G7 di Hiroshima, i leader condannano Putin e la guerra in Ucraina ma la vera preoccupazione è l’espansionismo cinese

Editoriali - di Vittorio Ferla

21 Maggio 2023 alle 14:06 - Ultimo agg. 21 Maggio 2023 alle 14:11

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G7 di Hiroshima, i leader condannano Putin e la guerra in Ucraina ma la vera preoccupazione è l’espansionismo cinese

Il G7 di Hiroshima che si conclude oggi comincia a ridisegnare l’agenda del nuovo mondo multipolare che sta emergendo mentre prosegue l’invasione russa in Ucraina e cresce la minaccia cinese su Taiwan. Una rappresentazione plastica della crescente complessità delle relazioni internazionali viene dalla giornata di ieri, caratterizzata da una girandola di incontri misti e bilaterali tra i vari protagonisti, che ha visto tra l’altro la partecipazione di alcune potenze regionali del Sud Globale come l’India e il Brasile.

Il primo punto nell’agenda dei leader dei sette paesi democratici più importanti del pianeta – dai quali, non a caso, è stato escluso da tempo Vladimir Putin – resta la crisi ucraina. Il documento finale del vertice esprime la condanna verso “la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, che costituisce una grave violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite” e riafferma “l’incrollabile sostegno all’Ucraina per tutto il tempo necessario per portare una pace globale, giusta e duratura”: così si spiega la presenza a Hiroshima del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Per i leader del G7 l’obiettivo finale resta la pace, ma per raggiungerla è necessario bloccare lo stato aggressore. Da qui, la pressante richiesta all’Iran di interrompere i rifornimenti di armi al Cremlino e la richiesta a Pechino di premere su Moscaaffinché fermi la sua aggressione militare e ritiri immediatamente, completamente e incondizionatamente le sue truppe dall’Ucraina”.

La “furia bellicista” della Russia (come l’ha definita di recente Sergio Mattarella) fa riemergere pure lo spettro della guerra nucleare. E proprio la scelta di svolgere il summit a Hiroshima del primo ministro Fumio Kishida, originario della città martire del primo bombardamento atomico della storia, è un modo per lanciare l’allarme sul pericolo di un nuovo disastro atomico. Per questo, i paesi del G7 riaffermano gli sforzi per il disarmo. “Il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (Tnp) – si legge nel documento finale – è la pietra angolare del regime globale di non proliferazione nucleare e il fondamento per il perseguimento del disarmo nucleare e degli usi pacifici dell’energia nucleare”. In concomitanza con il summit, sul pericolo nucleare è ritornato di nuovo Papa Francesco. In una lettera rivolta formalmente al vescovo di Hiroshima, ma sostanzialmente ai leader del G7, il Pontefice ammonisce i grandi della Terra sulla “inadeguatezza delle armi nucleari per rispondere in modo efficace alle grandi minacce odierne alla pace”. Secondo Bergoglio basta il semplice possesso delle armi nucleari per generare un “persistente clima di paura e sospetto” che “dà solo un’illusione di pace” mentre “compromette la crescita di un clima di fiducia reciproca e di dialogo”.

Ma il convitato di pietra di questo G7 resta la Cina. Spinti soprattutto dalla esplicita pressione degli Usa e dai timori del Giappone, i sette paesi cercheranno sempre più in futuro di porre un argine alle mire espansionistiche del presidente cinese Xi Jinping nel Pacifico. I sette leader ribadiscono “l’importanza di un Indo-Pacifico libero e aperto, che sia inclusivo, prospero, sicuro, basato sullo stato di diritto e che protegga i principi condivisi tra cui la sovranità, l’integrità territoriale, la risoluzione pacifica delle controversie, le libertà fondamentali e i diritti umani”. Inoltre, negano l’esistenza di una base legale per le “estese rivendicazioni marittime della Cina nel Mar Cinese Meridionale”, mettono in guardia Pechino sulle sue “attività di militarizzazione” nella regione dell’Asia-Pacifico e la esortano al rispetto dei diritti umani nei territori del Tibet e dello Xinjiang e al rispetto dell’autonomia di Hong Kong. La preoccupazione si concentra su Taiwan, l’isola che rivendica autonomia dalla Cina e che ha un ruolo cruciale nel Pacifico. Sia strategico, perché rappresenta una sorta di piattaforma militare naturale in caso di conflitto. Sia economico, visto che il paese è il maggiore produttore mondiale di semiconduttori. La risposta di Pechino, che considera Taipei sotto la sua sfera esclusiva di influenza, non si è fatta attendere: proprio ieri il ministro degli esteri cinese ha risposto malamente contro l’intromissione del G7 negli “affari interni” del Dragone.

La seconda preoccupazione dei Sette è il tentativo della Cina di esercitare il dominio globale attraverso la leva economica. Nel documento finale, i leader del G7 assicurano che non è nelle loro intenzioni “danneggiare la Cina né ostacolarne il progresso e lo sviluppo economico”. Allo stesso tempo, però, si impegnano a ridurre “le dipendenze eccessive nelle catene di approvvigionamento critiche”. In sostanza, si vuole evitare lo stesso errore già commesso con la Russia, dalla quale si era creata una dipendenza eccessiva nelle forniture di gas. La questione riguarda l’Italia da vicino. Nel 2019, con il governo guidato da Giuseppe Conte, l’Italia è diventata il primo paese del G7 ad aderire al programma infrastrutturale globale della Cina, la Belt and Road Initiative (BRI), con grande sgomento degli alleati in Occidente. Se nessuna delle parti dovesse ritirarsi, l’accordo tra Roma e Pechino verrebbe rinnovato automaticamente per altri cinque anni nel marzo 2024. Ecco perché gli altri paesi del G7 attendono che l’Italia recida i legami con il progetto egemonico di politica estera di Xi Jinping.

Il summit di Hiroshima, infine, registra una novità fondamentale. Per governare un mondo sempre più complesso è impossibile fare da soli. Proprio per questo il G7 ha proposto un formato aperto, con la presenza di altre nazioni come l’India e il Brasile. Il primo ministro indiano Narendra Modi incontrando Volodymyr Zelensky a margine del summit, ha espresso un “sostegno al dialogo e alla diplomazia” per trovare una soluzione al conflitto e ha promesso che continuerà “a fornire assistenza umanitaria al popolo ucraino”. Dal canto suo, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha invitato i membri del G7 a immaginare un mondo più democratico con il coinvolgimento di altri paesi finora esclusi dalle decisioni globali più rilevanti. Inoltre, ha firmato una dichiarazione congiunta con proposte per garantire la sicurezza alimentare nel mondo. Dal G7 emerge evidente, insomma, la necessità di un dialogo sempre più stretto dei sette paesi più industrializzati con i paesi del ‘Sud Globale’.

21 Maggio 2023

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