La sentenza

Caso Shalabayeva, assoluzioni annullate: appello bis per Improta e Cortese

La Cassazione ribalta la sentenza di secondo grado. L’accusa per i superpoliziotti è sequestro di persona, per irregolarità nel rimpatrio della moglie del dissidente kazako Ablyazov e della figlia nel 2013

Giustizia - di Paolo Comi

21 Ottobre 2023 alle 13:14 - Ultimo agg. 22 Ottobre 2023 alle 13:14

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Caso Shalabayeva, assoluzioni annullate: appello bis per Improta e Cortese

Il processo ai vertici della Polizia di Stato per la vicenda Alma Shalabayeva è da rifare. La Corte di Cassazione ha annullato giovedì scorso le assoluzioni nei confronti di Renato Cortese e Maurizio Improta, all’epoca dei fatti dirigenti della Squadra mobile e dell’Ufficio immigrazione della Questura di Roma, nonché di alcuni loro collaboratori. E’ stato accolto, quindi, il ricorso della Procura generale di Perugia che aveva impugnato l’assoluzione disposta dalla Corte d’appello con la formula “perché il fatto non sussiste” e che, a sua volta, aveva ribaltato il giudizio di primo grado.

Oltre a Improta e Cortese, il primo attualmente questore di Trento, il secondo capo dell’Ufficio ispettivo del Viminale e braccio destro del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, nel processo erano imputati con l’accusa di sequestro di persona l’allora giudice di pace Stefania Lavore (il coinvolgimento della quale ha portato il fascicolo a Perugia per competenza, ndr), e gli ex funzionari della Questura di Roma, Luca Armeni, Francesco Stampacchia e quelli dell’ufficio immigrazione Vincenzo Tramma e Stefano Leoni.

Era il 28 maggio del 2013 quando Alma Shalabayeva venne fermata dalla polizia mentre si trovava in una villa a Casalpalocco, a Roma, dove gli agenti della questura della Capitale stavano cercando il marito, il dissidente kazako Mukhtar Ablyazov. Alla donna venne contestato il possesso di un passaporto falso e, pochi giorni dopo, fu espulsa insieme alla figlia di sei anni. Entrambe vennero imbarcate e fatte partire su un aereo diretto in Kazakistan. L’espulsione venne revocata il 5 luglio successivo, dopo che Ablyazov si era appellato all’allora premier Enrico Letta. A seguito di ciò, la Procura di Roma, diretta da Giuseppe Pignatone, aprì un’inchiesta su presunte irregolarità nell’espulsione di Shalabayeva, fascicolo poi assegnato per competenza ai pm di Perugia.

Nel dicembre del 2013 l’allora ministro degli Esteri Emma Bonino riuscì ad ottenere il rientro in Italia delle due espulse alle quali venne riconosciuto lo status di rifugiate. Per i giudici di primo grado il trattenimento di Alma Shalabayeva e della figlia Alua fu un evento che “sarebbe preferibile definire un crimine di lesa umanità” e rappresentò “una ipotesi di patente violazione dei diritti fondamentali della persona umana”. Di diverso avviso i giudici d’appello che nella motivazione della sentenza di assoluzione hanno sostenuto come fosse “radicalmente insostenibile” che la polizia italiana avesse concorso alla “deportazione” di Alma Shalabayeva e della figlia Alua.

Decisione, come detto, impugnata dalla Procura generale di Perugia che ha ritenuto la sentenza affetta da vizi per avere dichiarato innocenti gli imputati, “senza procedere al riascolto di testimoni di accusa, considerati tutti “inattendibili”. Il nuovo processo verrà celebrato a Firenze in quanto Perugia ha una sola sezione di Corte d’appello e tutti i giudici sono ora incompatibili per essersi già espressi. “L’annullamento della sentenza che ha assolto, ‘perché il fatto non sussiste’, i colleghi che hanno operato nel complesso caso Shalabayeva ci lascia addolorati e profondamente rammaricati”, ha affermato Enzo Letizia, segretario dell’Associazione nazionale funzionari di Polizia.

“Al riguardo – spiega Letizia – siamo fermamente convinti che l’operato dei colleghi in merito a quanto verificatosi, in quei giorni del maggio 2013, sia stato dettato solo dal pieno rispetto delle regole vigenti, partendo da una ‘red notice’ dell’Interpol per la cattura di un latitante e finendo con il procedere ai necessari adempimenti di legge relativi all’espulsione della moglie dello stesso, accompagnata dalla figlia minorenne, in possesso di un passaporto giudicato falso dagli specialisti”. “Da uomini dello Stato rispettiamo la sentenza e chiediamo rispetto per i colleghi che dovranno affrontare un nuovo appello, perché oggi per la legge sono ancora innocenti”, ha concluso Letizia.

21 Ottobre 2023

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