L'inchiesta
Manifestazione di Pisa, per le manganellate 15 poliziotti a rischio indagine: studenti verso la causa collettiva
Cronaca - di Redazione
Una intera squadra del Reparto mobile di Pisa potrebbe finire sotto inchiesta per le manganellate agli studenti venerdì scorso nel cuore della città, in occasione della manifestazione pro Palestina. Sarebbero una quindicina i poliziotti, compreso il capo squadra e uno dei responsabili dell’ordine pubblico incaricato della sorveglianza della piazza, sui quali si concentra l’attenzione degli inquirenti.
A rivelarlo oggi è il Corriere della Sera dopo che domenica la Questura di Pisa ha inviato un’informativa su quanto accaduto venerdì, dove è andata in scena una repressione violenta del dissenso, con i ragazzini, moltissimi minorenni, pestati in maniera indiscriminata in un vicolo che da piazza Dante porta a piazza dei Cavalieri.
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Attualmente il fascicolo d’indagine è aperto ma senza ipotesi di reato e contro ignoti, ma le prime iscrizioni potrebbero arrivate già oggi. Al vaglio ci sono anche le immagini girate dalla polizia scientifica della manifestazione degli studenti, ma finiranno sotto la lente degli investigatori anche i video circolati sui social e quelli registrati e acquisiti dai docenti del liceo dove si sono verificati gli scontri.
La causa collettiva degli studenti
Anche gli studenti preparano la loro “controffensiva”. In particolare l’avvocato Andrea Callaioli si è detto pronto a denunce dei genitori dei ragazzi minorenni rimasti feriti per avviare un’azione legale comune e collettiva.
Parlando con Repubblica Monica, madre di un 16enne rimasto ferito negli scontri, spiega che il ragazzo “ha preso botte in testa, alla spalla, alla schiena, alle gambe. Gli hanno dato cinque giorni per contusioni multiple. È ancora sotto shock. Vediamo se torna a scuola. Comunque ci vuole provare”.
“Era nel gruppo con gli altri. Nel video della carica più diffuso si sente urlare: ‘Corri Andrea, corri’ – aggiunge – Ecco, Andrea è lui“. La madre del 16enne spiega che la famiglia farà causa, perché “questa è una cosa che non può passare sotto silenzio. Ogni volta che guardo quel video piango ancora. Io ho parlato con le famiglie che si trovavano in ospedale e sono tutte della stessa idea. Bisogna individuare i colpevoli, non c’erano motivi per agire così. Era una manifestazione pacifica, l’unica colpa dei ragazzi la mancata autorizzazione. Ma quello che hanno subito è troppo”.
“Mio figlio – dice ancora Monica – partecipa alle manifestazioni da quando va in prima. Ha iniziato con quelle per l’ambiente. Non è mai successo nulla. A me delle scuse importa fino a un certo punto. Voglio che queste cose non succedano più. Un’amica di mio figlio è rimasta in osservazione per un trauma cranico, un altro è stato colpito all’addome e aveva sangue nelle urine, si temeva un’emorragia interna. Stiamo parlando di ragazzini, li hanno curati in pediatria“.