I valzer del governo

Torna l’asse giallo-verde: Lega e M5S si avvicinano e fanno tremare Meloni e Schlein

Dai migranti al no alle armi, l’asse gialloverde riappare nelle cronache. Magari non succede. Ma se succede addio ai sogni di premierato di Meloni

Politica - di David Romoli

26 Gennaio 2024 alle 14:00

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Torna l’asse giallo-verde: Lega e M5S si avvicinano e fanno tremare Meloni e Schlein

Quando mercoledì al Senato la Lega ha presentato il suo odg sull’Ucraina, che nella prima versione chiedeva la fine degli aiuti militari all’Ucraina e che il M5s era pronto a votare, la maggioranza ha tremato ma nel Pd non si sono affatto fregati le mani.

Il centrodestra si sarebbe spaccato, certo, evocando però una minaccia ben più temibile, il ritorno dell’alleanza gialloverde, quella del primo governo Conte. La Lega ha poi accettato di rimaneggiare l’odg svuotandolo di ogni contenuto dinamitardo, i 5S invece di votare sono usciti dall’aula, la maggioranza tutta lo ha sostenuto confermandosi compatta. Ma il sospiro di sollievo è stato solo a metà: la Lega voleva lanciare un segnale preciso e ci è riuscita perfettamente.

Si ragiona quasi di fantapolitica, certo, ma la fantapolitica in Italia non è mai troppo distante dalla realtà ed è un fatto che la resurrezione dell’asse Lega-M5S sarebbe il solo elemento in grado di terremotare il quadro politico italiano, a maggior ragione se passasse il premierato di Giorgia.

I poli in campo sarebbero tre: l’ingovernabilità già sperimentata negli anni di fulgore dei 5S sarebbe garantita. Con il premierato non andrebbe meglio: per accedere al premio di maggioranza che porterebbe il vincitore al 55% sarà comunque necessario fissare una soglia per evitare che scatti un premio mostruoso, nell’ordine del 20-30%.

Con tre poli in campo quella soglia non la raggiungerebbe nessuno e il premier direttamente eletto invece di un Parlamento sedato e obbediente dovrebbe vedersela con un Vietnam. Un polo gialloverde avrebbe inoltre buone possibilità di battere il centrosinistra, affermandosi come principale alternativa al centrodestra di Meloni e se il candidato in campo fosse Conte, a tutt’oggi l’unico leader italiano che compete con la premier in termini di popolarità persino quella partita sarebbe aperta.

In breve: tutte le mappe della politica italiana, quelle attuali ma anche quelle prevedibili, andrebbero ridisegnate. Gli estremi per tornare al fidanzamento bruscamente interrotto nel 2019 in realtà non ci sono, però alcuni elementi forti di contatto sono vistosi. Lega e M5S condividono in buona parte la politica estera, in particolare per quanto riguarda l’Ucraina.

Nutrono una diffidenza e a volte un’ostilità molto simili nei confronti dell’Unione europea e non sono distantissimi sul fronte dell’immigrazione. La crociata della Lega contro il rdc, cavallo di battaglia dei 5S, non è insuperabile: in fondo quel reddito di cittadinanza Salvini e Conte lo avevano varato insieme.

D’altro lato la distanza, anche in politica estera è abissale se dal fronte ucraino ci si sposta su quello mediorientale e soprattutto la Lega del 2024 non è quella del 2018, che mirava a superare il dna nordico per allargarsi nel meridione.

Fallita quell’impresa la Lega è tornata alle radici nordiche mentre i 5S, dopo la fase nella quale come partito d’opinione e antisistema, erano ugualmente presenti sull’intero territorio nazionale si configurano ora come partito che rappresenta soprattutto gli interessi del Sud.

Infine, un nuovo giro di valzer potrebbe essere troppo persino per Conte. Ma se gli ostacoli non mancano e sono di prima grandezza, la spinta dell’interesse opportunistico non va mai sottovalutata. Il bipolarismo di fatto rende entrambi i partiti ostaggi, sia pure a livelli diversi, dei due partiti rispettivamente alleati. Salvini paga la mancanza di un “secondo forno” con le continue rese alle imposizioni della partner più forte.

Il no al terzo mandato per i governatori confermato ieri dalla premier, di fatto un’ipoteca dei tricolori sulla roccaforte leghista del Veneto, è solo l’ultima batosta che Salvini subisce senza alcuna possibilità di reagire. Conte, che pure gode comunque di una maggiore contrattualità nei rapporti con il Pd, non ha alcuna possibilità di strappare a Elly la candidatura a premier, sia che passi o che venga bocciato il premierato, a meno che il suo M5S non riesca a superare le percentuali il Pd.

Ma in quel caso sarebbe probabilmente il Nazareno a non reggere un’alleanza trainata dai 5S. Almeno sul piano della tattica e della necessità di acquisire peso contrattuale all’interno dei rispettivi poli, Conte e Salvini hanno dunque tutto l’interesse a far balenare la possibilità di un ritorno di fiamma, se non subito almeno dopo le prossime europee.

Ma una volta aperto lo squarcio, sia pure in funzione solo tattica e contrattuale, tutto potrebbe diventare possibile. Soprattutto se in un futuro vicino la politica estera e i venti di guerra prevarranno su ogni altro tema come fattore centrale delle opzioni politiche.

26 Gennaio 2024

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