L'indagine del network EIC
Cosa sono i “Predator files”, l’inchiesta che imbarazza Macron: così la Francia vende virus-spia ai regimi
Esteri - di Carmine Di Niro

L’inchiesta si chiama “Predator files” e a Parigi sta provocando non pochi imbarazzi all’Eliseo. Perché l’indagine condotta da Mediapart, Der Spiegel, Domani, realizzata insieme al network EIC (European Investigatives Collaborations) e con l’assistenza tecnica del Security Lab di Amnesty International, mette sotto accusa la Francia di Emmanuel Macron.
Secondo i documenti ottenuti dai vari quotidiani la Francia vende i suoi sistemi-spia Predator ad una serie di Paesi guidati da feroci dittature, a partire dall’Egitto di Abdel Fattah al-Sisi.
Il Predator è prodotto dalla francese Nexa e dall’israeliana Intellexa, una partnership nata nel 2007, quando l’allora Amesyp sviluppa il software Eagle per il dittatore libico Muammar Gheddafi. Quel “prodotto” serve a monitorare Internet e grazie a Nicolas Sarkozy, ex presidente francese, arriva anche in Kazakistan e in Qatar. Quando si scopre della vendita alla Libia, dopo la morte di Gheddafi, Nexa compra il software e lo rinomina Cerebro. Un ruolo chiave nella vicenda, scrivono i quotidiani che hanno fatto esplodere il caso, ce l’ha anche il discusso ex collaboratore di Macron Alexandre Benalla, ex responsabile della sicurezza all’Eliseo incriminato per aver illecitamente fermato e aggredito dei manifestanti durante le violenze del primo maggio 2018, durante le manifestazioni per la Festa del Lavoro.
🚨🧵NEW: The #PredatorFiles investigation by @EICnetwork, with @AmnestyTech’s technical support gives shocking insights on the ubiquitous nature of the surveillance industry, its sales & ineffectiveness of EU regulation in controlling ithttps://t.co/sjkNVQU5gk
— Amnesty Tech (@AmnestyTech) October 5, 2023
Benalla avrebbe fatto da collegamento tra francesi e sauditi, riuscendo così a far comprare il prodotto anche dall’Arabia Saudita: una mossa riuscita grazie ad una azienda affiliata a Dubai, da dove far passare le vendite e aggirare così le regole.
Se l’Unione Europa per ora ha mostrato una certa “sonnolenza” sulla questione, di diverso avviso sono stati gli Stati Uniti: il software-spia ha spinto Washington a mettere nella sua “black list” Intellexa con l’accusa di aver intrapreso attività contrarie all’interesse nazionale e alla politica estera Usa.
Oltre all’Egitto, dove Predator sarebbe stato utilizzato anche per spiare un candidato alle elezioni presidenziali, il software sviluppato da Nexa e Intellexa secondo un rapporto di Amnesty è usato anche in Sudan, Madagascar, Mongolia, Kazakistan, Indonesia, Vietnam e Angola. Prodotti venduti anche al regime del militare libico Haftar, appoggiato pure dai russi.
Inchiesta che, come sottolinea Amnesty, “fornisce spunti scioccanti sulla natura onnipresente del settore della sorveglianza, sulle sue vendite e sull’inefficacia della regolamentazione europea nel controllarlo”.
Anche perché la stessa Intellexa afferma di essere una “società regolamentata e con sede nell’Ue”, il che “costituisce un’accusa schiacciante contro il modo in cui i Paesi e le istituzioni dell’Unione europea non sono riusciti a regolamentare la portata in continua espansione dei prodotti di sorveglianza”, denuncia Amnesty.