La misura nella Manovra
Pignoramenti sprint, il governo Meloni si dimentica del “fisco amico”: lo Stato metterà le mani nei conti correnti di chi ha debiti
Economia - di Redazione
Fisco amico, ma fino ad un certo punto. La promessa elettorale di Giorgia Meloni ed alleati, ribadita sin dalle dichiarazioni programmatiche fatte in Parlamento il 25 ottobre dello scorso anno, si scontrano con la realtà dei fatti, ovvero la Manovra.
È nella legge di bilancio che infatti fa capolino la possibilità per l’Agenzia delle entrare di aprirsi le porte, in totale autonomia, nei conti correnti bancari degli italiani: il tutto per effettuare facilmente pignoramenti e saldare in maniera rapida i debiti dei contribuenti morosi col fisco, senza dover più chiedere alle banche informazioni relative all’esistenza o meno di giacenze e saldi aggredibili e dover seguire una trafila lenta quanto complessa.
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La possibilità è prevista dall’articolo 23 della nuova legge di bilancio nell’ambito delle misure per contrastare la lotta all’evasione. Il pignoramento dei conti correnti esiste già con l’attuale normativa fiscale, ma la Manovra firmata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti renderà la procedura più veloce, consentendo all’Agenzia delle entrate di verificare direttamente le disponibilità dei depositi in banca.
A spiegare come funziona il meccanismo è l’Ansa. Oggi il pignoramento arriva dopo un serie di passaggi in cui l’agente della riscossione, verificato il mancato pagamento di una tassa, chiede al contribuente di sanare la propria posizione: l’invio della cartella e dei successivi solleciti se il cittadino non risponde con il pagamento a nessuna delle richieste. A distanza di un anno dalla cartella, il pignoramento è preceduto anche dall’avviso di intimazione. Da quel momento il contribuente che ha il debito con il fisco ha 5 giorni di tempo per effettuare il versamento, con la possibilità di chiedere la rateizzazione delle somme dovute. Se il contribuente evade anche in questi casi, l’agente della Riscossione oggi può già vedere se e dove il cittadino ha dei conti correnti e si rivolge alla banca o alle banche, in caso di più conti aperti. Gli istituti hanno 60 giorni di tempo per rispondere. Il pignoramento esclude l’ultimo stipendio che resta come limite per assicurare le necessità del debitore.
Quello che l’Agenzia delle entrate potrà vedere in futuro è quanto è depositato nei conti correnti bancari, quindi verificare se esistono le somme per consentire al contribuente di mettersi in regola col fisco. Se la bozza della Manovra verrà confermata, l’agente (avvisando ovviamente la banca ed entro 30 giorni anche il debitore) potrà andare a colpo sicuro e “senza indugio”, come recita la norma, a prelevare l’intera somma dovuta là dove ce n’è disponibilità.
Un esempio arriva da Repubblica: se un contribuente ha 10mila euro di debito col fisco e un solo conto corrente in attivo per 15mila euro, potrà effettuare prelievi, o pagamenti di spese addebitate direttamente solo per 5mila euro, mentre i 10mila saranno “congelati” in attesa che la banca li versi allo Stato. Se invece il debitore ha due conti correnti e un conto carta, e in nessuno di questi ci sono disponibilità aggiuntive oltre i 10mila euro dovuti al fisco, si vedrà bloccare tutti e tre i conti e non potrà fare prelievi né pagamenti, in attesa che uno dei tre intermediari comunichi al fisco che salderà il debito. Una volta ricevuta la prima comunicazione l’agente della riscossione sblocca gli altri conti.
La misura comunque non sarà immediatamente sicura: per procedere è previsto che le soluzioni tecniche di “cooperazione applicativa” vengano definite sentendo l’Associazione bancaria italiana, Poste Italiane e l’Associazione italiana dei prestatori servizi di pagamento e quindi il Garante per la protezione dei dati personali. Una “seconda” bozza della Manovra “per esigenze di massima tutela del debitore” prevede che l’intervento diretto sui conti correnti non si applica se il debito col fisco è inferiore a mille euro.
Durissima la presa di posizione sul tema da Unimpresa, che col consigliere nazionale Manlio La Duca sottolinea come il pignoramento veloce dei conti correnti da parte del fisco “mette in seria difficoltà, stangandole, le partite Iva e le micro, piccole e medie imprese italiane. Il rischio concreto è che l’accesso immediato dell’amministrazione finanziaria alle disponibilità liquide in banca privi professionisti e piccoli imprenditori di risorse importanti per la gestione ordinaria delle loro attività. Tale impostazione stride “rumorosamente” con la revisione dello Statuto del contribuente che lo stesso governo ha delineato e annunciato con i decreti delegati della complessa riforma fiscale. La riscossione delle imposte non versate regolarmente va senza dubbio migliorata, ma non può diventare un atto di esproprio a danno della collettività e del sistema Paese“.
Ma il messaggio più allarmante, in particolare per la tenuta dell’esecutivo, arriva in realtà dalla Lega, che pure esprime il ministro dell’Economia Giorgetti. Il vicesegretario del Carroccio, Andrea Crippa, spiega in Transatlantico alla Camera che “andare a fare i prelievi forzosi nei conti correnti non è nei nostri valori e nei nostri principi. Salvini parla di pace fiscale…“.