Le motivazioni
Strage di Erba, perché i giudici non hanno riaperto il caso: dagli avvocati di Olindo e Rosa “nessuna nuova prova”
La richiesta di revisione del processo presentata dai legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi, i coniugi condannati in via definitiva per la strage di Erba, dove la sera dell’11 dicembre 2006 uccisero loro vicina di casa, Raffaella Castagna, il figlio di due anni, Youssef, la madre di lei, Paola Galli e una vicina di casa, Valeria Cherubini, non era ammissibile “sotto il duplice profilo della mancanza di novità e della inidoneità a ribaltare il giudizio di penale responsabilità delle prove di cui è chiesta l’ammissione”.
È quanto scritto nelle 88 pagine di motivazioni depositate dai magistrati della Corte d’appello di Brescia che lo scorso 10 luglio hanno bocciato la richiesta di riaprire il processo nei confronti dei due condannati.
Una richiesta sollevata anche dal sostituto procuratore di Milano Cuno Tarfusser, tra l’altro punito con la censura dal Csm per aver presentato l’istanza, che per i magistrati “prima ancora che carente sotto il profilo della novità della prova” è inammissibile per “difetto di legittimazione del proponente”. Tarfusser è infatti “sostituto procuratore generale privo di delega relativamente alle revisioni”
“La richiesta di revisione – scrivono i giudici della Corte d’appello di Brescia nelle motivazioni – è stata formulata da un sostituto procuratore generale della Corte d’appello di Milano privo di delega relativamente alla materia delle revisioni, riservata, secondo il documento organizzativo dell’ufficio, all’avvocato generale, e non assegnatario del fascicolo ed è stata depositata nella cancelleria del procuratore generale di Milano, che l’ha trasmessa alla Corte, evidenziando la carenza di legittimazione del proponente, disconoscendone il contenuto e chiedendo che fosse dichiarata inammissibile”.
Per i giudici di Brescia “l’ipotetico movente legato a un regolamento di conti nell’ambito del traffico di sostanze stupefacenti è stato invano approfondito nella prima fase delle indagini e non ha trovato alcun riscontro” da parte della Guardia di Finanza e “non può certo trovare nuova linfa nelle apodittiche affermazioni di Abdi Kais (un tunisino che era stato in carcere con Azouz Marzouz, marito di Raffaella Castana e padre di Youssef, ndr) e nelle supposizioni degli altri pregiudicati intervistati mentre era in corso l’odierno processo di revisione”.
Secondo i magistrati di Brescia insomma “la falsità delle prove così come i presunti fatti-reato che avrebbero inquinato il processo non discenderebbe da nuove prove di segno opposto a quelle considerate ma da una sorta di complotto ai danni di Romano e Bazzi”, che però alla prova dei fatti non c’è stato.