La rubrica
Che fanno le sinistre? L’arretramento culturale dell’alternanza quando serve l’alternativa
Anche grazie a quella “sinistra” stanno prevalendo, soprattutto in Occidente, pulsioni di destra, conservatrici e restauratrici. Molto pericolose: perché la prepotenza vira quasi sempre verso la guerra.
Editoriali - di Mario Capanna
La maggior parte della gente morirebbe piuttosto che pensare, e molti fanno proprio così. (B. Russell)
Che fanno le “sinistre” (ci si chiedeva nel precedente Sottosopra) di fronte al rischio dell’uomo, o della donna, forte al comando? Pensano, nella migliore delle ipotesi, all’alternanza: sostituire la destra al governo, il massimo concepito da Elly Schlein. Ovvero: condannarsi a fare la stessa politica, sebbene colorata in modo lievemente diverso.
Controprova: i salari sono fermi da tre decenni, durante i quali si sono succeduti governi di varia cromatura (centrodestra, centrosinistra, tecnici) e il risultato è stato identico. La battaglia sul salario minimo viene presentata come una grande idea. Nove euro all’ora che, netti, diventano sei. Ma si può vivere così? E’ la prova che il “riformismo”, in tempi in cui il profitto dilaga, è semplicemente la foglia di fico stesa a coprire la società dell’1 per cento dominante.
Tale è l’arretramento culturale delle “sinistre” che non riescono più nemmeno a concepire l’idea di alternativa rispetto allo stato presente delle cose. Ho ricordato su queste colonne il monito imperativo dei 2500 scienziati che hanno redatto nel 2007, per conto dell’Onu, il rapporto sui mutamenti climatici.
Non si arrestano questi – e il modo capitalistico di produrre e consumare che li ha generati – senza le tre condizioni indispensabili da loro raccomandate: la rivoluzione delle coscienze, la rivoluzione dell’economia, la rivoluzione dell’azione politica.
Una “sinistra”, che non si propone il superamento del profitto onnivoro, sostituendolo con l’onesto guadagno che eviti lo sfruttamento (dell’uomo e dell’ecosistema); che non lavori per sostituire la paralisi dell’Onu con un Parlamento Mondiale eletto da tutti i popoli, in grado di rendere tabù la guerra; che non indichi l’obiettivo della riduzione delle spese militari, anziché aumentarle al 2 per cento del Pil; che, al posto di incrementare la delega, non si impegni a suscitare grandi movimenti di massa trasformatori, è una “sinistra” che non ha più niente di valido da dire, ed è la storia che si incarica di chiuderne la bottega.
Anche grazie a quella “sinistra” stanno prevalendo, soprattutto in Occidente, pulsioni di destra, conservatrici e restauratrici. Molto pericolose: perché la prepotenza vira quasi sempre verso la guerra. Occorre dare vita alla sinistra del XXI secolo, quanto mai necessaria.
Per costruirla è indispensabile l’insorgere di grandi sommovimenti dal basso, che si sollevino ad affrontare le emergenze più urgenti del mondo. Sento già l’obiezione del rassegnato di “sinistra”: campa cavallo! Costui è il miglior garante dello status quo. Non lo sfiora la speranza consapevole che la storia può riservare svolte improvvise. Esempio: il Sessantotto non l’aveva previsto nessuno.