La dirigente comunista
Angela Bottari, chi era la comunista libertaria raccontata da Francesco Lepore e Pietro Folena
Parla Francesco Lepore, che con Pietro Folena ha curato il volume (edito da Castelvecchi) dedicato alla storia della dirigente comunista e alle sue battaglie, sempre dalla parte degli indifesi
Cultura - di Umberto De Giovannangeli
Angela Bottari. Storia di una donna coraggiosa (Castelvecchi), è un libro che emoziona. E fa pensare. Un libro curato con passione e intensità intellettuale, sul filo della memoria, da Pietro Folena e Francesco Lepore. La storia di una grande donna del sud e di una dirigente comunista che si è sempre battuta per i più indifesi. Con il sorriso sulle labbra. Una storia da Unità. Un giornale che Angela Bottari ha sempre amato.
Francesco Lepore, chi era Angela Bottari?
Nata nel villaggio messinese di Giampilieri il 13 marzo 1945 e morta nell’amata città dello Stretto il 14 novembre 2023, Angela Bottari è stata l’indiscussa protagonista d’importanti battaglie sociali e civili soprattutto nell’ultimo trentennio del secolo scorso. In realtà cinque volte decennale, il suo impegno per i diritti e le libertà della persona non s’è infatti esaurito nella sola stagione parlamentare (1976-1987), che pur ne costituisce l’acme. Ma è proseguito con lo stesso entusiasmo d’un tempo in tutto il restante arco di vita. Una volta rientrata in Sicilia con l’assillo di cambiare quella «terra di contraddizioni», com’ella stessa chiamava la natia isola, Angela vi ha svolto un ruolo importante a livello di dirigente di partito fino a ricoprire dal ’96 al ‘98 al il delicato incarico di segretaria regionale del Pds: ha così vissuto in prima linea, come osserva Livia Turco nel suo contributo, «tutti i passaggi, dal Pci al Pds-Ds-Pd, con uno sguardo innovatore e con la tensione unitaria. Ha sempre amato e messo al primo posto la sua comunità politica, cercando di superare conflitti e personalismi».
Un approccio che continua col Pd…
Per quanto poi riguarda il Partito Democratico, è opportuno riportare quanto scrive Antonello Cracolici: «Angela è stata la fondatrice del Pd nella nostra regione: si batté infatti per dare un’anima al Partito Democratico della Sicilia, quando fu varato lo statuto, e di quella lotta fu la principale protagonista». Donna di partito, non è stata però mai mossa da faziosità partitica. Schietta, diretta, allergica al compromesso, Angela era rimasta, per usare una splendida definizione di Romana Bianchi, la stessa «ragazza disciplinata ma non ubbidiente» (dei tempi del Pci: se ne sentiva orgogliosamente parte, ma era nondimeno animata dalla costante, a tratti utopica, aspirazione di cambiare dall’interno un partito ritenuto «maschile e maschilista». Ecco perché, tra le tante definizioni che sono date di Angela nel libro, la più idonea a renderne la poliedrica personalità è, a mio parere, quella di «comunista libertaria»: non a caso l’ha coniata Pietro Folena, co-curatore di questo volume collettaneo e già dirigente nazionale del Pds-Ds, il cui percorso esistenziale e politico si è intrecciato a lungo con quello di Angela.
Perché ricordarla?
Angela ha segnato la storia italiana degli anni ‘70-‘90 del Novecento, contribuendo a cambiare il volto del Paese. Tra i banchi di Montecitorio, dov’era arrivata la prima volta nell’estate del ’76, aveva dedicato tempo e impegno alla questione femminile, diversamente intesa secondo le istanze del movimento femminista e non più ristretta alla sola visione emancipazionista: basti ricordare il ruolo di relatrice del progetto di legge per l’abrogazione della rilevanza penale del delitto d’onore dal dicembre 1978 fino alla fine della VII legislatura (19 giugno 1979) e la presentazione, a sua prima firma, del pdl contro la violenza sessuale (2 dicembre 1977). Di questa proposta di legge, avrebbe dovuto ripresentare altre due volte durante la VIII e IX legislatura, fu anche relatrice. Poi, il 25 gennaio 1983, il colpo di scena con le dimissioni dall’incarico tra le ire di Nilde Iotti, Giorgio Napolitano e altri vertici del partito: l’aula della Camera aveva, infatti, approvato un inaccettabile emendamento del democristiano Carlo Casini, che da delitto contro la persona riconduceva la violenza sessuale all’alveo di delitto contro la moralità pubblica e il buon costume. Lo descrivono bene in questo volume collettaneo Romana Bianchi, Martina Castigliani, Giancarla Codrignani, Mariapia Garavaglia, Adriana Laudani, Ersilia Salvato, Livia Turco e le scrittrici Nadia Terranova e Viola Ardone, che si è proprio ispirata ad Angela per il personaggio di Liliana del suo romanzo Oliva Denaro. Instancabilmente impegnata anche in seguito per i diritti delle donne e sempre attenta alle istanze di lavoratrici e lavoratori in una con quelle delle persone più disagiate (dalle gelsominaie del Milazzese ai baraccati di Messina), Angela aveva infatti esteso, sin dai primi anni ’80, alle persone omosessuali e trans le sue battaglie di civiltà. Lo evidenziano a chiare lettere in questo libro l’ex presidente della Corte costituzionale Gaetano Silvestri, il presidente onorario di Arcigay Franco Grillini, una cui lunga dichiarazione è riportata nel mio specifico contributo Angela e i diritti delle persone LGBT+, l’ex presidente nazionale della medesima associazione Paolo Patanè e la fondatrice del MIT – Movimento Italiano Transessuali Pina Bonanno, che nel suo contributo si riferisce all’ex deputata comunista quale «vera madre e colonna portante della 164/1982» (grazie alla quale fu finalmente legalizzata la rettifica anagrafica di sesso). Con Pietro Folena abbiamo perciò deciso di curare insieme questo volume collettaneo, che, edito da Castelvecchi grazie al fondamentale sostegno del gruppo del PD alla Camera e in collaborazione con la Fondazione Nilde Iotti e Malacoda Ente culturale, permette, a un più vasto pubblico, di conoscere Angela e il suo operato.
Il tributo ad una donna coraggiosa.
Più che ricordarla, il libro ne rende in un certo senso vivi figura e pensiero attraverso documenti (discorsi, interviste, interventi parlamentari), foto inedite e le testimonianze di chi l’ha conosciuta: trentacinque in tutto, comprese la prefazione della capogruppo del Pd a Montecitorio, Chiara Braga, e l’ampia intervista a Gioacchino Silvestro, marito e compagno tanto di vita quanto di militanza politica di Angela.
Una comunista italiana, aperta ai movimenti, in primis quello delle donne, e a culture altre da quella comunista…
Direi molto di più di una mera apertura. A ben vedere, infatti, l’atteggiamento, cui Angela informò, dentro e fuori Montecitorio, tutta la sua azione politica, fu proprio di costante rapporto coi movimenti (operaio, pacifista, femminista, Lgbt+, ecc.) e di sincero confronto con visioni antropologiche, sociali, morali, diverse – quando addirittura non opposte – da quella propria del comunismo. Questa duplice postura dell’animo è anzi la cifra per comprendere appieno l’operato della “compagna Bottari” nella globalità. Il prioritario rapporto col movimento delle donne richiede una particolare attenzione perché discende come conseguenza – forse non immaginata nelle forme radicali ed eclatanti talora, e all’occorrenza, incarnate da Angela – da quella sorta d’investitura, che aveva ricevuto nel ’76, appena arrivata per la prima volta alla Camera, dall’artefice e regista della sua candidatura: Adriana Seroni. L’autorevole dirigente comunista, subentrata dal ’68 a Nilde Iotti come responsabile della Commissione femminile nazionale del Pci, fu infatti colei che impose alla neodeputata messinese di occuparsi di violenza sessuale, in quanto proveniente «dalla Sicilia, dove una donna, Franca Viola, per la prima volta, nonostante l’arretratezza del costume, aveva rifiutato il matrimonio riparatore e aveva denunciato il suo violentatore». Così ricordava Angela stessa dieci anni fa, parlando di violenza sessuale quale «tema che ha segnato tutta la mia vita politica e personale, la mia relazione con donne e uomini, con il movimento delle donne e con la società nel suo complesso». Su spinta della stessa Seroni, che pur intratteneva col femminismo un rapporto di «distanza ragionata» (per usare una felice espressione di Lalla Trupia), e accompagnata da Romana Bianchi, Angela, come avrebbe raccontato in una lunga intervista a Martina Castigliani, avviò un «iter di confronto con i movimenti femministi che lavoravano a una proposta di iniziativa popolare», da cui, ad esempio, mutuò – contrariamente all’iniziale linea di partito, interessato ad evitare difficoltà e chiusure della Dc – l’assunto della violenza sessuale quale reato contro la persona. Non a caso riconosceva con consueta parresia: «Non sempre furono d’accordo con noi. Col senno del poi, dico che avevano ragione loro». A tale ottica e a quella più generale di sorellanza è da ricondursi il lavoro compiuto, sin da allora, in sinergia con altre donne: sia dentro il partito, dove raggiunse la massima intesa soprattutto con le compagne parlamentari Romana Bianchi, Rosanna Branciforti, Carla Nespolo, Ersilia Salvato, Maura Vagli, sia al di fuori, come nel caso delle democristiane Tina Anselmi, Maria Pia Garavaglia, Maria Eletta Martini, delle radicali Adele Faccio e Adelaide Aglietta, delle socialiste Maria Magnani Noya e Alma Agata Cappiello. Non a caso, riflettendo su quel periodo, era solita ripetere: «Noi il noi lo abbiamo praticato e non predicato».
Cosa c’è di attuale di lei in un mondo segnato dalle guerre e sempre più ingiusto?
Sono l’autentica passione di Angela per la persona umana, considerata nella sua interezza, e l’impegno per tutelarne i diritti tanto sociali quanto civili in ottica egualitaria a renderne estremamente attuale l’insegnamento civile e politico. In un mondo segnato dagli orrori delle guerre, a partire da quelle israelo-palestinese e russo-ucraina, Angela ci ricorda, come fece nei primi anni ’80, affiancando Pio La Torre e poi raccogliendone il testimone, contro l’installazione della base missilistica di Comiso, che l’unica soluzione sta nel «proseguire, attraverso i metodi democratici e civili che il movimento pacifista si è dato», ogni iniziativa «per la distensione e la pace» (dall’interrogazione parlamentare del 7 ottobre 1983). Ognuno si potrà rispecchiare in queste parole e riconoscersi erede dell’eccezionale lascito di impegno e dedizione politica, che Angela ci affida.