Al via il Consiglio Europeo

I paletti di Mattarella al governo: sui beni russi l’Italia non può sfilarsi

Meloni al Quirinale alla vigilia del Consiglio Europeo

Politica - di David Romoli

17 Dicembre 2025 alle 16:30

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Foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica
Foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

Il pranzo al Quirinale alla vigilia dei Consigli europei, ospiti il premier di turno e tutti i ministri interessati ai vari punti sul tavolo del Consiglio, è un’abitudine e una tradizione. Di solito si svolge all’immediata vigilia, stavolta è stato anticipato di un giorno. Ma soprattutto stavolta l’appuntamento rivestiva un’importanza molto superiore a qualsiasi altra simile occasione. Perché le scelte del Consiglio avranno conseguenze potenzialmente molto drastiche e il Colle ne è perfettamente consapevole. La decisione di confiscare gli asset russi equivale a un bruciarsi i ponti alle spalle politicamente, a correre rischi grossi sul piano intrecciato della legalità internazionale ed economico. Ma il pranzo di ieri sul Colle era particolarmente significativo perché arrivava subito dopo due discorsi molto forti del Presidente sulla politica estera. Anche il giorno precedente, rivolto agli ambasciatori, Mattarella aveva usato parole e toni perentori denunciando “l’aberrante intendimento, malgrado gli sforzi negoziali in atto, di infrangere il principio del rifiuto di ridefinire con la forza gli equilibri e i confini in Europa. Un’azione irresponsabile e inammissibile”. Già prima aveva puntato l’indice contro la Russia che “vuole ridefinire con la forza i confini in Europa”. Nel mirino però non c’era solo Putin. Senza mai nominarlo apertamente il presidente aveva però alluso chiaramente anche a Donald Trump. È senza alcun dubbio lui il responsabile di quella “disordinata e ingiustificata aggressione nei confronti della Unione Europea” che “appare, a dir poco, singolare”.

Dopo un affondo di questa portata da parte di un presidente considerato in Europa uno dei padri dell’Unione e dunque una delle voci più autorevoli del Continente era inevitabile chiedersi se Mattarella non volesse tra le righe bocciare il piano di Pace di Trump, che invece, sia pur con diverse sfumature, l’intera maggioranza sostiene strenuamente. Non è così e Mattarella ha sgombrato il campo da ogni dubbio: la via di Trump va comunque battuta senza tentativi di sabotaggio. Purché però non si traduca in una capitolazione dell’Ucraina e dell’Europa, doppia condizione che sembra combaciare perfettamente con gli obiettivi di Putin. Sul solo vero tema che sarà al centro della discussione a Bruxelles domani e dopodomani, il prestito all’Ucraina e l’eventuale confisca degli asset russi, neppure al Quirinale sembra respirarsi troppo entusiamo. È un passo pericoloso sul piano giuridico, e potrebbe tradursi in un salasso micidiale per tutti i Paesi europei. Ma lo è anche sul piano politico perché equivale a un bruciarsi tutti i ponti alle spalle. Solo che l’Italia non può tirarsi indietro. Sia pure in forma ridotta fa parte dei Volenterosi: non può diventare l’Ungheria dei Volenterosi stessi.

La sola resistenza possibile è quella del Belgio, che certo non è sospettabile di antieuropeismo e che può far valere il fatto di essere il Paese che rischia di più in quanto depositario di quei 200 miliardi. Ma se i frenetici tentativi di convincere il Belgio garantendo la piena condivisione dei rischi avranno successo e sempre che all’ultimo momento la Francia, in realtà ha molti più dubbi di quanto Macron non faccia vedere, l’Italia non avrà praticamente scelta. Anche perché, con la scelta di decidere senza unanimità ma a maggioranza qualificata, il suo eventuale voto contrario sarebbe inutile. La partita è aperta ma di certo in quella direzione hanno deciso di andare Merz e la presidente della Commissione von der Leyen e Zelensky moltiplica le pressioni: “Non basta costringere Mosca a un accordo. Deve pagare per la sua aggressione”. Il pagamento sarebbero appunto gli asset in questione. Nel governo non si nascondono che quel voto sarebbe un grosso problema nella maggioranza. Ieri la portavoce del Cremlino Zacharova ha citato esplicitamente le parole del leader leghista: “Se Napoleone e Hitler non sono riusciti a mettere in ginocchio la Russia difficilmente ci riusciranno Kallas, Macron, Merz e Starmer”, Zacharova applaude: “Paragone preciso, conclusione inconfutabile”. La Tass raccoglie e rilancia, sbattendo il leghista addirittura nel titolo di apertura, forzando per la verità le sue parole sino ad azzardare improbabili paragoni fra la Ue e gli antichi invasori sconfitti. Le parole di Salvini non sono piaciute al presidente della Camera Fontana, pur leghista secondo cui la Russia ha invece fallito e dimostrato la sua debolezza. Ma in ogni caso il Salvini sbandierato a Mosca non agevola i rapporti nella maggioranza e il passo che l’Europa si accinge probabilmente a fare domani renderebbe la navigazione di Giorgia molto più accidentata. Di concordia nella maggioranza, poi, non sarebbe proprio più il caso di parlare.

17 Dicembre 2025

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