Lo sfratto nel 2017

Fabio Rampelli si riprende Colle Oppio, accordo con Gualtieri

News - di Fulvio Abbate

9 Agosto 2023 alle 20:00

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Fabio Rampelli si riprende Colle Oppio, accordo con Gualtieri

Il “bunker” di Colle Oppio, storica sezione italiana del Msi, semi rudere catacombale, ritrova la luce, l’accordo con il Campidoglio, proprietario dell’immobile, tra Labicana e Merulana, Esquilino, è cosa fatta, tra Fabio Rampelli e il sindaco Roberto Gualtieri l’atto definitivo della cessione, liberata da ogni ingombro estraneo la simbolica “culla” del neo e post fascismo capitolini. Non l’attentato esplosivo degli anni ’90, semmai Virginia Raggi, trascorsa sindaca grillina, ne aveva decretato lo sfratto esecutivo nel 2017; “cupio dissolvi” solo temporaneo. Fratelli d’Italia ne usufruirà adesso per “una mostra sugli esuli di Istria e Dalmazia”, denominazione iniziale, quando i “protomartiri” missini trasformarono la “grotta” in riparo per la notte ormai antifascista, punto di ritrovo e ristoro ideologico; opera al nero militante cittadina. In verità, per penetrare le suggestioni nibelungiche circoscrizionali che il sito suggerisce, insieme alla quadreria dei Nosferatu del sentire identitario, tra celtiche e rune, occorre fare ritorno al racconto del sociologo Giulio Salierno, già autoctono militante neofascista pervenuto infine alla sinistra extraparlamentare, presente in “Autobiografia di un picchiatore fascista” (Einaudi), quando, tra i residenti più apprezzati del locale si ergeva, leggendario, “Er Nerchia”, professione mazziere nero. Onomastica in ossequio al sentimento virile della destra irriducibile; lo stesso titolo onorerà un personaggio di “Vogliamo i colonnelli”, capolavoro in pellicola dedicato da Mario Monicelli con sarcasmo alle notti eversive del golpe Borghese. Per decenni, la semplice osservazione fuggitiva del luogo suggeriva timori e raccapriccio al passante anche blandamente antifascista.

Il pensiero del “covo” si accompagnava all’immagine della “fogna” e dei manganelli, al rito del “Presente!” sotto i ritratti di Codreanu, Léon Degrelle e del mondo di Tolkien, loro numi. La propensione cerimoniale mortuaria dei neofascisti non trova eguali altrove, rappresentazione apologetica… ma anche, con il mutare degli anni e dei cicli politici, il naso a suo modo rotondamente identitario e insieme a suo modo “doroteo” di Fabio Rampelli, che a buon diritto va ritenuto l’“inventore”, il “preparatore” tecnico-politico di Giorgia Meloni. Rampelli o dei cosiddetti “Gabbiani”, corrente post-missina con iniziali ambizioni di semplice difesa delle ragioni antagonistiche originarie. Rampelli infine obliterato da ogni ruolo apicale da Meloni che gli ha preferito Francesco Lollobrigida, cognato della già “pupilla” Giorgia M., doveri di famiglia, anzi, familistici. Un diluvio di manifesti, sfondo acquamarina, sui muri romani degli anni Novanta, faceva figurare l’iconico Jonathan Livingston accompagnato dal motto: “È amore! È rabbia”, biglietto da visita programmatico dei menzionati “gabbiani”, estetica prossima a Lucio Battisti di “Cosa succederà alla ragazza”. In molti si interrogavano sulla possibile fantasmatica paternità di quell’icona pubblica, posto che, assente ogni firma, la citazione ornitologico-letteraria sembrava contraddire grafica e muralismo neo-post-fascista che fino a quel momento, insieme ai font codificati dal francese Jack Marchal, autore del “Rat noir” pubblicato appunto su “La voce della fogna” di Marco Tarchi, si era sempre attestata su cifre catacombali, come mostra il “bunker” di Colle Oppio, d’altronde. Celtiche, rune e spine proprie del martirologio nero. Per un caso fortuito della vita, in compagnia di un’amica, una decina d’anni fa, vincendo paure e passando di lì, non senza patema, estraneo e smarrito, ho visitato il grottino della sezione “Colle Oppio”, traendone la sensazione che sotto la sua volta, ancora ignori delle soddisfacenti prospettive future, si stesse esattamente “allenando” la classe dirigente giovanile dell’ex Msi, ciò che in seguito avrebbe dato vita a Fratelli d’Italia. In mezzo, storia nota, Alleanza nazionale di Gianfranco Fini con il “vivaio” di Azione giovani, succedaneo della Giovane Italia poi Fronte della gioventù; la fiaccola sbilenca tricolore comunque sempre lì al suo posto serigrafata. Rampelli, il “preparatore tecnico” non era lì quel giorno, però, incredibilmente, i giovani presenti quel pomeriggio in nulla assomigliavano a “Er Nerchia”, l’antenato. Impossibile immaginare allora Giorgia Meloni addirittura al governo, e i conti da fare con l’album di famiglia della destra eversiva, e perfino Rampelli che, perduto ogni “amore”, sarebbe rimasto in solitudine con la “rabbia”, anzi, come recita una celebre fotografia partenopea pubblicata da Luciano De Crescenzo in un suo libro “Rovinato dal cognato”.

9 Agosto 2023

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