L'anima reazionaria del giornalista
Travaglio e Meloni, è amore: per il direttore del Fatto la premier è una grillina che sbaglia
Prima un editoriale, poi un’intervista: il direttore del “Fatto” elogia la premier, definendola un’antisistema, una persona per bene che però a volte fa errori
Politica - di David Romoli
Prima un editoriale quasi appassionato sul suo giornale, Il Fatto, poi un’intervista sul Corriere della Sera, non per correggere ma per confermare. A Marco Travaglio, Giorgia Meloni piace. Come personaggio, non per le politiche che fa come presidente del Consiglio, e sin qui nulla di male. Magari fossero di più gli oppositori, conclamati o camuffati, convinti, come il direttore de Il Fatto, che “ci si debba confrontare con tutti quelli con cui non siamo d’accordo”. Servirebbe a curare la degenerazione scioccamente integralista che pervade l’intero sistema italiano.
La faccenda si fa più bizzarra quando il direttore spiega cosa non apprezza e cosa lo ha deluso nell’attività di governo di una premier che considera “persona per bene che sta facendo male”. Male, anzi malissimo perché “ha dovuto promettere fedeltà agli americani, all’Europa, a tutti quelli che ha dipinto come poteri forti”. La Giorgia delle origini, l’underdog e l’outsider, tutto sommato poteva andare. In fondo è con l’amato Conte l’unica a essere arrivata a Chigi “senza la cooptazione dei poteri forti”, che è come dire l’unica accettabile. Il quotidiano che più d’opposizione non si può, ricorda il suo fondatore e direttore, si era entusiasmato quando il governo aveva confermato il carcere duro: “Ho titolato ‘Buona la prima’. Speravo di poter scrivere ‘Buona la seconda’, ‘Buona la terza’ e invece non è stato così”. Insomma, un po’ di galera in più, e anche come governante Giorgia avrebbe strappato l’applauso.
Si capisce perché, serafico, Travaglio possa addirittura aprire il giornale scagliandosi contro il Pd, colpevole di aver invitato alla festa dell’Unità Renzi e Sallusti, ma nella stessa giornata rivendicare l’invito alla festa de Il Fatto alla premier, che in passato c’era già stata due volte ma quest’anno è incerta per via dell’agenda troppo piena. Lei è una “anti-sistema che sbaglia”, quelli sono il nemico. Alle simpatie, umane e politiche, non si comanda. Certo, ci si potrebbe chiedere non come faccia Travaglio ad allocarsi nell’area del centrosinistra – in fondo non ha mai fatto mistero di detestarla – ma come facciano tanti appassionati elettori e militanti di quel campo a riconoscersi, come invece capita, nel medesimo Travaglio. Ma sono i misteri della sinistra italiana ed è inutile provare a dipanarli: seguono regole che la ragione politica non conosce.
Più interessante è chiedersi come mai Travaglio abbia sentito l’impellente bisogno di palesare il suo trasporto per una premier che pure combatte strenuamente proprio in questo momento. Magari è solo un caso, la necessità di trovare qualcosa da dire ogni giorno non è facile. Ma forse pesano anche considerazioni più politiche. Alla fine la premier che aveva scelto di obbedire ai poteri forti ha disobbedito e lo stesso intervistato segnala che a quel punto è finita di corsa nel mirino. Forse le verrà perdonato, o forse cercherà di recuperare prosternandosi. Ma forse no. La maggioranza fibrilla e a farla fibrillare è il partito che probabilmente più di ogni altro Travaglio detesta, quello fondato dall’aborrito Silvio. Tajani punta i piedi, anche ieri ha rinviato le richieste di sottomissione ai mittenti, Lega e FdI: “Sullo Ius Scholae io non impongo niente, ma neppure accetto imposizioni”.
Forse è la classica tempesta in una piscina estiva, destinata a essere dimenticata con l’autunno. Ma forse no. Sul fronte opposto è scoppiata in casa 5S una guerra totale tra Conte e Grillo che, comunque vada, costringerà l’avvocato ad alzare poste e toni con il Pd. Lo sta già facendo con il veto contro Renzi, con il braccio di ferro sulla candidatura di Andrea Orlando in Liguria, con una divaricazione crescente sulla politica estera che Elly finge di non vedere ma è in realtà abissale. Forse è solo l’ammuina necessaria per non pagare troppo pegno nello scontro con Grillo di qui all’Assemblea costituente del Movimento. Ma forse no. La situazione insomma autorizza la speranza che si riapra per le forze anti-sistema e giustizialiste lo spazio che si era chiuso dopo il tracollo dei 5S e la genuflessione di FdI. Il cuore di Travaglio batte per quel giustizialismo anti-sistema, dei campi larghi o stretti in fondo gli importa pochissimo. E se quello spazio si riaprisse davvero, Giorgia Meloni sarebbe al primo posto tra gli interlocutori potenziali.