Tensioni al Nazareno
Cottarelli lascia il PD, la fuga dei ‘riformisti’ dal partito di Schlein: “Ma non sbaglia a spostarlo a sinistra”
Politica - di Carmine Di Niro
Prima Beppe Fioroni, quindi Andrea Marcucci, Enrico Borghi e Caterina Chinnici. Ora Carlo Cottarelli. È durata meno di sette mesi l’avventura politica tra le fila del Partito Democratico dell’economista, già Commissario di governo alla spending review, eletto come indipendente nei Dem al Senato con una candidatura fortemente voluta dall’allora segretario Enrico Letta.
Il quarto addio di peso nell’ala più centrista, riformista e liberale: Cottarelli ha annunciato che tornerà all’Università Cattolica, presso la quale ha già istituito e diretto l’Osservatorio Conti Pubblici, gli ha infatti chiesto di dirigere un programma per l’educazione alle scienze sociali ed economiche rivolto agli studenti delle scuole superiori.
Incarico che “non è compatibile con il Senato, e ho deciso di rinunciare alla posizione di senatore: mi dimetterò nella prossima settimana”, aveva annunciato in televisione, ospite di Che tempo che fa, l’economista e quasi ex senatore. Al suo posto a Palazzo Madama entrerà Cristina Tajani, lei stessa accademica oltre che politica, per dieci anni assessore nelle giunte di centrosinistra a Milano prima con Giuliano Pisapia e poi con Beppe Sala.
Ma oltre al doppio incarico, a spingere Cottarelli fuori dal Senato vi sono motivazioni politiche. In una lettera a Repubblica l’economista ha definito “innegabile”, anche guardando alla composizione della nuova segreteria del partito, che “l’elezione di Elly Schlein abbia spostato il Pd più lontano dalle idee liberaldemocratiche in cui credo”.
Un addio comunque privo di toni marcatamente polemici, a differenza di quanto accaduto invece con gli addi di Marcucci, Fioroni e Borghi, quest’ultimo passato in Italia Viva di Matteo Renzi. Cottarelli ha infatti sottolineato che la neo segreteria Schlein “non credo sbagli a spostare il Pd verso sinistra, ciò detto mi trovo ora a disagio su diversi temi”.
Nella lettera pubblicata su Repubblica Cottarelli approfondisce la presa di distanza nei confronti della nuova segretaria Pd e delle posizioni assunte: “Su molti temi ho posizioni diverse da Elly Schlein, dal Jobs Act al freno al Superbonus, dai termovalorizzatori, all’utero in affitto al nucleare”. E ancora: “Una questione chiave è il ruolo che il “merito” debba avere nella società. Il principio del merito era molto presente nel documento dei valori del Pd del 2008, l’ultimo disponibile quando decisi di candidarmi. Manca invece in quello approvato a gennaio 2023 e nella mozione Schlein per le primarie”.
A differenza dell’ex collega Enrico Borghi, che è ‘semplicemente’ transitato nel gruppo di Italia Viva al Senato essendo anche componente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, l’economista ha però preferito lasciare il suo seggio alla prima dei non eletti (Cristina Tajani, ndr) pur avendo ricevuto di recente offerte di “trasloco” in un’altra formazione politica. “Mi sono state fatte offerte di spostarmi in altri gruppi, non dico quali ma è abbastanza intuitivo: non sono di maggioranza né è il Movimento 5 stelle”, con un chiaro riferimento dunque a quel che resta del Terzo Polo.
Non è un caso se proprio Matteo Renzi è stato tra i primi a commentare l’addio di Cottarelli. “Il Pd di Elly Schlein perde pezzi. Io dico che è solo l’inizio. Diamo tempo al tempo e il quadro politico di questo Paese cambierà profondamente. Siete d’accordo?“, ha scritto il leader di IV nella sua enews. Non è rimasto in silenzio neanche il suo ex alleato Carlo Calenda: “Io Cottarelli volevo candidarlo, e non capisco perché non si sia candidato con noi e invece si sia candidato col Pd“, dice il leader di Azione a Radio 24.
Eppure al “malessere” dei centristi-riformisti all’interno del Partito Democratico dovrebbe far da controcanto quello, ben più lungo, dell’elettorato di sinistra che a lungo non si è più ritrovato nelle politiche espresse negli ultimi anni dagli stessi Dem. Non è un caso se al momento al Nazareno si continua a perdere “classe dirigente”, vedasi appunto i casi Cottarelli, Borghi e altri, ma allo stesso tempo cresca la sua forza elettorale, almeno stando ai sondaggi.