La storia del carcere

Che cos’è il carcere dell’Asinara, storia della prigione più dura d’Italia e del campo di Fornelli

Vengono trasferiti lì i detenuti per lotta armata, molti brigatisti rossi nappisti e anche qualcuno dell’Anonima sarda.

Giustizia - di Redazione

23 Agosto 2023 alle 12:00

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Che cos’è il carcere dell’Asinara, storia della prigione più dura d’Italia e del campo di Fornelli

Umberto I il 28 giugno del 1885 firma la legge che autorizza l’esproprio dell’Asinara e la sua trasformazione in colonia agricola penale e lazzaretto. Tra il dicembre 1915 e il luglio 1916 una ventina di piroscafi portano sull’isola ventiquattromila soldati austro-ungarici. Arrivano dall’Albania. Sono vestiti di stracci e malati di colera. Vengono rinchiusi nei centri di disinfezione di Cala Reale e poi in campi di prigionia a Campu Perdu, Stretti, Fornelli. Ne muoiono almeno seimila. Tra il 1937 al 1939 saranno centinaia di etiopi a finire confinati sull’isola per «osservazione e bonifica sanitaria».

Negli anni Settanta l’Asinara, dove ci sono già 200 “sconsegnati”, persone detenute che durante il giorno lavorano all’aperto, diventa un carcere di massima sicurezza. Vengono trasferiti lì i detenuti per lotta armata, molti brigatisti rossi (tra cui nel maggio del ‘77 Renato Curcio che era evaso due anni prima dal carcere di Casale Monferrato, Alberto Franceschini, Roberto Ognibene) nappisti e anche qualcuno dell’Anonima sarda. Il direttore del carcere è Luigi Cardullo, spietato, soprannominato dai secondini “il viceré”. Nel 1976 un processo contro un detenuto del carcere di Alghero che lo accusava di comportamento illegale, porta all’attenzione pubblica i metodi di Cardullo.

Il deputato del Pci, Salvatore Mannuzzu descrive Fornelli: “…i detenuti sono a tre a tre, in celle di quattro metri per due metri e cinquanta… poca è l’illuminazione naturale, giacché a breve distanza dalla finestra… si erge un alto muro tinto per giunta di un grigio plumbeo…” e “... il regime dei colloqui appare irregolare… vi si è ammessi solo se si è in grado di dimostrare… la propria buona condotta…”. Curcio e Notarnicola vengono trattati da sepolti vivi. La sera del 2 ottobre del 1979, un gruppo di detenuti politici a Fornelli si ribella lanciando plastico contenuto nelle moka. La rivolta dura 2 giorni. I brigatisti vengono portati via e sparpagliati per prigioni nel continente.

Il generale Dalla Chiesa, che si occupa della ricostruzione del carcere, incarica il direttore Luigi Cardullo di verificare il rispetto di tutte le norme procedurali. La gestione degli appalti risulta assai oscura e nel 1980 Cardullo viene trasferito a Perugia sostituito da Francesco Massidda che trasmette gli atti che trova alla Procura della Repubblica di Sassari. A metà dicembre del 1982 Cardullo e sua moglie Leda Sapio, soprannominata all’Asinara “la zarina”, vengono arrestati. Luigi Cardullo spiega passaggi di soldi sul suo conto dicendo d’esser stato reclutato nel 1973 dai servizi segreti interni italiani e di aver intercettato per loro conversazioni di detenuti.

Un articolo de “La Nuova Sardegna” descrive Fornelli così: “… i fari accesi tutta la notte e armi puntate a decine… fanno sì che “nessuno è mai interamente solo”, si tratta di un “monumento alla paura” dove “i detenuti e anche le guardie vi sono tenuti in condizioni subumane”. Fornelli verrà chiuso il 31 dicembre 1980 con un atto non ufficiale. Il 12 dicembre le Brigate Rosse avevano rapito a Roma il giudice Giovanni D’Urso, consigliere di Cassazione. Migliorare le condizioni di detenzione all’Asinara era tra le richieste avanzate dalle Br. Senza alcun annuncio tutti i detenuti rinchiusi nel braccio speciale dell’Asinara vengono trasferiti con destinazione ignota. Dopo questo trasferimento l’isola torna ad essere una colonia penale in cui scontano la loro pena, lavorando, circa 450 detenuti. Fornelli resterà chiusa per dieci anni. Poi ristrutturata, riaperta e destinata a detenuti condannati per associazione mafiosa.

di: Redazione - 23 Agosto 2023

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