Le cifre di Oxfam
Il Partito Democratico dica basta alla guerra
Editoriali - di Piero Sansonetti
Sono cifre impressionanti quelle fornite da Oxfam. Sono vere, verificate. Raccontano di un mondo occidentale che dietro alla sua robusta democrazia e alla sua secolare civiltà nasconde un volto cinico e feroce. Anche un po’ assassino. E fa delle armi, della guerra, della compravendita di morte e fame, una delle sue attività non secondarie. 2.200 miliardi ogni anno non sono una cifra modesta. Sono la prova che una parte del mercato capitalistico funziona e si alimenta con questa attività sanguinosa. E gli assetti dell’Occidente – soprattutto dell’Occidente – soffrirebbero e subirebbero crisi economiche e terremoti ai vertici delle loro borghesie, se all’improvviso questa attività fosse soppressa.
L’Italia ha un ruolo decisivo in questo mercato. Non solo non ne è estranea, ma è nel pacchetto dei paesi più impegnati. L’Italia è l’ottava potenza economica del mondo, ma è tra le prime sei nel commercio di armi nelle spese militari.
Ora queste cifre ci suggeriscono una tripla riflessione. La prima riguarda le conseguenze di questa attività. La seconda il giudizio economico su questa attività. La terza il giudizio etico.
Le conseguenze sono facili da contabilizzare. A parte i morti provocati direttamente dalle guerre, e dal terrorismo, ci sono i morti provocati dalle carestie e dall’aumento della povertà provocati dalle guerre. Volete sapere quanti sono? Sono 9.000 al giorno.
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Il giudizio economico è più complesso. Bisogna prendere atto del fatto che se improvvisamente si interrompessero le spese e le produzioni di armi, l’Italia ragionevolmente perderebbe circa il 3,5 per cento del suo Pil. Con conseguenze economiche durissime. Che vuol dire? Che la nostra placida economia si sorregge in modo non indifferente sula vendita di morte e fame in giro per il mondo. L’idea che le armi siano uno strumento di pace, di deterrenza, di equilibrio politico, ormai non è più spendibile. Le armi vengono prodotte per essere utilizzate. E l’industria delle armi ama e promuove le guerre, come l’industria delle bibite ama la sete, lo sport, la fatica. Anche il profitto non è sempre uguale.
Infine c’è il giudizio etico. Esistono due possibilità, nel fare politica. Opporsi alle armi, e accettare le conseguenze di una moratoria. O preferire una realpolitik che considera armi e morte elementi indispensabili alla crescita della società. Allo sviluppo. Io credo che il Pd si trovi di fronte a questo bivio. La sinistra italiana è disponibile a una scelta di rottura, totalmente pacifista? O preferisce barcamenarsi? Usando argomentazioni politiche non sfavorevoli alle guerre che comunque contrastano con la nostra costituzione?