Il film sulla vita della popstar
Perché nel film ‘Better Man’ Robbie Williams ha il volto di una scimmia: ascesa, caduta e rinascita di una pop star da record
Questa è la storia dell’artista che detiene il record di 6 album sui 100 più venduti della storia. E grazie ad una scimmia realizzata in CGI si mette a nudo, raccontando la sua vita, i suoi successi ma anche i suoi fallimenti
Spettacoli - di Chiara Nicoletti
Il 2025 inizia con la sincerità e il mettersi a nudo di uno degli artisti musicali più premiati al mondo, Robbie Williams, la cui storia vera di ascesa fulminante, drammatica caduta e straordinaria rinascita, potremo vedere al cinema in Better Man. Distribuito da Lucky Red, il film, diretto dal visionario regista di The Greatest Showman, Michael Gracey ,è un biopic trasformato in musical live-action dove la popstar britannica è interpretata per tutto il percorso da una scimmia in CGI, realizzata dunque in computer grafica.
Dall’infanzia ad adorare Frank Sinatra e cantarlo con il padre, che lo ha abbandonato in pre-adolescenza, alla fama nel fior fiore dei 15 anni con la boy band Take That fino al successo da solista che però ha anche consolidato dipendenze, problemi e sfide difficili da affrontare in quel turbine di fama. “La mia vita è apparsa ai miei occhi come l’esecuzione di un numero da funambolo senza l’imbracatura di sicurezza”, dice Williams. “Sento di poter cadere in qualsiasi momento e molte volte lo faccio. Quando Michael mi ha proposto di essere interpretato da una scimmia ho sentito l’audacia della scelta ma allo stesso tempo ho capito che dovevamo andare avanti…”. Le parole di Robbie Williams nel comunicato stampa del film si sposano con il suo pensiero sul film, nell’incontro tenutosi a Roma ad inizio dicembre, quando il cantante ha anche partecipato al programma di Sky, X-Factor.
“Scoprirsi così, in tutte le proprie fragilità e i grossolani errori, che sensazioni porta?”. Non poteva che essere questa la prima domanda a Williams, che detiene il record di ben 6 album su 100 tra i più venduti nella storia britannica: “Dal momento che il film non è ancora uscito, quello che viene detto dalle prime reazioni di chi lo ha visto, sono tutte cose belle, su di me, sugli attori, sul regista, io ci ho messo la mia volontà e il desiderio di condividere tutto. Per cui, fino a questo punto, il film è qualcosa di liberatorio. Se non dovesse essere un successo – ironizza poi l’artista – allora diventerà l’esatto contrario e dunque vai di terapia”.
Dietro la macchina da presa di Better Man c’è il regista australiano Michael Gracey, accanto a Williams a Roma a presentare il film e reduce dal successo musical del 2018 The Greatest Showman con Hugh Grant. Proprio Robbie Williams Gracey deve aver convinto definitivamente Jackman a prendere parte al film. “Hugh è un grande fan di Williams e all’inizio non era convinto delle canzoni di The Greatest Showman, allora le mandai a Robbie e lui fece un video per convincerlo. Ovviamente funzionò subito”. Il Robbie adolescente e adulto è interpretato dall’attore Jonno Davies, il cui volto da scimmia è stato realizzato grazie ad un mix tra CGI e la performance capture, la stessa utilizzata per Gollum in Il Signore degli Anelli e i personaggi di Avatar. “Perché una scimmia?”. Gli chiediamo. Robbie Williams esclama: “Mi interpreta una scimmia? davvero?”.
Messa da parte l’ironia, risponde lungamente: “Quello che raccontiamo a tutti, in modo che lo spettatore possa interessarsi, è che Robbie si vede come una scimmia e l’abbiamo rappresentato in quanto tale così il pubblico può vederlo esattamente come lui vedeva e vede se stesso. Sono un selvaggio, mi sono sempre sentito una scimmia!” commenta. “L’altra ragione – prosegue – è che ci sono talmente tanti biopic in giro, per di più ripuliti e sistemati e quindi questa cosa cominciava a stancare. Il nostro non è assolutamente ripulito anche in quei punti e quelle situazioni in cui forse avrebbe dovuto esserlo e questo rende questo film unico dal punto di vista anche delle vendite. Io credo che questa sala sarebbe stata piena per metà oggi, se non ci fosse stata l’idea della scimmia”. Si leva molti sassolini dalla scarpa Robbie Williams nel raccontare la sua storia di vita, il periodo dei Take That è infausto e devastante per un’adolescente sommerso, letteralmente, dal “troppo”.
Nel film ci sono l’amore, il dolore, le malattie, e poi la droga e le dipendenze che fanno sprofondare, allontanano e rendono egoisti, a volte meschini. Williams è tanto sincero con ciò che ha fatto e vissuto quanto impietoso. “Come ci è riuscito?”. “Per me non è stato un problema spiegare chi sono e farlo con la massima sincerità, forse perché sono nello spettro autistico e dunque non trovo insolite certe cose. Capisco che lo sono solo quando, ad esempio durante le interviste, me lo fanno notare. Allora vado in crisi esistenziale sulla crisi esistenziale. Di questo film finora se ne parla bene perché probabilmente le persone mi riconoscono questa autenticità che il film contiene”.
C’è chi in Better Man ha rivisto le sue battaglie ed ha empatizzato con il percorso di qualcuno che cade rovinosamente a terra e ci mette tanto tempo e tanti sforzi per rialzarsi e non sempre riuscendo a recuperare tutti i rapporti e i legami persi lungo la strada: “Io in realtà non ho fatto questo film per altruismo, per suscitare empatia o comprensione e far sì che le persone potessero in qualche modo identificarsi, non l’ho fatto per questo scopo umano” chiarisce con la consueta schiettezza Williams e spiega: “L’ho fatto perché questo serve alla mia carriera perché io sono uno che per professione cerca attenzione, laddove non mi si dà attenzione, io non esisto, dunque l’ho fatto per attirare l’attenzione su di me. Il fatto che le persone si siano identificate con la mia storia, riviste in me è un effetto collaterale e mi fa sentire bene ma non era l’obiettivo principale”.
Tra i disagi che Better Man racconta, c’è il rapporto con il proprio corpo, da sempre conflittuale per l’artista. Ce lo conferma: “Il corpo è sempre stato fonte di malattia mentale per me perché ho sempre dovuto lottare con il peso. La droga, il sesso, la televisione, il computer, il cibo, sono sempre state causa di dipendenza. Ora con la droga e l’alcol ho smesso, pure con il sesso abbiamo chiuso, a questo punto il problema rimane il cibo che continua ancora oggi, da quando ero un undicenne cicciottello, anche se oggi sono stramaledettamente sexy. Il corpo può essere ancora a causa di grande vergogna e grande dolore, rappresenta un po’ quei malesseri della vita che ti accompagnano e che persistono”.
Prima di salutarlo, ricordiamo a Robbie Williams la sua ultima apparizione in Italia con i Take That risalente al Sanremo 1994, momento epocale nella storia del pop. Dopo essersi assicurato che Sanremo esista ancora, rivela: “Mi piacerebbe essere invitato nuovamente. In Italia c’è la bellezza del caos. L’ho capito ancora di più a X-Factor. Rispetto a come siamo noi in Inghilterra, nel backstage ho visto un casino bestiale ma, sul palco, era tutto perfetto. Se riesci ad accogliere questo calore e questa passione non puoi fare a meno di innamorarti dell’Italia. Sanremo 1994? Ero strafatto, chi se lo ricorda!”.