Cancellata storia e luoghi

I fascisti si son presi l’Asinara, motti mussoliniani sull’isola: zero proteste, Regione Sardegna muta

Il grido mussoliniano urlato dal gruppo di Luca Occulto dell’Associazione Sette mari che fa campi scuola per ragazzi dagli 8 ai 16 anni. Impossibile non sentirlo. Nessuno dei locali protesta. Cacciata Libera di Don Ciotti. La Regione lascia l’isola ai fascisti?

Editoriali - di Angela Nocioni

23 Agosto 2023 alle 13:21 - Ultimo agg. 23 Agosto 2023 alle 13:27

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I fascisti si son presi l’Asinara, motti mussoliniani sull’isola: zero proteste, Regione Sardegna muta

Isola dell’Asinara, verso sera. Due sole barche ferme alla boa nell’insenatura aspra di Cala d’Oliva. Nel cielo umido e mite sbocciano nuvolette minuscole, si sfogliano in petali lattiginosi, si disperdono nel rosa arancio del tramonto. All’orizzonte nessuno da ore, il mare si sta ingrossando. Da lontano il raglio d’ un asino. D’un tratto il rumore di un motore. Un gommone con bandiere rosse e bianche diretto a terra. Tute nere da sub sbarcano d’un balzo sul molo. Gridano a squarciagola: “Vincere vincere e vinceremo”. “Vincere vincere e vinceremo”.

Una decina di persone, due ragazze. Una voce adulta maschile: “Di chi è l’isola?” Coro: “È nostra!”. Ancora: “Di chi è l’isola?”. “È nostra!”. Le poche case della caletta non sono tutte disabitate. C’è la locanda del Parco a finestre aperte. Ci sono i ragazzi del diving dell’apneista Umberto Pellizari lì a meno di due metri. Ci sono medico e assistente dell’ambulatorio dell’ordine di Malta che fa da pronto soccorso. C’è il bar ristorante l’Asino bianco con vetrata proprio sopra il gommone. C’è il magnifico atelier sul mare di Enrico Mereu che dal legno spiaggiato libera forme sinuose come le cale dell’isola e poi le adagia lì, sotto il pergolato profumato di fichi pesanti sui rami. Nessuno s’affaccia, nessuno apre bocca. Un asino raglia.

Dalla scaletta che sale tra le case ancora le stesse voci: “Di chi è l’isola?” “È nostra”. “Di chi è l’isola?” “È nostra”. “Vincere vincere vinceremo”. Una delle persone che a Cala d’Oliva lavora guarda la foto degli urlatori in tuta sub sul molo: “È Luca Occulto. Ha in mano un bel giro di soldi lui, il business della scuola sub è in mano sua”. Gruppo per immersioni subacquee di Luca Occulto, Associazione Sette mari. Campi scuola per ragazzi dagli 8 ai 16 anni. Quell’urlo è l’unica voce nel silenzio del tramonto, impossibile non sentirlo. Nessuno dei locali ha voglia di commentare il motto inequivocabile, il grido mussoliniano in occasione della dichiarazione di guerra il 10 giugno del 1940, strillato sotto le finestre della casetta sul mare dove Falcone e Borsellino si rinchiusero un mese nel 1985 a preparare la requisitoria per il maxiprocesso di Palermo alla mafia.

Quasi tutti quelli che per lavoro vivono nella minuscola cala, a domanda diretta lasciano cadere la conversazione. Fissano improvvisamente un punto lontano lontano all’orizzonte e si mettono a fare altro. Il maresciallo dei Carabinieri, il torinese Ivan Mariuzzo, assicura di non aver mai sentito nulla, né con le sue orecchie né riferito da altri. “Grida maschiliste sì – dice – del genere Apocalipse now”. Maresciallo, ‘vincere vincere e vinceremo’ è il grido di Benito Mussolini. “No – dice lui – mai sentito niente che abbia a che fare con reminiscenze, ci mancherebbe”. Alessandro Masala, quarantenne di Porto Torres con antiche origini familiari sull’isola, vive qui d’estate. È un sub con record di apnea, è il gestore dell’unico diving dell’Asinara. Dopo un po’ sbotta: “E certo che li sento, come si fa a non sentirli, s’addestrano per tutta l’isola imitando i marines. Non mi va di parlarne. Occulto non vive qui, no. I ragazzi vengono dal continente. Li porta qui a fare questa cosa che lui chiama camp”.

 

Nel sito della Sette Mari, l’urlatore Luca Occulto insieme alla biologa Cristina Bonino spiega: “Lavoriamo da anni per l’educazione e la formazione, ma garantiamo più di questo. Ci siamo specializzati nel settore giovanile e sui giovanissimi concentriamo il nostro lavoro”. All’addestramento con motto fascista non v’è cenno. “L’attività con i giovani da soddisfazione e speranza, la nostra mission è garantire esperienze ricche di conoscenza del mare, creare in loro fiducia e dare opportunità. Ricordiamo che i brevetti subacquei sono riconosciuti nei concorsi delle Forze armate”. Tra i fiori all’occhiello della Sette mari compare il simbolo del “Reparto ComSubIn Marina Militare. “Relatori Palombari ed Incursori Mmi. Chi sono, cosa fanno, come diventare uno di loro. Il Valore della divisa, orientamento giovani verso la carriera militare.

Una signora dell’isola racconta che “due ragazzi sono entrati nelle forze armate dopo il camp”. All’Asinara quando il mare non è grosso veleggia anche un catamarano che porta i turisti sull’acqua cristallina dell’isola fino all’isola Piana davanti allo stretto di Fornelli. Lo gestisce “Futurismo, ecoturismo Asinara tour”. In un video disponibile in rete il fondatore Claudio Serra spiega che si ispira a Marinetti. Del carcere dell’Asinara, il terribile carcere sparso in 9 prigioni diverse – il peggiore d’Italia secondo chi ne ha girati parecchi – all’Asinara quasi nulla è visitabile. È sprangato il bunker costruito per Renato Curcio, in cui sono stati rinchiusi Raffaele Cutolo e Totò Riina. Soltanto ruggine e erbacce si riescono a vedere da uno spioncino. È vietato avvicinarsi ai gabbiotti di Fornelli, il luogo della protesta delle caffettiere.

Lì nel ’79 ci fu una delle più violente (e misteriose) rivolte carcerarie della storia d’Italia, organizzato da detenuti delle Br e dei Nuclei armati proletari con plastico nascosto nelle moka. Non è visitabile il pezzo di storia d’Italia sepolto a Fornelli. L’edificio è inagibile. “Eppure l’abbiamo pulito noi in primavera, abbiamo tolto le erbacce” spiega abbassando il finestrino del suo fuoristrada un addetto di Forestas, l’ente che durante l’inverno si occupa di “uccidere le capre selvatiche e i cinghiali in sovrannumero” per conto dell’Agenzia della Conservatoria. Quasi tutto all’Asinara accade secondo il volere dalla Conservatoria. Che dipende dalla Regione Sardegna, dal 2019 in mano a Christian Solinas, partito sardo d’azione tendenza Matteo Salvini.

L’agenzia è dotata secondo la legge istitutiva di autonomia regolamentare, finanziaria, organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile e gestionale ed è sottoposta ai poteri di indirizzo, vigilanza e controllo della giunta regionale. Quel che non dipende dall’Agenzia, e quindi dalla giunta regionale, dipende dall’Ente parco creato nel 2002 e alle dipendenze del Ministero dell’ambiente. Le case attorno a Cala d’Oliva, a parte pochissime ristrutturate e diventate locanda, sono state lasciate cadere. Erano le casine delle persone legate al carcere, l’alimentari, la dispensa agricola. Tetti sfondati, muri crollati, fra i ferri divelti crescono gli alberi. “Li dovrebbe custodire e ristrutturare l’Agenzia per la conservatoria delle coste che conserva solo quella del direttore e dei suoi uffici” dice una signora che lavora lì.

Nella stradina verso l’ostello che ospita gli iscritti ai corsi sub dei Sette mari di Luca Occulto – all’ingresso la vecchia targa “ministero di grazia e giustizia” – ci sono due case ristrutturate e intonacate di tutto punto, cancello dipinto, e una targa con la scritta rossa su fondo bianco in caratteri maiuscoli: il direttore. Migliaia di prigionieri dell’esercito austroungarico furono portati all’Asinara. L’ufficialità racconta che erano malati e che qui ci fosse un sanatorio. Furono lasciati morire di stenti, di sete, di fame al vento sotto il sole. A parte un ossario ottenuto con rimostranze dall’Austria, nulla sull’isola ricorda quella storia infame di prigionieri di guerra lasciati morire sotto il sole. Un vecchio marinaio anarchico che gironzola da anni per questi mari stringe le spalle: “Non ho capito quel che è successo, ma qualcosa è successo. Fino a tre anni fa venivi qui e trovavi cinema sul carcere, dentro il bunker dove era rinchiuso Riina ho visto una mostra su Falcone, facevano incontri sulla detenzione. Li faceva Libera, l’associazione di don Ciotti. A me Libera non piace un granché, né quella passerella di magistrati, quell’esaltazione dello Stato, ma è innegabile che arrivavi qui e trovavi un posto vivo. Ora arrivi e tutto è abbandonato”.

E no, ora arrivi e trovi Vincere vincere e vinceremo, Futurismo l’asinara, più pochi privati che con i fuoristrada portano i turisti a visitare gli anfratti dell’isola. “Settanta euro a persona m’hanno chiesto al telefono da qua a Cala Reale, settanta a persona” racconta Sandra, vacanziera fiorentina. L’unico carcere visitabile è una struttura ristrutturata sopra l’ostello con tre vecchie celle allestite con oggetti di detenuti. Nemmeno l’ombra del carcere totale che è stata l’Asinara. In una stanza dove una tv trasmette documentari naturalistici sull’isola, un signore che pare un addetto alle vendite smitraglia parole su oggetti in vetro da comprare altrove.

Libera di don Ciotti ha un rappresentante regionale in Sardegna, Giampiero Farru. Che dice: “Noi eravamo qui dal 2011, con la scusa del Covid ci hanno cacciati. Io tutti gli anni rinnovo la richiesta con proposta di portare qui i ragazzi di Libera per tenere aperto il bunker, e fare il lavoro sul carcere che abbiamo sempre fatto. Ma da due anni non mi rispondono più. Quando mi dissero che il problema erano le condizioni della casetta di Cala d’Oliva che ci ospitava io ho proposto che Libera ristrutturasse gratis l’edificio. Non hanno voluto. Avrò mandato non so quante pec all’Agenzia per la conservazione delle coste che dipende dalla regione sardegna ha competenza sui 400 stabili riassegnati dal Ministero di Giustizia dopo la chiusura del carcere. L’attuale direttore, Sanna, che risponde politicamente a Solinas, mi ha incontrato una volta, s’è fatto delle foto con me e poi è scomparso, mai risposto alle mail in cui chiediamo che fine hanno fatto le nostre regolari domande di tornare a fare gratuita attività di Libera sull’isola. Vorremmo far parlare il luogo, raccontare la storia del carcere diffuso”.

L’unico a raccontare della prigione sull’isola è Enrico Mereu, scultore affermato e residente. Che all’Asinara è arrivato nel gennaio del 1980 da guardia carceraria. E che dopo la chiusura dei bunker s’è fermato a vivere qua e alla fine ha avuto la residenza formale sull’isola. Mereu ha ricordi precisi del giorno del 1986 in cui evase Matteo Bove, l’unica fuga riuscita di un carcerato dall’isola. “Picco e pala, lui era picco e pala. faceva la strada. Erano squadre da trenta. Lui si sarà messo d’accordo con qualcuno, uno “sconsegnato” credo, che faceva segni forse con lo specchio alla fidanzata di Bove su dove venire a prenderlo col gommone. Quando si scoprì la fuga – tardi, i suoi compagni detenuti zitti stavano perché tra i detenuti solidarietà c’è – il mezzo degli agenti usciti in mare a cercarlo vide un gommone fermo con due persone sopra e si gettò all’inseguimento. E quelli scapparono. E loro dietro. Due ore durò l’inseguimento. Due ore perse. Perché quando il carburante finì e i fuggiaschi furono raggiunti dissero a mani alzate: ‘colleghi siamo’. Eh sì. Erano secondini come noi, stavano pescando di frodo, per quello erano scappati”.

Mereu è stato a lungo di guardia al bunker di Raffaele Cutolo: “Il Professore lo chiamavano tutti qui. Sempre gentile con noi Cutolo, ci difendeva col direttore del carcere e ci spiegava sempre tutto. Ma mica solo a noi. Anche all’avvocato suo, a Giannino Guiso che era pure il più bravo di tutti, Cutolo gli spiegava il codice penale perché lo conosceva meglio. Me lo ricordo conversatore Cutolo. Mica come Riina. Quello ti guardava fisso negli occhi e parlava raramente e solo per chiedere: questo lo posso fare? Sembrava lontano”.

 

Ma perché Libera non c’è più? “Non lo so, la casa qui dietro non gliel’hanno più data. Ma quelli stavano qui e vendevano il pane siciliano, la marmellata siciliana, e siamo in Sardegna mica in Sicilia. A qualcuno forse non piaceva questa cosa e poi qui tutti quelli che arrivano all’Asinara prima stanno buoni buoni e poi dicono l’isola è nostra”. Ma questi che scendono dal gommone e gridano: ‘di chi è l’isola’, ‘è nostra’?”. Risposta: “Ah Luca. Ma lei lo vuoi un fico?”. Grazie sì, ma quest’ Occulto? “Sono deliziosi i fichi, se li mangiano tutti gli uccelli”. E anche gli occhi azzurri di Mereu fissano all’improvviso un punto indistinto in mezzo al mare.

23 Agosto 2023

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