Il dibattito a Washington

Washington pensa di sanzionare la Corte penale internazionale: “Tribunale farsa”

Il procuratore capo della Corte penale internazionale Karim Khan «vuole demonizzare Israele» creando una «falsa simmetria tra i leader democraticamente eletti di Israele e i capi del terrorismo», così Benjamin Netanyahu, in un’intervista alla Abc

Esteri - di Umberto De Giovannangeli - 22 Maggio 2024

CONDIVIDI

Washington pensa di sanzionare la Corte penale internazionale: “Tribunale farsa”

«Nessuno è al di sopra del diritto internazionale: nessun capo di gruppi armati, nessun’autorità politica, nessun esponente degli eserciti. A prescindere dagli obiettivi che stanno perseguendo, nessuno di loro è al di sopra della legge».

Con queste parole Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International, ha commentato la richiesta di mandati d’arresto, da parte dell’Ufficio del procuratore della Corte penale internazionale, nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, del ministro della difesa israeliano Yoav Gallant e di tre leader di Hamas – Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Ismail Haniyeh – per crimini di guerra e contro l’umanità commessi in Israele e nello Stato di Palestina, nella Striscia di Gaza occupata, a partire almeno dal 7 ottobre 2023.

«Il procuratore della Corte penale internazionale ha inviato in questo modo un messaggio importante a tutte le parti in conflitto: saranno chiamate a rispondere della devastazione che hanno causato alla popolazione di Gaza e di Israele», ha aggiunto Callamard.

«Le persone sospettate di essere responsabili di crimini di diritto internazionale in Israele e nei Territori palestinesi occupati devono essere portate a processo, non importa quanto siano potenti o quale sia il loro grado», ha sottolineato Callamard.

«La richiesta dei mandati d’arresto da parte del procuratore della Corte penale internazionale rappresenta anche una grande, e da lungo tempo attesa, opportunità per porre fine a decenni d’impunità in Israele e nei Territori palestinesi occupati e per ripristinare la credibilità del sistema di giustizia internazionale nel suo complesso», ha proseguito Callamard.

Il procuratore capo della Corte penale internazionale Karim Khan «vuole demonizzare Israele» creando una «falsa simmetria tra i leader democraticamente eletti di Israele e i capi del terrorismo» e inoltre «sta gettando benzina sul fuoco dell’antisemitismo che si sta diffondendo in tutto il mondo attaccando lo Stato ebraico e facendo una grave ingiustizia alla stessa Corte internazionale».

Lo ha affermato il primo ministro Israeliano, Benjamin Netanyahu, in un’intervista alla Abc. Alla domanda se fosse preoccupato di viaggiare all’estero dopo la richiesta di arresto Netanyahu ha risposto di no.

«Non sono affatto preoccupato – ha affermato – penso che il pubblico ministero dovrebbe preoccuparsi del suo status perché sta davvero trasformando la Corte penale internazionale in un’istituzione “paria”. La gente semplicemente non lo prenderà sul serio».

«Spero che i giudici non confermino la sua richiesta perché trasformerebbero la Cpi in un tribunale farsa», ha concluso. A dar manforte, sia pure con timidi distinguo, alle dure di prese di posizione israeliane, è Washington.

«Stiamo avendo discussioni con Capitol Hill sui prossimi passi»: così la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre ha risposto a una domanda sugli sforzi dei repubblicani alla Camera per sanzionare la Corte penale internazionale dopo la richiesta di arresto nei confronti dei dirigenti israeliani per crimini di guerra a Gaza.

Intanto, dopo Al Jazeera, anche Associated Press finisce nel mirino delle autorità israeliane. Funzionari hanno sequestrato telecamera e attrezzature dell’agenzia di stampa americana con cui da Sderot trasmetteva in diretta riprese del nord di Gaza, accusandola di violare la nuova legge sulle emittenti straniere nel Paese.

«Associated Press denuncia nei termini più forti le azioni del governo israeliano», ha commentato Lauren Easton, vicepresidente delle comunicazioni aziendali, sottolineando che lo stop «non è stato basato sul contenuto della diretta, ma piuttosto su un uso abusivo da parte del governo israeliano della nuova legge sulle emittenti straniere nel Paese».

Da qui, l’esortazione alle autorità israeliane a «restituire le nostre apparecchiature e a consentirci di ripristinare immediatamente la nostra diretta in modo da poter continuare a fornire questo importante servizio giornalistico a migliaia di media in tutto il mondo». La stampa indipendente, testimone “scomodo” della mattanza di Gaza.

22 Maggio 2024

Condividi l'articolo