L'iniziativa
Chi era Armita Garavand, la 16enne picchiata a morte perché non indossava il velo
"La veglia è per Armita, come per Masha, per l’attivista Nasrin Sotoudeh picchiata durante i funerali di Armita, in altre parole per i perseguitati da oltre quarant’anni dal regime sanguinario dei Mullah".
Nessuno tocchi Caino ha organizzato ieri davanti l’ambasciata iraniana a Roma una veglia per Armita e per un cambio di regime in Iran.
«All’iniziativa hanno aderito esponenti di varie forze politiche, da Giulio Maria Terzi, Presidente Commissione affari europei e del Global Committe for the Rule of Law Marco Pannella a Marco Scurria della delegazione parlamentare al Consiglio d’Europa, da Andrea Casu a Emanuele Pozzolo, da Renata Polverini a Gennaro Migliore, Riccardo Pacifici ed Ester Mieli, insieme a militanti dei diritti umani e della resistenza iraniana», fa sapere l’associazione.
«Abbiamo deciso di ritrovarci davanti l’ambasciata iraniana dopo l’orrida e insopportabile notizia della morte di Armita Garavand, la ragazza iraniana di 16 anni deceduta dopo quasi un mese di coma per le percosse subite dalle forze dell’ordine a Teheran perché non indossava il velo, analogamente a quanto accaduto circa un anno fa a Mahsa Amini. La veglia è dunque per Armita, come per Masha, per l’attivista Nasrin Sotoudeh picchiata durante i funerali di Armita, per tutti coloro che sono stati arrestati durante questa commemorazione funebre, in altre parole per i perseguitati da oltre quarant’anni dal regime sanguinario dei Mullah».
«Con questa iniziativa – hanno dichiarato i dirigenti di Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini, Sergio d’Elia ed Elisabetta Zamparutti, rispettivamente Presidente, Segretario e Tesoriera – denunciamo la natura mortifera e misogina del regime iraniano, principale elemento di destabilizzazione in Medio Oriente e minaccia alla pace e alla sicurezza mondiale, perché in guerra, da oltre 40 anni, con il suo stesso popolo che reprime con esecuzioni capitali giunte ad oltre 644 quest’anno, torture e trattamenti inumani e degradanti e ribadiamo la necessità e l’urgenza di un cambio di regime».