Accessi abusivi alle banche dati
Scandalo dossier, l’antimafia va al rallentatore
Il lavoro dell’organo parlamentare presieduto dalla Fdi Colosimo procede a singhiozzo. Lega e FI scalpitano e chiedono una commissione ad hoc
Giustizia - di Paolo Comi
La Commissione parlamentare antimafia è in grado di affrontare lo scandalo del dossieraggio effettuato mediante gli accessi abusivi alle banche dati della Dna? Uno scandalo le cui proporzioni non si vedevano dai tempi dei fascicoli del Sifar. È la domanda che si stanno ponendo in questi giorni molti parlamentari di maggioranza, in particolare di Forza Italia e Lega, verosimilmente insoddisfatti della gestione dei lavori e fautori, ad iniziare da Matteo Salvini, della istituzione di una Commissione d’inchiesta ad hoc.
L’Antimafia, presieduta dalla sorella d’Italia Chiara Colosimo, vicinissima alla premier Giorgia Meloni ed alla sua prima legislatura, non pare infatti aver operato fino ad oggi con molta convinzione. Esploso lo scandalo, Colosimo aveva subito accolto l’invito del procuratore di Perugia Raffaele Cantone, titolare del fascicolo, e del procuratore nazionale Giovanni Melillo di essere auditi a Palazzo San Macuto per raccontare i contorni della vicenda. All’inizio dello scorso marzo, Cantone aveva infatti firmato un avviso di garanzia nei confronti, fra gli altri, del pm della Dna Antonio Laudati e del tenente della guardia di finanza Pasquale Striano, accusati di rivelazione del segreto ed accesso abusivo alle banche dati.
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Durante le audizioni, avvenute dopo qualche giorno, Cantone aveva fatto il punto sull’indagine, mentre Melillo aveva ribadito la neutralità e l’autorevolezza della Dna, facendo un excursus sulle funzioni dell’ufficio di via Giulia in quel momento nell’occhio del ciclone. Davanti alla Commissione, Melillo aveva dichiarato senza mezzi termini che “la gravità dei fatti in corso di individuazione e accertamento nell’indagine del collega Cantone è estrema”. Per tutta risposta, Striano dopo qualche giorno aveva rilasciato una intervista al quotidiano La Verità dove minimizzava il caso, criticando addirittura il lavoro di Cantone: “È giusto che io sia attaccato in una maniera così spudorata, anche violando tutte le regole della privacy, perfino da parte della Procura di Perugia che, posso assicurare, ha fatto molte cavolate?”. Come se non bastasse, il finanziere stroncava l’ufficio dove aveva lavorato ed i colleghi che stavano in quel momento indagando su di lui. Dopo una intervista del genere tutti si sarebbero aspettati che fosse immediatamente convocato in Antimafia.
Ed infatti molti dei Commissari si erano attivati affinché venisse subito audito. L’istanza non veniva però accolta dalla presidenza della Commissione che decideva invece di ascoltare il capo della Dia, il generale Michele Carbone, ed il comandante delle Fiamme Gialle, il generale Andrea De Gennaro. Le audizioni terminavano ad aprile con quella del direttore del Domani, il giornale dove lavoravano i cronisti accusati di aver utilizzato gli atti estrapolati in modo illegale da Striano per scrivere degli articoli. Da allora le attività della Commissione si sono inspiegabilmente fermate, Laudati è andato in pensione e Striano ha cambiato incarico. Questa settimana, dopo mesi di silenzio, la Commissione ha deciso di tornare a riunirsi per ascoltare il capo del Dap Giovanni Russo, ex procuratore aggiunto alla Dna e superiore di Laudati. Un fatto è certo: con i ritmi dell’Antimafia gli spioni possono dormire fra quattro guanciali.