Il dibattito sui femminicidi
Il pinkwashing di Giorgia Meloni presidente
Il patriarcato cerca ancora di resistere e colpire, ammaccato magari, ma anche per questo rancoroso e sanguinario.
Editoriali - di Tamar Pitch
L’antropologa argentina Rita Segato dice che c’è una guerra contro le donne, e se ci guardiamo in giro per il mondo è difficile darle torto. Perfino in Europa, anzi nell’UE!, sono al governo o avanzano forze politiche con chiare intenzioni, diciamo così, revansciste, se non proprio vendicative nei confronti delle donne e delle loro libertà: Polonia e Ungheria sono le avanguardie di schiere ringhiose che inneggiano a Dio Patria Famiglia, cancellano la possibilità di abortire, denunciano immaginarie ideologie gender e guardano con nostalgia ai bei tempi in cui le donne facevano gli angeli del focolare.
Insomma, cercano in tutti i modi di restaurare quell’ordine politico, simbolico, culturale che chiamiamo patriarcato, minacciato e messo in crisi dalla diserzione e dalla derisione delle donne. Del resto le donne sono, nell’immaginario maschile, le custodi della continuità con il passato, dunque la tradizione, e le portatrici del futuro.
Per questo, oltre che riportarle all’ovile, è necessario che non vengano “contaminate” da chi non è come “noi”, gli stranieri, i migranti, tutti quelli che vogliono la “sostituzione etnica”. La “nazione”, il “sangue e suolo” sono metafore costitutivamente nemiche delle donne, poggiando la loro eventuale realizzazione sulla loro sottomissione.
Dunque, la prima volta di un presidente del consiglio donna che utilizza queste retoriche non migliora certo le cose, semmai per certi versi le aggrava attraverso ciò che chiamiamo pinkwashing .
Il nostro passato recente si è mosso tra il celodurismo di bossiana memoria e le cene eleganti berlusconiane, il presente vede il grande successo del libro di un generale apertamente misogino e omofobo, e dunque no, il patriarcato cerca ancora di resistere e colpire, ammaccato magari, ma anche per questo (vedi su queste pagine Dominijanni e Boccia) rancoroso e sanguinario.
Un presidente del consiglio donna non infrange alcun tetto di cristallo, se si muove, parla e lascia parlare i suoi come un qualsiasi portavoce della necessità, per la salvezza della “nazione”, del dominio di maschi autonominatisi alfa. Con adeguato corredo di metafore, posture e politiche belliciste.
Ai tempi a noi, ragazze emancipate, la parità di genere (che sulla carta già c’era) non interessava proprio, anzi: non volevamo metà della torta, non volevamo condividere quel tipo di potere, certo non volevamo diventare come i maschi, ce ne infischiavamo dei tetti di cristallo.
Volevamo viceversa una torta del tutto nuova, dove poter vivere, desiderare, cambiare con libertà e agio, e agio e libertà (anche dal bisogno) fossero condivisi da tutti e tutte. Certo, non siamo più nella situazione descritta da Cortellesi.
Grazie alle molte che sono venute prima di noi (le partigiane, le donne della Costituzione, ecc.), grazie a 50 anni di femminismo nonché all’avvento della pillola anticoncezionale, ossia alla possibilità di gestire autonomamente la nostra capacità riproduttiva, il dominio maschile è mutato e si è incrinato.
Però schegge di inconscio “patriarcale”, per via di un lunghissimo passato che non è del tutto passato, resistono anche dentro noi donne, soprattutto in quelle di noi che non hanno fatto esperienza di autocoscienza, figuriamoci nei maschi, che di quella esperienza poco o niente sanno e perlopiù cercano semmai di adattarsi ai nostri mutamenti.
L’Italia è uno dei paesi più sicuri del mondo, con il tasso di omicidi tra i più bassi e in costante diminuzione. Ma non diminuisce il tasso di femminicidi e a chi dice che, però, bisogna considerare la complessità delle relazioni e le fragilità individuali, risponderei: vero, ma perché a fronte di questa complessità e fragilità sono gli uomini che ammazzano le donne e non viceversa?