a sinistra le critiche interne sono una storica abitudine l’ex Avvocato del popolo sta scoprendo in queste ore che anche nel suo Movimento, da tempo caratterizzato da una gestione personalistica, albergano malcontento e recriminazioni, seppure sotto traccia.
Una fonte ci dice che con il “deludente” esito delle comunali tra i pentastellati stanno emergendo “tensioni” e “contestazioni”. Nel mirino proprio il leader assoluto, accusato sottovoce di “decidere e fare tutto da solo senza concordare mai una linea”. Appunto, la linea politica qual è? “Non si capisce, per esempio siamo teoricamente alleati con il Pd ma in questa alleanza non ci stiamo credendo tanto. Eppure vorrei ricordare tra meno di un mese ci sono le regionali in Molise e i democratici sostengono il nostro candidato presidente, il sindaco di Campobasso Roberto Gravina. Ce ne vogliamo occupare?”.
A quanto pare nel Movimento esistono attualmente più sensibilità, ad esempio chi vuole stringere con il Partito Democratico e rilanciare il campo largo e chi invece predica una svolta identitaria in solitaria. Di questo avviso è un deputato pentastellato di rito puramente contiano: “La destra ha il vento favorevole, il governo sta venendo apprezzato e la loro coalizione si regge compatta nonostante le diversità. Sbagliamo tutto se pensiamo di batterla costruendo alleanze a tavolino, la gente da parte nostra si aspetta proposte concrete e nuove idee come un tempo fu il reddito di cittadinanza, che oggi non paga più, basta vedere il nostro insuccesso alle comunali di Catania”.
La necessità di un cammino fortemente autonomo dal Pd viene motivato da alcune fonti interne con la consapevolezza che il prossimo appuntamento elettorale importante, le Europee, si baseranno sul sistema proporzionale e quindi sulla valorizzazione di una propria originalità politica, in assenza di coalizioni forzate. Un altro esponente contiano ci dice che le elezioni comunali sono “quasi sempre andate male per il Movimento e che adesso quindi non c’è da fare alcun dramma. In caso il problema ce l’ha Elly Schlein, già combattuta da dentro”. E qui arriva un’aggiunta perfida: “Ma perché Conte dovrebbe impegnarsi in un accordo con una segretaria che forse dopo le prossime europee non sarà più in sella al suo partito?”.
Ma oltre i contiani duri e puri e i cultori di una splendida solitudine in chiave Europee ci sono adesso anche alcuni critici. Uno di questi dice all’Unità che il Movimento “deve diventare finalmente un partito vero, basta comunicazioni dall’alto in assenza di un dibattito vero nei territori. Conte non può fare tutto da solo e da Roma. E queste elezioni l’hanno in parte dimostrato”. Chi vuole un’organizzazione di stampo partitico e tradizionale lo fa in chiave “democratica”, nel tentativo di ridimensionare il potere assoluto del leader e di consentire la formazione di proposte dal basso o comunque alternative e “non imposte”. In pratica la nascita di sezioni locali e correnti organizzate.
Ieri l’ex premier, intuendo l’antifona e provando a smorzare sul nascere la polemica interna, ha lanciato quasi a sorpresa la nascita dei “primi 84 gruppi territoriali”, cugini delle vecchie sezioni di partito. Che però, qualcuno fa notare, devono avere un’autorizzazione preventiva dai vertici nazionali. Insomma, una concessione a metà. In questo contesto di serpeggiante tensione interna si riaffaccia il fantasma di Beppe Grillo, dato da alcuni come estremamente “irritato” per il flop delle amministrative e in particolare per la mancata coesione con il Pd.
Diversi pentastellati preferiscono non risponderci sul tema, ma un contiano doc ci dice che “Grillo non decide nulla, le comunali andavano male anche con lui”. Segno di un certo nervosismo. A maggior ragione dopo alcuni retroscena con al centro un sondaggio dell’Elevato per cambiare la leadership della sua vecchia creatura in favore della deputata Chiara Appendino.
L’ex sindaca di Torino dispone di una sua popolarità a livello nazionale e ha presenziato in televisione e a diversi comizi durante la recente campagna elettorale. Anche se proprio ieri il pm della procura torinese Gianfranco Colace ha chiesto la condanna a 9 anni per Luca Pasquaretta, ex portavoce dell’allora sindaca, per peculato, traffico di influenze e tentata estorsione ai danni di Appendino e l’ex viceministra Laura Castelli, che non si sono costituite parte civile. Il pm ha dichiarato che le due politiche “hanno mentito” sulle presunte “minacce” da parte di Pasquaretta finalizzate all’ottenimento di un incarico retribuito e ha chiesto al tribunale di trasmettere gli atti alla procura per falsa testimonianza.
Un piccolo ostacolo nella ipotetica sfida a Conte, ma una fonte interna ci dice che “Chiara è al secondo mandato, se vuole fare il grande salto deve farlo adesso che poi si fa tardi”. Non sapendo se davvero Appendino farà il grande salto, ieri sera Giuseppe Conte ha provato a ricompattare i parlamentari del Movimento in una riunione con al centro “i gruppi territoriali”, l’annessa ripartenza “in ogni quartiere” e la manifestazione del 17 giugno a Roma contro il governo incentrata sui temi del lavoro. Chissà se Elly Schlein parteciperà o se Chiara Appendino interverrà.