Il Premio

Nobel per la pace all’attivista Narges Mohammadi: “Per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran”

Arrestata 13 volte, condannata 5, condannata a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate. È detenuta nel carcere di Evin. Il premio per "la sua lotta contro l'oppressione delle donne in Iran e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutti"

Esteri - di Redazione Web

6 Ottobre 2023 alle 12:46

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La premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi
La premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi

A un anno dal caso di Mahsa Amini, a pochi giorni da quello di Armita Garavand. Per “la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutti”. Il Comitato per il Nobel norvegese – il Premio per la Pace, diversamente dagli altri, è assegnato a Oslo e non a Stoccolma – ha conferito il premio Nobel per la Pace 2023 all’attivista iraniana Narges Mohammadi, al momento detenuta nel carcere di Evin. “Il motto adottato dai manifestanti – ‘Donna – Vita – Libertà’ – esprime adeguatamente la dedizione e il lavoro di Narges Mohammadi”, ha aggiunto il Comitato. E infatti il premio di quest’anno ha riconosciuto anche “le centinaia di migliaia di persone che hanno manifestato contro le politiche di discriminazione e oppressione del regime teocratico nei confronti delle donne”.

Mohammadi ha 51 anni, è nata nel 1972 a Zanjan, a circa 300 chilometri a nord-ovest di Teheran. È vice presidente del Centro per la Difesa dei Diritti Umani. È stata imprigionata dalle autorità iraniane nel maggio del 2016, si trova ancora in carcere. “La coraggiosa lotta di Narges Mohammadi ha comportato enormi costi personali. Il regime iraniano l’ha arrestata 13 volte, condannata cinque volte e condannata a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate. Mohammadi è ancora in prigione”, ha ricordato la presidente del comitato norvegese per il Nobel, Berit Reiss-Andersen. “Il premio per la pace di quest’anno è un riconoscimento anche per le centinaia di migliaia di persone che, l’anno precedente, hanno manifestato contro le politiche di discriminazione e oppressione del regime teocratico iraniano nei confronti delle donne“.

Da giovane aveva studiato fisica, ha lavorato come ingegnere e ha scritto da editorialista per diversi giornali. Ha cominciato ha collaborare con il Centro esattamente vent’anni fa, nel 2003. Il Centro per i difensori dei diritti umani di Teheran era stato fondato dal premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi. Il primo arresto nel 2011, due anni dopo era stata rilasciata dietro cauzione. A causa di una campagna per l’abolizione della pena di morte, Mohammadi era stata nuovamente arrestata nel 2015. Il comitato, assegnando il premio, ha lanciato un appello affinché l’attivista venga liberata. Il carcere di Evin è noto perché vi vengono incarcerati i detenuti politici.

Mohammadi nonostante la detenzione è riuscita ad assumere un ruolo di leadership anche dall’Istituto. Nel dicembre 2022 ha spedito una lettera all’emittente britannica BBC in cui descriveva come lo stupro e le violenze sessuali fossero usati sistematicamente come forma di tortura per punire le donne detenute. La famiglia ha commentato la notizia come “un momento storico per la lotta per la libertà in Iran”. La notizia è arrivata a poche settimane dall’anniversario della morte di Mahsa Jina Amini, la 22enne curda morta mentre era sotto la custodia dopo essere stata fermata in un parco a Teheran dalla polizia morale perché non indossava correttamente l’hijab, il velo islamico. Il caso aveva dato via a proteste e aveva raggiunto l’audience internazionale. Armita Garavand intano è ancora in in coma, domenica scorsa è stata trasportata dalla metro della capitale in ospedale.

Le autorità dicono che la 16enne sarebbe svenuta a causa di un calo di pressione e che avrebbe battuto la testa contro una struttura in metallo. Secondo gli attivisti sarebbe stata picchiata perché non indossava l’hijab. La madre è stata arrestata perché aveva cercato di vedere la figlia ricoverata in ospedale. Dall’esplosione delle proteste scaturite dalla morte di Mahsa Amini sono state sempre più le donne che hanno cominciato a camminare per strada senza il velo. Il Presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi ha cercato di rafforzare l’obbligo del capo di abbigliamento. Secondo le stime di alcune organizzazioni, oltre 500 manifestanti sarebbero stati uccisi negli scontri, migliaia i feriti, almeno 20mila gli arrestati.

 

6 Ottobre 2023

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