Parla l'ex segretario Cgil

Intervista a Sergio Cofferati: “Femminicidi, lavoro e sanità: tante lotte per i diritti”

«Le manifestazioni di queste settimane, in particolare quella oceanica contro la violenza sulle donne, hanno messo in luce la necessità di costruire una rete di diritti, individuali e collettivi. È questo che rende tale una democrazia»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

1 Dicembre 2023 alle 13:00

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Sergio Cofferati
Sergio Cofferati

Una vita nel sindacato, nella Cgil, della quale è stato Segretario generale dal giugno 1994 al settembre 2002. E poi una esperienza da primo cittadino di una città importante come Bologna, di cui è stato sindaco dal giugno 2004 al giugno 2009. E poi europarlamentare dal giugno 2009 al 1° luglio 2019. L’esperienza e il rinnovato impegno in politica di Sergio Cofferati si rispecchiano in questa intervista a tutto campo

Due grandi manifestazioni nel giro di un mese o poco più: quella della Cgil, e quella, oceanica di sabato scorso a Roma delle donne. Che segnale politico danno queste iniziative?
Intanto è evidente che hanno un filo comune, sia pure su temi molto diversi tra di loro. Il filo comune è quello dei diritti. Ci sono milioni di persone private di diritti fondamentali che riguardano la loro vita e protestano perché vogliono dare visibilità a questa mancanza e chiedono, contemporaneamente, azioni legislative, economiche, sociali, in grado di assicurare loro per il futuro il rispetto di questi diritti.
La costruzione di una rete di diritti è indispensabile, certo complessa e delicata, soprattutto quella messa in evidenza dalla manifestazione di centinaia e centinaia di migliaia di persone sul tema del rispetto dei diritti delle donne: da quello, più visibile e drammatico, dell’incolumità nella vita a quelli della conoscenza e dello sviluppo di relazioni, in un sistema complesso come quello di una società moderna, nel quale a nessuno venga negata la possibilità di vivere adeguatamente, sia sul piano materiale che su quello sociale.

Rispetto a queste rivendicazioni di diritti di piazze sempre più animate, determinate, partecipate, la sinistra, intesa come forze politiche, è all’altezza, anche in termini di rappresentanza?
La sinistra in tutta evidenza ha delle difficoltà. Lo si è visto nel corso degli ultimi anni ed è chiamata a dare corpo ad azioni di carattere istituzionale, legislativo e politico che rispondano positivamente a queste domande, a queste sollecitazioni. Non si risolve tutto allo stesso modo. Il campo di azione è molto vasto, con terreni diversi tra di loro.

Vale a dire?
Ci sono delle leggi da fare, ci sono dei comportamenti da promuovere, da sollecitare e incentivare, ci sono problemi di organizzazione sociale che competono alla sinistra. Ce ne sono tanti di esempi che si possono fare. C’è bisogno di una vita adeguata, il che comporta il riconoscimento del valore, anche materiale, del lavoro che fai, ma, contemporaneamente, devi avere delle leggi che garantiscano la possibilità di esercitare rappresentanza nei luoghi di lavoro e di trarne i vantaggi conseguenti. Così come è molto importante, e non sufficientemente considerato nel corso degli ultimi anni, mettere al centro dell’iniziativa politica e legislativa della sinistra, due beni primari: sanità e scuola. Due beni da difendere con le unghie e con i denti, beni comuni, prim’ancora che diritti.

Andiamo con ordine. La sanità.
C’è una evidentissima crisi del sistema sanitario. Evidenziata drammaticamente dal Covid ma che non riguarda soltanto il Covid e malattie similari. Il sistema sanitario nazionale è in sofferenza, perché i tempi d’intervento, la qualità d’intervento e la prevenzione, hanno dimostrato di non essere adeguati. Servono leggi che garantiscano l’efficacia dell’azione su questi temi. Temi che peraltro portano, non soltanto quello della sanità, alla scuola.

Altro tema cruciale.
Oggi siamo tornati a parlare di scuola da un versante che era ignorato: quello dell’usare la scuola per promuovere un rapporto positivo tra i sessi. Il rispetto reciproco. Esattamente come va usata la scuola per dare qualità ad azioni che sono indispensabili per garantire una giusta vita sociale, come, per l’appunto, il conoscere le malattie, di anticiparle. E qui torniamo alla sanità, in un intreccio che fatica ad essere percepito come tale anche a sinistra. Se parliamo di sanità, non si può prescindere dall’aspetto organizzativo. Dobbiamo parlare di materiali e di una costante innovazione nella ricerca di farmaci e degli strumenti per anticipare, prevenire, perché è sempre decisivo agire prima, e in ogni caso per ridurre o meglio ancora cancellare gli effetti negativi quando non c’è stata la prevenzione. E poi quello che appare evidente nelle vicende drammatiche dei femminicidi di questi ultimi tempi, è che non c’è nulla che stimoli il comportamento positivo, che lo renda normale. Un problema di cui si deve parlare e lo si deve fare con cognizione, senso di responsabilità e rispetto per chi di questo fenomeno crescente è rimasta vittima, spesso con la vita. Tutto s’intreccia, anche qui. Nei luoghi di apprendimento e nei comportamenti che si dovrebbero tenere in quei luoghi, non s’intravvedono azioni coerenti con la soluzione del problema.

Un allarme generale, troppo spesso sottovalutato o ridotto a cronaca nera.
La somma di questi effetti negativi che si sono registrati nel corso degli ultimi tempi, non solo è inquietante ma la dice lunga sulle deficienze del nostro sistema di relazione, che vanno dal lavoro e da come è organizzato alla società e da come è organizzata. E riguarda le persone, donne e uomini, sia quando lavorano sia quando vivono il loro tempo libero. Il rispetto tra generi riguarda anche, e tanto, il mondo del lavoro.

Nelle nostre precedenti conversazioni, abbiamo spesso ragionato sull’importanza, per una sinistra che non giochi di rimessa, di avere una visione globale sulle relazioni umane, sociali e anche internazionali. Noi viviamo in un momento drammatico: la guerra in Ucraina che si protrae da quasi due anni, ed ora la guerra in Medioriente, la tragedia di Gaza. Perché questa sensibilità sui tempi della pace e dei diritti dei popoli, che un tempo era nel Dna della sinistra, è venuta meno o comunque si è di molto affievolita?
Ci sono elementi degenerativi nei comportamenti delle istituzioni, degli Stati, delle rappresentanze politiche ma anche, e questo troppo spesso viene colpevolmente sottaciuto, delle rappresentanze economiche. Quando si cerca il profitto prescindendo dal rispetto dell’ambiente e dal rispetto delle persone si possono determinare guai consistenti. Anche su questo, credo che sia molto importante partire dalla questione dei diritti che rende la democrazia tale. La democrazia dei diritti. Delle persone, di genere, di popolo. E’ giusto rispondere per difendere un proprio diritto ma è altrettanto importante che la comunità, un minuto dopo, sia in grado di promuovere la ricerca della pace. Se stai fermo, se non agisci su quel terreno, difficilissimo, oggettivamente rafforzi l’idea del conflitto, come unica strada, mentre noi dovremmo lavorare, e la sinistra dovrebbe essere capofila in questo, per la ricerca del rispetto dei diritti individuali e collettivi che rafforzano la democrazia.
Davanti agli occhi abbiamo l’Ucraina e Gaza, ma c’è anche altro nel mondo, a partire dalle guerre “dimenticate” e da Paesi i cui regimi reprimono nel sangue ogni istanza di democrazia e di rivendicazione di diritti. La crescita di situazioni in cui la gente muore perché non c’è democrazia e non c’è rispetto è davvero molto inquietante. Io penso che la sinistra dovrebbe fare tutto ciò che serve e tutto ciò che è in grado di mettere in campo, perché questo “clima” mefitico cambi, perché ci sia almeno un tentativo di promuovere relazioni tra le persone che vivono nel mondo, basate sul rispetto reciproco e sulla pratica costante, quotidiana, delle regole democratiche. Bisogna agire anche su comportamenti che magari vengono liquidati come piccole cose, si dice vabbè è poca roba. No, non è così. Perché quella poca roba finisce per diventare esempio negativo, cresce e produce conseguenze che poi piccole non sono affatto. Il tema della pace e della democrazia avrebbe bisogno di una comunicazione, di un’azione quotidiana più consistente di quella che è stata praticata.

C’è una emergenza culturale, prim’ancora che politica e sociale, interna e internazionale. Quella per cui l’avversario viene trasformato in “Nemico” assoluto. E un nemico si abbatte con ogni mezzo.
Sì, è vero. Quando il confronto c’è, anche quando è aspro ma è confronto, la ricerca della soluzione risulta più semplice e comunque non produce danni. Ma se tutte le volte che c’è un contenzioso, la tua controparte da interlocutore diventa avversario e poi nemico, non ne esci più. Torniamo al punto di partenza di questa conversazione. C’è un evidente deficit di cultura. Considerare chi non ha la tua opinione, sempre, a volte addirittura a prescindere, come un nemico, è disastroso.

Dopo diverso tempo, ha scelto di investire nuovamente nel Pd. Con quale spirito?
Ho detto e ripeto che non voglio incarichi. La mia parte l’ho fatta. Vedo che c’è, per fortuna, la presenza di molti giovani, che hanno voglia, che sono seriamente intenzionati. Vorrei semplicemente aiutarli, in virtù del fatto che avendo qualche anno alle spalle, posso aiutarli a conoscere. Offrire delle esperienze sulle quali riflettere. La conoscenza è molto importante. I gruppi dirigenti più giovani la cosa che non hanno, per ragioni fisiologiche, anagrafiche, è l’esperienza. Se qualcuno mette a disposizione la conoscenza che deriva dalla propria esperienza, può essere qualcosa di utile. Io questo vorrei fare.

 

1 Dicembre 2023

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