La débacle dell'ex procuratore

Santoro batte Scarpinato, il pentito Avola non è inattendibile

Una sconfessione clamorosa per l’ex procuratore generale di Palermo che ha sempre considerato Avola un “depistatore” manovrato da entità non meglio indicate, e il giornalista Michele Santoro, una specie di “utile idiota” alla causa del depistaggio.

Giustizia - di Paolo Comi

24 Ottobre 2023 alle 16:30 - Ultimo agg. 24 Ottobre 2023 alle 17:49

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Santoro batte Scarpinato, il pentito Avola non è inattendibile

Débacle la scorsa settimana per Roberto Scarpinato: il giudice del tribunale di Caltanissetta Santi Bologna ha ordinato alla Procura nissena di proseguire le indagini sulle dichiarazioni dell’ex collaboratore di giustizia Maurizio Avola a proposito della strage di via D’Amelio dove perse la vita Paolo Borsellino.

Una sconfessione clamorosa per l’ex procuratore generale di Palermo ed ora senatore pentastellato che ha sempre considerato Avola un “depistatore” manovrato da entità non meglio indicate, e il giornalista Michele Santoro, che insieme a Guido Ruotolo aveva raccontato nel 2021 la sua testimonianza nel libro Nient’altro che la verità, una specie di “utile idiota” alla causa del depistaggio. Avola, nato a Catania nel 1961, era stato un killer molto spietato: a 22 anni il primo omicidio e l’affiliazione a Cosa Nostra.

Arrestato nel 1994, era divenuto collaboratore di giustizia, probabilmente dopo aver scoperto che avevano deciso di ucciderlo, contribuendo con le sue dichiarazioni alla condanna di un centinaio di mafiosi. “Sono l’ultima persona che ha visto lo sguardo di Paolo Borsellino, prima di dare il segnale per fare quella maledetta esplosione”, aveva raccontato a Santoro, scatenando così la reazione dei pm di Palermo, ad iniziare proprio da Scarpinato.

Dalle indagini, infatti, non era mai emersa la presenza di Avola a Palermo il giorno della strage di via D’Amelio ed il pentito Gaspare Spatuzza, teste chiave del nuovo processo dopo la revisione di quello nato dalle dichiarazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino, non lo aveva mai indicato sul luogo dell’attentato, in particolare nel garage dove era nascosta la Fiat 126 imbottita di esplosivo. Spatuzza parlò genericamente della presenza di una persona estranea, e subito si ipotizzò che potesse essere un agente dei Servizi.

All’epoca della strage, va detto, Spatuzza non era però ancora un uomo d’onore e per cui non avrebbe potuto conoscere tutti gli appartenenti a Cosa nostra. Avola, che aveva invece riferito che quella persona potesse essere lui, era finito nel registro degli indagati della Procura di Caltanissetta per il reato di calunnia.L’analisi delle sue dichiarazioni, oltre ad essere certamente non veritiere, possono essere eterodirette da soggetti non identificati interessati a porre in essere l’ennesimo depistaggio”, avevano scritto i pm, di fatto ‘avallando’ la teoria della partecipazione nella esecuzione delle stragi di soggetti esterni alla mafia.

“Un inquinatore di pozzi”, avevano detto di Avola il giornalista Paolo Borrometi e il presidente della Commissione antimafia siciliana Claudio Fava. Scarpinato, sul punto, aveva preso posizione pubblicamente, pubblicando all’indomani dell’uscita del libro un articolo sul Fatto dove, oltre a descrivere la storia d’Italia come una continua manipolazione da parte di una struttura intrecciata di servizi segreti deviati, destra eversiva e mafia, citava proprio come uno degli ultimi “subdoli tentativi di depistaggio” quello attuato “facendo scendere in campo il collaboratore di giustizia Maurizio Avola” con le sue dichiarazioni false sulle stragi di Capaci e via D’Amelio. Santoro e Ruotolo, pur non citati direttamente da Scarpinato, avevano risposto affermando che “la semplice iscrizione di Avola nel registro degli indagati non era una condanna del libro”.

“È impressionante vedere mafia e ‘antimafia’ attaccare un libro con tanto livore ma la consideriamo una ennesima prova di come certo giornalismo e certa magistratura stiano lentamente sprofondando in una palude da cui faticano ad uscire”, avevano poi aggiunto. Per la cronaca Santoro e Ruotolo sono stati a lungo intercettati dagli ex colleghi di Scarpinato della Procura di Caltanissetta che avevano severamente criticato il loro lavoro dei giornalisti, operando “la scelta di recepire in modo acritico le dichiarazioni rese da Avola, riportandone il contenuto nello scritto senza in alcun modo svolgere un vaglio critico”. Il giudice Bologna, come detto, ha segnato un punto a favore di Santoro e Ruotolo.

Avola, scrive il magistrato, non è mai stato condannato per calunnia e quindi non può essere ritenuto “inattendibile”. “Le ricostruzioni giudiziarie fino ad oggi non hanno permesso di ricostruire compiutamente la fase dell’imbottitura della Fiat 126, né l’identità di tutti i soggetti del commando di via D’Amelio, né chi ebbe materialmente ad azionare il congegno di detonazione e da dove”, ha proseguito il giudice nisseno, parlando chiaramente di “buchi neri nella ricostruzione della fase esecutiva”.

Per questo motivo, ha dato tempo sei mesi ai pm per effettuare diversi accertamenti, pur tenendo conto che sono trascorsi oltre trenta anni dal momento della strage, per riscontrare la testimonianza di Avola. Fra i punti principali, il concorso di Cosa nostra americana, avendo Avola fatto riferimento alla presenza di un straniero appartenente alla famiglia del Gambino, e se nel 1992 in Sicilia era prevista una visita del governatore di New York Mario Cuomo e se, programmata, era poi stata cancellata e per quale motivo.

24 Ottobre 2023

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