L'intervista
Intervista a Chiara Gribaudo: “Costruiamo un’alleanza su contenuti, valori e ideali per vincere le politiche”
Schlein ha proposto: lavoriamo sui temi e i singoli argomenti. In questo modo le opposizioni ritrovano unità: su salario minimo, sanità, sul no alla autonomia differenziata
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Chiara Gribaudo, parlamentare, Vicepresidente del Partito democratico: Qual è il messaggio politico di fondo che viene dal voto in Gran Bretagna e in Francia?
Arrivano due messaggi distinti, anche se entrambi molto soddisfacenti. In Gran Bretagna i Labour vincono e ottengono una larghissima maggioranza per il combinato disposto di quindici anni disastrosi dei governi conservatori e di una proposta seria, progressista, sociale, ambientalista e moderna di Keir Starmer.
Dalla Francia invece ci arriva il messaggio che le destre estreme, nazionaliste, populiste, filorusse, razziste che basano la loro politica solo sull’ alimentare paure e divisioni tra i cittadini si possono battere e mettere ai margini. E a battere queste destre possono essere le forze democratiche, costituzionali e antifasciste insieme.
C’è un però. Ed è il vero filo che lega le due elezioni, quella inglese e quella francese. In entrambi i casi la vittoria a valanga dei labour e la vittoria del fronte repubblicano in Francia si basano sui rispettivi sistemi elettorali. Cioè le forze politiche non possono non tenere conto del sistema elettorale con cui si vota. Non è stato fatto dalle forze di Centro e dal Movimento 5 Stelle nel 2022 e il risultato è questo governo di destra destra che ci ha portato in un cono d’ombra della politica europea.
In una intervista al Corriere della Sera, Giorgio Gori, neo europarlamentare PD ed ex sindaco di Bergamo, ha sostenuto, riferendosi alle elezioni britanniche e al successo del Labour Party di Keir Starmer, che la sinistra vince se fa fuori i massimalismi. Siamo rimasti alla contrapposizione riformisti-massimalisti?
È un tema scivoloso questo. Perché, per esempio, non scordiamo che alle elezioni precedenti il Labour aveva preso più voti assoluti, mezzo milione in più nel 2019 e addirittura tre milioni in più nel 2017. Massimalismo può essere anche solo un’etichetta così come riformismo. Il problema sono i contenuti, il modello di società, i valori, gli ideali e poi i programmi. Intorno a questi elementi si deve costruire un’alleanza che sia in grado di vincere le prossime elezioni politiche.
Tornando alla Francia. Si dice, a ragione, che senza memoria non c’è futuro. La grande maggioranza dei francesi ha dimostrato di avercela ben viva la memoria storica. Hanno detto, come ha titolato a tutta pagina l’Unità, siamo tutti antifascisti. Non crede che questo tema in Italia sia alquanto sottovalutato o quanto meno banalizzato?
Francia e Italia hanno storie diverse, la prima è stata invasa dai nazisti, noi abbiamo inventato il fascismo. Bisogna dire con chiarezza e renderci conto che in Italia non abbiamo mai creato né una memoria condivisa né un giudizio realmente unanime sul regime fascista. In questo credo che parte dei conservatori e dei liberali in Italia hanno grosse responsabilità. Senza andare troppo indietro nel tempo almeno dalla discesa in campo di Berlusconi che “costituzionalizzò” il MSI. Aggiungo che a mio parere gli eredi del MSI hanno fatto un percorso a U. Prima la svolta di Fiuggi di Gianfranco Fini che tentò veramente di trasformare il partito da post-fascista a destra conservatrice moderna e poi quella che io ritengo una inversione di tendenza di Meloni. Oggi Fratelli d’Italia, lo abbiamo visto con le inchieste di Fanpage e non solo, è un partito che non ha problemi a tenere al proprio interno nostalgici, ammiratori di Mussolini e anche del Terzo Reich, ha contiguità con personaggi che hanno attraversato la storia del terrorismo nero del Paese. E allora per rispondere alla sua domanda direi di sì. Il fenomeno in Italia è ampiamente sottovalutato e credo che alcuni, anche nel nostro campo dovrebbero anche farsi qualche mea culpa.
Perché?
Perché quando alcuni di noi per anni ponevano il tema venivamo tacciati di essere retorici, non dimentico le discussioni surreali di pacificazioni senza aver nemmeno rivisto nei programmi scolastici obbligatori lo studio della storia del ‘900, insomma su questo tema, a me molto caro, essendo stata tra le prime antifasciste ad entrare nel comitato nazionale dell’Anpi quando ero giovane beh, brucia ancora oggi. Alcune forze politiche con cui noi potremmo costruire alleanze non ritengono che il richiamo alla costituzione antifascista sia un collante abbastanza forte per contrapporsi a questa destra e sbagliano. Se mi consente vorrei dire che probabilmente andrebbe fatta anche una riflessione sulla grande stampa di questo Paese e sul suo ruolo di sminuire il pericolo nostalgico. Ma mi rendo che sarebbe una discussione lunga, anche se credo andrebbe affrontata.
Guardando agli equilibri nel nuovo Parlamento europeo e alla partita aperta sulle nomine più importanti nelle cariche europee, anche alla luce dei risultati delle elezioni francesi, l’Italia ne esce indebolita?
L’Italia non esce indebolita. L’Italia è messa all’angolo. Meloni doveva scegliere se fare la statista e rappresentare l’Italia o fare la leader del suo partito europeo. Ha scelto la seconda strada e gli altri leader europei l’hanno accantonata nelle decisioni importanti. Ora deve decidere come votare sulla Commissione. Ma non solo: come si comporterà anche sui principali dossier che arriveranno. Questo governo si è opposto alla direttiva sull’efficientamento energetico delle case, non ha collaborato sulla riscrittura del Patto di stabilità e crescita, siamo in infrazione dolosa per la questione delle concessioni balneari, non ha ottenuto quel che voleva sul Patto per l’immigrazione. Non è una questione solo di ruoli e nomine. C’è proprio una postura politica di rapporti con la UE che Meloni non riesce a impostare. Tutto questo indebolisce il nostro Paese. E le conseguenze sono che a essere indebolite saranno poi le nostre regioni, le nostre università, le nostre imprese.
Elly Schlein ha ribadito che non deve essere più tempo di veti nella ricerca di un “campo ampio” in grado di sconfiggere le destre. Ma non c’è il rischio di un’ammucchiata senza un progetto, che non sia solo “anti”, condiviso?
Lo dico con grande rispetto per tutte le forze politiche con cui siamo in dialogo: spesso i veti che vengono messi sono più pregiudiziali che non di contenuto. Elly Schlein ha proposto un metodo: lavoriamo sui temi e sui singoli argomenti. E quando lavoriamo in questo modo le attuali opposizioni ritrovano unità: sul salario minimo, sulla sanità e le liste d’attesa, sull’opposizione alla autonomia differenziata. Se continueremo a seguire questo metodo, senza pregiudizi, sacrificando l’interesse di partito all’interesse più grande di costruire una prospettiva nuova per il Paese credo che il progetto che potrà nascere non sarà un progetto “contro” ma sarà soprattutto un progetto “per”.
A proposito di essere “contro”, portando alle più estreme conseguenze questa visione. L’attentato a Donald Trump conferma e drammatizza un’America lacerata e incattivita, dove l’avversario si trasforma in nemico e come tale va combattuto e, in casi non rari nella storia americana, abbattuto.
L’attentato di sabato all’ex Presidente Trump mi ha francamente lasciato impietrita non solo per l’attentato in sé, che condanno con ogni mezzo, ma perché mi sembra la punta di un iceberg di una estremizzazione violenta della politica della cosiddetta più grande democrazia al mondo. Sono anni che assistiamo a una escalation che dovrebbe preoccupare gli Stati Uniti ma anche noi. Attentati a politici, ai loro parenti, stragi dettate da odio razziale o politico e naturalmente l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. La radicalizzazione del confronto politico non può in alcun modo lasciare neppure uno spiraglio alla violenza. Credo che in molti debbano interrogarsi sulle responsabilità di questo progressivo imbarbarimento. Però io non posso dimenticare il ruolo che Trump ha avuto proprio nei fatti del 6 gennaio, per cui è sotto processo. Non posso dimenticare i suoi discorsi che inneggiano all’odio razziale, le sue aggressioni verbali a Kamala Harris, a Nancy Pelosi, a Hillary Clinton.
Nella società americana, e forse anche in altre parti del mondo occidentale, si evidenziano fratture sociali che vanno ricomposte. Mi pare che oggi nella politica americana, forse anche nei democratici, si faccia fatica a trovare una cura.