Boxe e diritti umani
Cindy Ngamba: la pugile camerunense prima medagliata nella storia del team rifugiati alle Olimpiadi
Vive e si allena in Inghilterra. Ha dichiarato la sua omosessualità, illegale nel suo Paese d'origine dov'è punita con condanne fino a 5 anni di carcere. Tornerà da Parigi con una medaglia al collo
Sport - di Redazione Web
Altro capitolo che dalle Olimpiadi di Parigi entrerà direttamente nella storia dei Giochi. Cindy Ngamba è diventata la prima atleta del Team dei Rifugiati a salire sul podio dei Giochi e a ricevere una medaglia. Pugile, la sua vittoria ai quarti le ha garantito il passaggio in semifinale e quindi in zona medaglie – nella boxe vengono premiate entrambi gli atleti perdenti che partecipano alle semifinali, non c’è una finalina. Alle Olimpiadi in Francia era stata lei a sventolare la bandiera bianca del team dei rifugiati nella cerimonia di apertura.
Ngamba ha 25 anni. È nata a Douala, in Camerun, nel 1998. Era soltanto una bambina quando è emigrata dal Camerun, a nove anni, verso la Francia con la madre Gisette e il fratello minore Kenneth. Il padre era già riuscito ad arrivare in Inghilterra, dove sarebbero arrivati anche i figli due anni dopo, a Bolton. Più volte è stata fermata, trattenuta senza documenti. Una volta fino a 48 ore in un centro rifugiati a Londra. Ha sofferto di bulimia, è stata vittima di bullismo, ha patito la depressione. Era in sovrappeso. Proprio per perdere peso aveva cominciato a fare sport. Calcio e boxe.
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Cindy Ngamba, la boxe, l’outing
Ci mise due anni per salire la prima volta sul ring, dopo allenamenti durissimi. Ha vinto il suo primo incontro a 19 anni, nel 2019 è diventata campionessa britannica, ha vinto il National amateur championship britannico in tre diverse categorie di peso. Senza nazionalità britannica non poteva competere nei tornei internazionali. A 18 anni aveva deciso di non far ritorno nel suo Paese dove il suo orientamento sessuale è considerato un reato: Ngamba è omosessuale dichiarata dopo che nel 2020 ha ottenuto lo status di rifugiata.
E pensare che appena qualche tempo fa, Brenda Biya, figlia 26enne del presidente del Camerun Paul Biya aveva postato sui social una foto in cui baciava Layyons Valença, modella brasiliana. “PS: I’m crazy about you & I want the world to know”, aveva scritto. Uno scatto clamoroso visto da un Paese in cui l’omosessualità è illegale dal 1972 e in cui dal 2016 la condanna per aver avuto rapporti con persone dello stesso sesso arriva a cinque anni di carcere con una multa dell’equivalente di 305 euro.
La squadra olimpica dei rifugiati
“Quando ho fatto domanda per i documenti avrei potuto usare la mia sessualità e fare coming out ma sono rimasta nell’ombra. Vengo da un Paese dove sono molto severi e la mentalità è diversa: ho provato a usare quindi la boxe, la scuola o la domanda per il college”, ha dichiarato in un’intervista a The Independent. La richiesta è stata respinta. È iscritta all’università di Bolton, studia criminologia. La richiesta al ministero dell’Interno della GB Boxing di iscriverla al torneo olimpico non è stata accolta.
Negli ultimi anni si è allenata con la squadra di boxe inglese a Sheffield. Ngamba gareggia nella categoria sul limite dei 75 chili. Ha battuto ai quarti la francese Davina Michel. 5-0. Risultato unanime, un match dominato. Nella semifinale di giovedì 8 agosto affronterà l’atleta panamense Atheyna Bylon. Qualora la boxe dovesse essere ammessa ai Giochi di Los Angeles nel 2028, potrebbe competere con la squadra britannica se avrà ottenuto il passaporto. Al momento ha fatto storia con il team dei rifugiati, introdotto ai Giochi di Rio de Janeiro nel 2016, che al massimo aveva ottenuto due quinti posti a Tokyo. La squadra è composta da 37 atleti ospitati da 15 Comitati Olimpici Nazionali.