Parla il parlamentare Dem

Intervista a Matteo Orfini: “In piazza contro la destra amica dei ricchi”

Meloni e soci attaccano ong e giudici per nascondere fallimenti e leggi incostituzionali. Ma questa linea classista inizia a scricchiolare: presto i ceti popolari capiranno che non fanno i loro interessi

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

7 Ottobre 2023 alle 10:00 - Ultimo agg. 8 Ottobre 2023 alle 09:33

Condividi l'articolo

Intervista a Matteo Orfini: “In piazza contro la destra amica dei ricchi”

Dalla guerra ai migranti all’attacco ai diritti sociali. Un anno di governo delle destre. La parola a Matteo Orfini, parlamentare Dem, già presidente del Partito democratico. Uno che non le manda a dire. Leggere per credere.

L’intervista esce nel giorno in cui l’Unità titola a tutta pagina “ECCOCI”, come nella storica manifestazione della Cgil il 24 marzo 1984. Cosa ricorda di allora e di un “ECCOCI” legato al popolo della pace che manifesta domani (oggi per chi legge) a Roma?
Beh, per i ricordi diretti era un po’ presto: avevo appena 10 anni. Ma fu una grande e bella manifestazione contro i tagli alla scala mobile. Non ha senso forzare parallelismi tra fasi storiche molto diverse, ma sicuramente la questione salariale è tornata oggi a essere centrale. Fatica chi un salario non lo ha, ma sempre più spesso anche chi un lavoro lo ha. Contratti pirata, rinnovi che tardano ad arrivare, la gabbia del precariato che imprigiona tanti giovani, la parità salariale che resta un miraggio: bene ha fatto la Cgil a chiamare tutti in piazza e bene ha fatto il Pd ad essere al suo fianco.

Dall’attacco alla Germania a quello ai non meglio definiti poteri forti che complotterebbero contro il governo del popolo. La destra e la presidente del Consiglio sono preda della sindrome del complottismo?
Questo è uno degli elementi caratteristici del populismo: anche quando si è al governo cercare un nemico, un capro espiatorio sul quale scaricare le responsabilità del proprio fallimento. Perché noi siamo di fronte a un vero e proprio fallimento sul tema migranti. Un anno di governo Meloni, che si è occupato ripetutamente di questo. Decreti a ripetizione, annunci roboanti, del tipo “inseguiremo gli scafisti per tutto il pianeta”, la guerra alle Ong, il blocco navale, stoppiamo le partenze, il “Piano Mattei”… Posizioni ideologiche e una politica che produce il disastro che abbiamo misurato questa estate. Invece di riconoscere le ragioni del fallimento, cioè l’aver fatto scelte sbagliate, individuano di volta in volta un nuovo nemico: prima l’accordo con la Tunisia che salterebbe per colpa dei parlamentari socialisti europei. Totalmente falso. Lo stesso Saied ha fatto saltare, com’era ampiamente prevedibile, quell’accordo, prima non rispettandolo e poi dicendo che non va bene.
Poi se la prendono con la Germania accusandola di finanziare gli arrivi in Italia. Altra falsità.

Perché?
Se uno guarda i numeri scopre che la Ong che ha navi nel Mediterraneo finanziata dalla Germania è solo una, “responsabile” in un anno di meno di mille arrivi su 130mila complessivi. Stiamo parlando del nulla. Poi se la prendono con i magistrati. Fanno delle norme che sono contro il diritto internazionale e le direttive europee, e si scagliano contro chi fa semplicemente il proprio dovere, cioè far rispettare il diritto. E nella gerarchia del diritto, quello internazionale non può essere contraddetto dalle norme italiane. Con quest’ultimo decreto, sta accadendo quello che era avvenuto con i decreti sicurezza di Salvini, pezzo a pezzo vengono smontati dalle sentenze della magistratura perché illegittimi. Siamo a un grande classico del populismo. Si governa con la propaganda, con l’odio, additando nemici.

Questo discorso non riguarda soltanto i migranti. C’è una politica economica e sociale che si abbatte come una scure su quei settori più deboli di cui in campagna elettorale Fratelli d’Italia in particolare si erano fatti garanti.
Quando tu dici di voler dare una mano a chi si trova in difficoltà e poi fai scelte opposte, il credito prima o poi si esaurisce. Quando tagli la sanità, quando riduci l’universalità della sanità, l’effetto è che se sei povero non ti puoi curare e se fai parte del ceto medio per curarti t’impoverisci, perché sei obbligato a ricorrere alla sanità privata. Attenzione a questo. Non ci sarà mai un decreto di privatizzazione della sanità. Ma tu produci una privatizzazione di fatto nel momento in cui indebolisci la sanità pubblica. Se il servizio sanitario nazionale non è più una opzione, perché per fare un esame o un intervento devi aspettare mesi e la tua situazione rischia di aggravarsi, se puoi economicamente sei obbligato a rivolgerti alla sanità privata. Questo è il loro disegno: distruggere l’universalità del diritto alla salute e favorire la sanità privata. Quando fai scelte del genere, è chiaro che colpisci prima di tutto i più deboli. Esattamente come quando tagli i fondi per gli affitti, per chi non riesce a pagarli, non investi sull’edilizia residenziale pubblica, non aiuti gli studenti. Se tu non intervieni sul caro affitti nelle città universitarie, come chiedono i ragazzi che si accampano con le tende fuori dalle loro università, stai trasformando anche il diritto all’istruzione e alla formazione universitaria in un lusso. Solo chi avrà una famiglia in grado di sostenere quel percorso di studi, quindi di pagare degli affitti enormi, si potrà permettere di andare all’università. Stai trasformando l’Italia, attraverso scelte volute e consapevoli, in un Paese per ricchi. C’è una pubblicistica politica molto in auge soprattutto nei salotti mediatici, per cui questo governo, sia pure in acque burrascose, può dormire sonni tranquilli grazie ad una opposizione che si divide e litiga al proprio interno. Penso che alla fine la realtà s’imporrà. La fatica questo governo inizia a sentirla. L’aggressione ai ceti popolari avrà un effetto anche sul consenso di questo governo. Le crepe cominciano a manifestarsi. E un effetto lo avrà anche sull’opposizione. Che di fronte a una destra così aggressiva sarà obbligata a discutere e a interloquire. Alcuni nostri potenziali alleati che in una condizione del genere sembrano più interessati ad una visibilità di partito e magari ad attaccare il Pd, quando c’è questa destra al governo, fanno un errore. E credo non facciano nemmeno il proprio interesse: i loro elettori non vogliono questo.

Per venire al Partito democratico. L’impressione a volte è che invece di discutere sul che fare, la priorità è data all’organizzazione interna, al vaglio di nuove correnti. Più che un fiorire di iniziative di piazza c’è un fiorire di componenti.
Il Partito democratico ha un suo pluralismo che quando non degenera in mere finalità di potere, rappresenta una ricchezza. Siamo l’unico partito che non è un partito personale. Ed è anche la ragione della longevità del Partito democratico. C’è un gruppo dirigente, c’è un’articolazione di posizioni. Sono ancora convinto che il Pd sia la risposta a parte dei problemi del Paese e che noi ne dobbiamo rilanciare la funzione. Questo lo si fa, lo dico da “capo corrente” agli altri “capi corrente”, non alimentando divisioni interne ma praticando insieme il terreno dell’opposizione. È in quello che si ridefinisce ruolo, funzione e profilo del Partito democratico. C’è spazio per tutti. L’opposizione ad una destra così aggressiva mette tutti nelle condizioni di dare un contributo e rafforzare l’iniziativa del Pd. Mi pare che su questo la segretaria del partito, Elly Schlein, stia positivamente sfidando tutti, sottolineando come noi dobbiamo essere protagonisti della battaglia di opposizione e della costruzione di un’alternativa. Questo dice della centralità del Partito democratico. Guardiamo anche a quello che è successo al Terzo Polo: chi se n’è andato dal Pd per costruire qualcosa di diverso, fin qui ha prodotto progetti finiti male. Anche questa è la dimostrazione che il luogo dove si deve e si può costruire davvero una opposizione forte è il Partito democratico, nel quale possono stare diversi punti di vista, diverse istanze, dentro un luogo in grado di rappresentarle tutte e di trovare una sintesi. Il Pd l’abbiamo fatto per questo. E sarà bello e giusto ritrovarci in piazza non solo oggi a fianco alla Cgil ma anche l’11 novembre alla grande manifestazione nazionale contro il governo lanciata da Elly Schlein.

Trovare una sintesi su un tema dirimente come la guerra. È un’impresa impossibile?
A me pare che su questo l’abbiamo trovata. Noi non abbiamo mai avuto tentennamenti sul fatto che si debba sostenere la resistenza del popolo ucraino aggredito da Putin. E al tempo stesso, mettere al centro un’iniziativa europea che purtroppo è stata sempre molto debole, per aprire una trattativa diplomatica e un processo di pace vero. D’altra parte, però la prima parte del discorso è premessa della seconda. Se non avessimo dato e non dessimo sostegno all’Ucraina non ci sarebbe possibilità di una pace giusta, ma ci sarebbe già stata l’annessione. Quello che è mancato è un protagonismo europeo. Ci fu quando Draghi con altri capi di Stato e di governo andò a Kiev e produsse un’iniziativa politica. Caduto Draghi, il ruolo dell’Italia si è molto indebolito. Su questo tema difficile e drammatico, ritengo che il Pd sia stato capace di fare sintesi e su una posizione che ritengo giusta.

Lei è stato uno dei non numerosi parlamentari dem che sin dall’inizio si è schierato contro una linea securitaria sui migranti, votando contro il Memorandum con la Libia, e non solo. Oggi crede che sia arrivata a compimento quella discontinuità che s’invocava anche con quel “no”?
Mi pare che su questo il Pd oggi abbia radicalmente cambiato linea e questo è un fatto indubbiamente positivo. Nel momento in cui la segretaria del partito dice “mai più quelle scelte”, mai più sostegno alla Guardia costiera libica, no all’esternalizzazione delle frontiere, è un cambio d’impostazione che io reputo positivo e devo dire che mi fa anche felice, avendo fatto questa battaglia per anni ed essendomi trovato insieme a pochi altri a votare in dissenso in Parlamento, quando il Pd sosteneva quelle scelte e quelle politiche. Lo dico anche a chi oggi magari è in minoranza o si sente a disagio nel Partito democratico su altri temi. È la dimostrazione che rimanere dentro un partito, anche quando ha una linea che reputi sbagliata, e combattere da dentro per cambiare la linea di quel partito, è possibile e a volte succede anche ci riesci. Lo dico per esperienza personale che il Partito democratico è un luogo dove tutti possono stare e tutti possono combattere per far prevalere il proprio punto di vista.

7 Ottobre 2023

Condividi l'articolo