La strage di Brandizzo

Strage di Brandizzo, è un errore disumano: così le leggi migliori d’Europa vengono aggirate

Abbiamo le leggi migliori d’Europa, ma vengono aggirate. Mancano gli ispettori. La sicurezza viene considerata un costo. Si colpevolizza il lavoratore invece di mettere in discussione il sistema. Serve un cambio di mentalità

Cronaca - di Chiara Gribaudo

6 Settembre 2023 alle 14:00 - Ultimo agg. 6 Settembre 2023 alle 21:47

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Strage di Brandizzo, è un errore disumano: così le leggi migliori d’Europa vengono aggirate

I fiori sono a terra così come i volti dell’intera comunità frastornata dopo ciò che è accaduto a Brandizzo sono impossibili da descrivere. Sul Piemonte è calato il silenzio, un clima quasi surreale ci accompagna dall’indomani dell’incidente e non può, almeno per me, essere descritto. Siamo di fronte all’ennesima strage, perché così vanno chiamati questi drammatici incidenti, assolutamente evitabile: lo si leggeva negli occhi di tutte le persone lì presenti.

Una scena ottocentesca, che tutti avremmo voluto evitare di vedere, che ti lascia un senso di impotenza, di ingiustizia, di dolore. Questi sono stati giorni di cordoglio per una regione che vive l’ennesima strage sul lavoro. Ho il ricordo vivo di almeno altri tre incidenti di questa portata: l’incendio della Thyssenkrupp nel 2007, che fece sette vittime, quella del Mulino di Cordero di Fossano sempre nel 2007, con 5 vittime, ma anche quella dei tre operai morti il sabato prima di Natale per il crollo di una gru sempre a Torino, nel dicembre 2021. E ora questo.

Quando succedono queste tragedie fai facilmente caso al fatto che succede troppo spesso in alcuni settori in particolare: nel settore dell’edilizia, dell’agricoltura, dell’industria, della logistica e dei trasporti. È fresca nella nostra memoria l’immagine del rider a Genova che solo una settimana fa correva sotto un muro d’acqua durante il nubifragio per una consegna. Per una consegna di cibo. Può una consegna, un lavoro, mettere a repentaglio una vita umana?

Ci facciamo guidare da un algoritmo per assicurarci che la pizza o il cibo da asporto arrivino sulla nostra tavola nel minor tempo possibile, ma poi in un settore dove la tecnologia potrebbe avere un altissimo impatto positivo sulla sicurezza dei lavoratori ci diamo delle giustificazioni poco plausibili: è stato un errore umano. No a Brandizzo non è stato un errore umano ad uccidere 5 ragazzi, di cui il più giovane aveva solo 22 anni. è stato piuttosto un errore dis-umano.

Nel 2023 si muore ancora di lavoro in un Paese che vanta ancora di essere tra i 7 grandi del mondo, in cui però spesso il lavoro non si trova e quando si trova è sottopagato. E succede in Piemonte, in quella che dovrebbe essere una regione trainante, parte del “glorioso” triangolo industriale ormai depotenziato, la culla di tante e importanti conquiste, dalla battaglia delle mondine fino alle battaglie nel mondo legato alla metalmeccanica.

I fattori sono molti, primo tra tutti che spesso la sicurezza viene considerata un adempimento meramente burocratico, un fattore di costo. Non possiamo dire che il nostro Paese non si sia dotato, soprattutto negli ultimi anni, di un quadro normativo adeguato, oggi forse tra i migliori in Europa. Ma come spesso avviene nel nostro paese, “fatta la legge trovato l’inganno”. E allora vien da chiedersi: dove e come si può intervenire? Parto dall’idea che in questo campo in Piemonte le attività ispettive sono troppo poche. Per capirci, nella nostra regione, il 4% delle aziende oggi è posta sotto ispezione una volta ogni 15-20 anni. Questo sicuramente avviene per carenza di personale, ma non solo.

Già nel maggio del 2020, alla fine del primo lockdown, chiesi pubblicamente, con una lettera uscita sui giornali, che il nostro Paese, estremamente carente sul lato delle forze a tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, assumesse un impegno: aumentare le persone adibite a svolgere il ruolo ispettivo. Servivano, e servono ancora dati alla mano, almeno 10mila ispettori. Serviva e, serve ancora, attenzione, non solo alla sicurezza, ma alla salute. Questo è il passaggio culturale che dovremo fare oggi. In quell’occasione si scatenò su di me una vera e propria bufera. Insulti, minacce di querele, critiche che arrivavano dal Presidente della Regione Cirio, da Salvini, al tempo non ancora Ministro delle Infrastrutture.

Oggi Salvini, che nel frattempo come ricordavo è diventato Ministro delle Infrastrutture, dovrebbe andare a Brandizzo, seguendo l’esempio del Capo dello Stato Sergio Mattarella. Dovrebbe andare lì per valutare cosa è accaduto e per spiegare perché, questo Governo, ha tagliato gli investimenti del PNRR previsti sugli ERTMS (European Rail Traffic Management System) legati all’alta velocità. Con il precedente esecutivo, grazie ai fondi PNRR, abbiamo stanziato le risorse per aumentare l’organico degli ispettori del lavoro mancanti, avvicinandosi alla soglia dei 10mila. Almeno su questo, mi auguro, non si facciano passi indietro.

Ma c’è da cambiare la visione, la mentalità, soprattutto delle rappresentanze datoriali. La sicurezza viene vista come un costo, non come un investimento. Una logica, come dicevo prima, ottocentesca e pericolosa. Abbiamo gli strumenti tecnologici per garantire a chi lavora un posto sicuro e dignitoso, ma c’è un retaggio culturale che ancora oggi porta a colpevolizzare il lavoratore piuttosto che mettere in discussione il sistema esistente. Il tema dell’errore umano esiste, certo che esiste. Ma va visto alla radice. Se c’è un’organizzazione del lavoro che sovraccarica, stressa, non forma e non paga adeguatamente chi lavora, è evidente che il margine di errore umano sale.

Dunque è un tema politico, non una vicenda singola e non riguarda solo la strage avvenuta a Brandizzo ma il futuro del mondo del lavoro. Siamo nella quarta rivoluzione industriale, quella tecnologica, eppure non ce ne stiamo accorgendo per quel che riguarda il campo dei diritti. Sulle app, sui videogiochi, per le operazioni bancarie, per vedere il bus alla fermata, basta ormai un minuto. Tutto è digitalizzato. Eppure, per salvare vite umane, non si investe nella tecnologia esistente. Non è possibile che non ci rendiamo conto che aumentano le malattie professionali connesse a quelle professioni e quelle modalità di lavoro (come lo smart working) a cui serve dedicare nuove tutele (penso su tutti al diritto alla disconnessione) e non lo inseriamo in una visione più ampia e più attenta.

Non possiamo più negare che oggi è sempre più difficile per i lavoratori denunciare e imprese non in regola, come scrisse già Andrea Orlando, all’epoca Ministro del Lavoro, nella relazione che fece al Parlamento sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. Piangere i morti non basta più, non è sufficiente. Bisogna promuovere la cultura della legalità, della sicurezza, dando sostanza reale a questi termini. Dobbiamo costruire una nuova grammatica di diritti esigibili ed individuali: formazione permanente, politiche attive, lavoro di qualità. Su questo il Governo non sembra allineato, ed è il caso di dirlo senza ipocrisie.

Lo vediamo nella deregulation sui subappalti, che generano disinvestimento, abbassamento della qualità e degli stipendi. Ormai i margini si fanno sulle persone, perché quando parliamo di costo del lavoro, di tagli, stiamo parlando di esseri umani in carne e ossa. E questo non è più tollerabile. Abbiamo un dovere. Rimettere al centro il tema del lavoro sicuro e dignitoso. Non è una questione ideologica, ma di buon senso e di rispetto della dignità delle persone.

 

6 Settembre 2023

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