Il vertice dei "Sette Grandi"

G7, i potenti della Terra tornano sul luogo del delitto: a Hiroshima l’Occidente smarrito e trascinato in guerra dagli americani

Editoriali - di Michele Prospero

19 Maggio 2023 alle 17:30 - Ultimo agg. 19 Maggio 2023 alle 17:40

Condividi l'articolo

G7, i potenti della Terra tornano sul luogo del delitto: a Hiroshima l’Occidente smarrito e trascinato in guerra dagli americani

In un contesto globale che annuncia la fine della pax americana, si avvertono i tristi segnali di uno sgretolamento tale da far vacillare tutte le convinzioni date per acquisite. Sergio Romano, qualche giorno fa, invitava a riflettere con il necessario disincanto sul destino della Nato nel sistema politico internazionale post-guerra fredda. Una domanda analoga dovrebbe investire anche il ruolo e il senso del G7 nell’età della contestazione del dominio del dollaro negli scambi internazionali.

Armi e denaro sono, come al solito, i sovrani del mondo, che non sa che farsene delle idealità edificanti coltivate da Kant in vista della pace perpetua. E un che di sinistro ha di certo l’utilizzazione di un emblema della tragedia del Novecento come Hiroshima per impostare il recupero del ruolo smarrito dall’Occidente attorno a un ruvido discorso di potenza. I luoghi dell’olocausto atomico, con il perenne grido di “no alla guerra” che si portano dietro, sono d’un tratto curvati per edificare un marketing del macabro che vede i (non più) grandi della terra tracciare la mappa di nuove inimicizie planetarie.

L’Occidente ha visto la crescita della propria influenza egemonica solo quando alla forza dissuasiva delle bombe intelligenti sostituiva la penetrazione del contagioso soft power, fatto di simboli, immaginario, cultura, ideologia e consumo. Adesso che la competizione economica prefigura tra poco più di dieci anni il sorpasso cinese sugli Stati Uniti, la persistente supremazia nel campo degli armamenti (la spesa Usa è oltre dieci volte superiore a quella russa, e copre il 38% di quella mondiale) diventa la casamatta più sicura per arrestare il declino.

Come non ricorrere all’immagine di Shakespeare, che descrive come “sciagurati, quei tempi in cui i matti guidano i ciechi!”, per stigmatizzare la follia che conquista l’élite politica occidentale? La nuova dottrina militare americana rilancia la possibilità di un utilizzo per primi del nucleare quale strategia più efficace per la manutenzione della leadership mondiale. I governi del Giappone e della Germania rimpinguano sinistramente i loro investimenti in armamenti nella riedizione di un asse d’acciaio questa volta al servizio del Bene. Il fascismo democratico italiano, proprio nella fedeltà alle prove di accelerazione bellica a rimorchio di Kiev, intende trovare la nuova frontiera della legittimazione per uscire dal destino riservato ai nipotini del “male assoluto”.

Se l’America e i suoi alleati non strappano l’incanto della “trappola di Tucidide”, la quale prevede che l’urto risolutivo tra una potenza in ascesa e un impero in declino venga affidato alle armi in un’onda anomala che da Kiev porta dritti a Taiwan, anni terribili si annunciano. I paesi del G7, che negli anni Ottanta raggruppavano il 50% del Pil mondiale e oggi sono caduti al 30%, non possono sentirsi come le sentinelle economiche di un ordine militarmente progettato alle dipendenze delle divise americane.

La ricerca di vie alternative a quella della competizione armata è obbligata se si considerano il declino economico dei magnifici 7 radunati in Giappone e l’impennata della crescita registrata dagli Stati in ascesa del Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica rappresentano circa il 31% del Pil globale misurato a parità di potere d’acquisto). L’Occidente dà prova di realismo, dimostrando la capacità di svolgere un compito positivo nei prossimi decenni, solo se accetta che nel “mondo post-americano” già convivono molteplici potenze economiche, militari e culturali.

Partecipare in maniera costruttiva alla governance di questa transizione, che trascende le condizioni ormai usurate del Washington Consensus, è il modo più conveniente per non perdere ruolo, funzione e influenza. Tuttavia, in questo scenario capovolto, il Papa parla inascoltato il linguaggio della realtà e, bandendo ogni rivestimento teologico-morale (“bellum iustum”) della guerra in Ucraina, si propone come terzo autorevole vagando in solitaria alla ricerca di una insperata mediazione; gli statisti, distanziandosi visibilmente dagli stessi orientamenti delle opinioni pubbliche, fanno invece a gara per scartare ogni iniziativa politico-diplomatica e caricare in maniera irresponsabile il lungo confronto armato con la Russia putiniana di simbolismi etico-religiosi (scontro tra Occidente e Oriente, democrazie versus autoritarismi, forze del Bene contro potenze del Male).

Dinanzi a questa inversione delle parti, verrebbe da ribaltare il celebre monito di Alberico Gentili, lanciato per presidiare l’autonomia laica del diritto internazionale (“Silete theologi in munere alieno”, cioè: “Tacete, teologi, sulle questioni che non vi competono”), con un più pregnante invito rivolto questa volta ai miopi governanti che, in nome dei diktat delle alleanze militari, riducono al silenzio la voce trasparente che promana da settori crescenti della società: “Silete politici in munere alieno”. Per questo Hiroshima deve tornare ad essere il grido “mai più” e non l’evocazione di una nuova carneficina condotta in nome dello scontro irriducibile tra società aperta e blocco delle autocrazie.

19 Maggio 2023

Condividi l'articolo