Il caso del cronista

Perché il giornalista Pasquale Napolitano è stato condannato a 8 mesi di carcere

Il cronista del Giornale e di Mediaset condannato per diffamazione aggravata per i suoi articoli sull’Ordine degli avvocati di Nola. Nessuna mobilitazione a difesa della libertà di stampa?

Cronaca - di Andrea Aversa

15 Maggio 2024 alle 13:30

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Giornalista condannato a 8 mesi di carcere per aver fatto il suo lavoro, la sentenza contro Pasquale Napolitano

Si parla di leggi bavaglio, di censura, di libertà di stampa e di espressione. Quando poi dalle chiacchiere si passa ai fatti, ci si rende conto di come la realtà sia ben diversa rispetto a quella confezionata da gran parte dei politici e dai numerosi colleghi, pronti a difendere la categoria soltanto per opportunismo.

Ed ecco che parlando informazione e giustizia, ci siamo trovati di fronte ad una notizia clamorosa: Pasquale Napolitano, giornalista del Giornale e di Quarta Repubblica (Mediaset), è stato condannato a 8 mesi di carcere e a sborsare un totale di 6.500 euro tra multe e risarcimenti.

Il collega ha avuto il merito di far emergere alcune criticità in seno all’Ordine degli Avvocati di Nola. Ed un giudice monocratico del Tribunale della località vesuviana in provincia di Napoli, lo ha dichiarato colpevole di diffamazione. Reato aggravato, secondo la sentenza, dal fatto che Napolitano ha pubblicato sui social l’articolo incriminato.

Peccato che il giornalista all’epoca scriveva per una testata giornalistica online che vive e sopravvive grazie al web. Andando a leggere gli articoli scritti dal collega sul sito Anteprima24, sono emersi di certo ironia e provocazione ma anche l’estrema correttezza professionale con la quale è stata riportata la notizia. Correttezza che ha spinto Napolitano a dare voce alla parte da lui offesa, ovvero ad alcuni consiglieri dell’Ordine e al loro Presidente. Tuttavia, ciò non è bastato.

Nonostante la pena inflitta sia stata sospesa perché il giornalista è incensurato e nonostante quest’ultimo combatterà fino alla fine con gli strumenti a lui concessi dalla legge, resta il fatto che con questa sentenza si è scritto un nuovo capitolo di quel libro che racconta quale sia il rapporto tra i media e la giustizia. A questa parte potremmo dare un nome molto semplice, chiaro e diretto: ‘Vergogna’.

Come è vergognoso il fatto che la politica sia ancora succube del potere giudiziario e sia incapace di riformare la giustizia. Così come è vergognoso che la maggior parte della stampa abbia nelle procure le proprie uniche fonti. Ed è vergognoso sfruttare il garantismo a proprio uso e consumo. E come abbiamo scritto sull’Unità qualche giorno fa, “la libertà di stampa in Italia c’è, sono i giornalisti a non volerla usare”. Si potrebbe iniziare a difenderla partendo proprio dalla ‘vicenda-Napolitano’.

15 Maggio 2024

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