L'intervista
“Il principio di ‘Cooperazione transazionale’ è il fulcro della politica estera turca”, intervista a Mariano Giustino di Radio Radicale
Esperto di politica estera e geopolitica, Mariano Giustino vive ad Ankara. Con la sua quotidiana corrispondenza informa i cittadini - 'senza filtri' - su ciò che accade nel Paese che unisce Occidente e Oriente. Con lui abbiamo parlato dei rapporti di Erdogan con l'Italia, l'Europa e la Russia. Con un particolare approfondimento sull'Africa
Esteri - di Andrea Aversa
“Ho l’impressione che quando si parla di Turchia i media, in particolare italiani, dimostrano di non avere molta dimestichezza con la storia e le dinamiche di questo paese“, a dirlo a l’Unità è stato Mariano Giustino, corrispondente da Ankara per Radio Radicale. La nostra conversazione è iniziata da un fatto: la comunicazione ufficiale della candidatura congiunta agli Europei di calcio del 2032 tra Italia e Turchia. Noi de l’Unità ci eravamo chiesti se questa decisione fosse stata discussa durante l’incontro tra Giorgia Meloni e Recep Tayyip Erdoğan durante il vertice Nato che c’è stato a Vilnius il 12 e 13 luglio scorsi. E soprattutto se la scelta, di quelle che sono di fatto le uniche candidate per ospitare la competizione, fosse stata una sorta di strategia di soft power messa in campo dal Presidente turco per allinearsi al fronte occidentale.
Mariano Giustino parla di Erdogan e la Turchia
“È vero che spesso lo sport è utilizzato come mezzo diplomatico ma in questo caso non è andata così. La Turchia – ha spiegato Giustino – è integrata nel sistema delle federazioni sportive europee dal 1962. Quindi la decisione della candidatura congiunta non sorprende affatto. E dando per scontato che Meloni ed Erdogan non ne abbiano discusso a Vilnius, ciò che mi ha sorpreso è stato altro. La notizia in Turchia è stata accolta con grande entusiasmo e soddisfazione dall’opinione pubblica e dai media. In Italia, invece, sono circolate molte fake news. Come ad esempio quella che ritiene che i negoziati di adesione della Turchia all’Ue sarebbero congelati dal 2018, invece che dal 2006.
E quella che parla della condizione delle donne turche, allo stesso modo di cui parlano di quelle in Iran, non sapendo che la donna turca è emancipata e vive di discriminazioni e problematiche analoghe a quelle che vivono le donne italiane. Il processo di adesione della Turchia all’Ue è stato fermato per volontà di alcuni dei maggiori leader europei. Diciamo che non ho notato lo stesso interesse mediatico quando altrettante competizioni sportive di grande importanza sono state organizzate nei regimi più orribili del pianeta, come quelli arabi, in Cina e in Russia“.
Le tappe recenti
Dopo la vittoria alle ultime elezioni, i principali eventi legati alla politica estera della Turchia degli ultimi mesi sono stati: il rilascio di cinque prigionieri del Battaglione Azov e il via libera all’ingresso della Svezia nella Nato. Per Giustino non sono state altro che mosse figlie della strategia di cooperazione transazionale messa in atto da anni da Erdogan. Secondo il giornalista, il Presidente turco ha fatto ben altro: “Ha annunciato la costruzione di un impianto di costruzione di droni in Ucraina, si è detto favorevole all’ingresso di Kiev nella Nato e ha disposto lo stop al transito delle merci via Mosca. Di certo sono state decisioni che hanno fatto infuriare il Cremlino ma che allo stesso tempo non possono far pensare ad un allontanamento dalla Russia, così come non vi era mai stato concretamente un reset delle relazioni con l’Occidente.
Questa è solo l’ultima risintonizzazione della strategia di Ankara che ha bisogno, per ragioni interne, di ricalibrare il suo rapporto con l’Occidente. Erdoğan è un leader molto pragmatico e sa che né la Russia né i Paesi del Golfo sono sufficienti per portare a galla la nave dell’economia turca che sta affondando. Con un export verso l’Ue che raggiunge il 60%, Ankara ha bisogno di rinfrescare i rapporti e creare un’atmosfera migliore con i partner europei. Badate bene, con i partner dell’Unione, non con l’Ue, non è un dettaglio questo che sottolineiamo.
Il leader turco si aspetta che gli investitori apprezzino un linguaggio più costruttivo e meno conflittuale nei confronti dell’Europa e degli Stati Uniti, anche se migliaia di prigionieri politici, giornalisti e attivisti per i diritti umani languono nelle carceri turche a dispetto delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo che sono vincolanti per Ankara. Tra loro c’è Osman Kavala, filantropo e massimo esponente per i diritti civili e delle minoranze, condannato all’ergastolo aggravato senza alcuna prova dopo un processo farsa. Solo pochi giorni fa la Corte di cassazione ha confermato la condanna a vita per Kavala, alfiere dei diritti delle minoranze, fervente sostenitore della riconciliazione turco-armena e turco-curda”.
Qual è la strategia in politica estera di Erdogan
Ha dichiarato Giustino: “In Siria, Putin ed Erdogan si sono divisi le rispettive sfere d’influenza. Mosca sostiene il regime di Damasco, Ankara i ribelli anti – Assad. Putin ha esteso la sua influenza in Siria per espandersi nel Mediterraneo, Erdogan per allontanare le forze curde dai suoi confini e creare una zona araba-sunnita per farvi tornare i rifugiati siriani che ospita nel suo paese. Ankara come Mosca vuole scuotere l’ordine mondiale post-sovietico e ridisegnare le regole del gioco occidentale, disdegna le norme liberali e punta a riposizionare il paese come potenza egemone regionale e mondiale e per questo desidera, più di ogni altra cosa, essere una potenza autonoma.
La sua politica estera è da intendersi non come una deriva verso la Russia o la Cina, ma come espressione del desiderio di mantenere un piede in ogni campo e di gestire la rivalità tra le grandi potenze. Il regime di Erdoğan ha progettato questo orientamento e un ambiente internazionale permissivo lo ha reso possibile. Una rete vicina al Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) e ai suoi alleati di coalizione formata da politici, burocrati, giornalisti e studiosi, apertamente scettici sull’allineamento con l’Occidente, ora è dominante nella cultura della sicurezza del governo e più in generale anche nell’opposizione. Una strategia di politica estera turca più indipendente è destinata dunque a proseguire.
L’idea che la Turchia si stia allontanando dalla Russia è tanto assurda quanto sostenere il contrario. La Russia è per la Turchia ciò che il Canada è per gli Stati Uniti e la Germania per la Francia. Tra Mosca e Ankara vi è un rapporto storico e di interdipendenza economico-commerciale, energetico e militare. Le esportazioni turche verso la Russia sono salite alle stelle dall’inizio del conflitto ucraino, da 2,6 miliardi di dollari nella prima metà del 2022 a 4,9 miliardi di dollari nello stesso periodo di quest’anno. Per Erdogan la politica estera è funzionale al mantenimento del consenso esterno“.
I rapporti con l’Italia
Al termine dell’incontro bilaterale che Meloni ed Erdogan hanno avuto a Vilnius, le dichiarazioni rilasciate da entrambi sono state molto positive. I due paesi hanno rinforzato un’asse che è decisivo sulle dinamiche geopolitiche del Mediterraneo e dell’Africa. Eppure la destra italiana si è sempre dichiarata contraria all’ingresso di Ankara nell’Unione Europea. “Ma quando si governa si cambia sempre opinione – ha affermato Giustino – I rapporti tra l’Italia e la Turchia sono sempre stati solidi. Anche sulla questione dell’ingresso nell’Ue. Le vere basi delle relazioni tra i due paesi sono economiche: l’interscambio commerciale tra Ankara e Roma vale 20 miliardi di euro e punta ad arrivare a 30. Di questa cifra 10 miliardi riguardano l’export italiano. Poi ci sono tutti gli interessi militari ed energetici, con il ruolo che hanno in Turchia aziende come la Leonardo e l’Ansaldo. Tra i paesi dell’Unione europea l’Italia è il secondo partner commerciale della Turchia dopo la Germania“.
Africa e Mediterraneo
“Per quanto riguarda l’Africa e il Mediterraneo – ha detto Giustino – l’alleato Turchia può sviluppare una proficua cooperazione con l’Italia pur essendo per certi versi un competitor. Prendiamo ad esempio il Nord Africa, nello specifico la Libia. Erdogan ha riempito un vuoto lasciato da Italia, Francia, Ue e Stati Uniti. Ricordo un episodio: quando nel 2019 Haftar ha minacciato di invadere Tripoli, è stato Erdogan a impedirlo. Il Presidente turco è stato l’unico a rispondere alla richiesta di aiuto avanzata da Al-Serraj, allora Presidente del Governo di accordo Nazionale riconosciuto dall’Onu. In questo modo la Turchia ha anche contrastato l’azione della Wagner e ora controlla le principali infrastrutture di Tripoli. Ad oggi Ankara ha un’enorme influenza sulla regione. Nel continente africano la Turchia ha aperto, negli ultimi 20 anni, circa 50 sedi diplomatiche“.
La Russia
Putin ha un disperato bisogno di Erdogan: “Lo ‘Zar’ oltre a trovarsi a suo agio con leader populisti e autoritari, ha necessità di avere ottime relazioni con la Turchia per non restare del tutto isolato. Ankara – ha detto Giustino – non ha applicato le sanzioni occidentali contro la Russia e permette a Mosca di aggirarle. Ha condannato l’invasione dell’Ucraina ed ha intensificato la sua partnership strategica con Kiev, fornendogli sistemi militari come i droni. Putin è stato prezioso nel determinare la vittoria elettorale di Erdoğan alle parlamentari e alle presidenziali. La Russia è il principale fornitore della Turchia di gas naturale con oltre il 45% di importazione. In vista delle recenti elezioni presidenziali turche, Putin aveva posticipato per Ankara i pagamenti delle forniture di gas per miliardi di dollari. Quest’anno sei milioni di turisti russi visiteranno la Turchia secondo l’Unione russa dell’industria dei viaggi, molto più di qualsiasi altro paese. Inoltre la Russia svolge un ruolo chiave nell’aiutare a contenere i combattenti curdi-siriani delle Unità di protezione del popolo (Ypg), ramificazione del Pkk in Siria, consentendo alla Turchia di impadronirsi dell’enclave a maggioranza curda di Afrin, nel 2018.
Le tre operazioni militari anticurde in nord Siria non sarebbero state possibili per Ankara senza il via libera di Mosca che controlla gran parte dei cieli della Siria. Così come nel Caucaso, in cui il supporto militare turco è stato decisivo nella vittoria dell’Azerbaigian contro l’Armenia per la riconquista del Nagorno-Kharabak. Potremmo andare ancora avanti nella descrizione della cooperazione competitiva tra i due paesi nel contesto regionale. Il sostegno fornito dal Pentagono a quello stesso gruppo curdo (Ypg), prezioso per la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti nella guerra in corso contro lo Stato islamico, è una delle principali fonti di attrito tra Washington e Ankara. I vantaggi sono reciproci. Il rifiuto della Turchia di aderire alle sanzioni contro la Russia rende Ankara altrettanto vitale per Mosca.
Gli oligarchi russi hanno trovato un rifugio sicuro in Turchia, ancorando i loro mega-yacht nei porti turchi e il loro denaro in migliaia di joint venture di partner turchi. Non è un segreto che il gas russo continui a raggiungere i mercati occidentali attraverso il gasdotto TANAP che va dall’Azerbaigian alla Turchia e all’Europa. Il “legame speciale” di Erdoğan con Putin ha facilitato il trasporto di grano ucraino attraverso il Mar Nero. L’accordo è scaduto il 17 luglio e Ankara sta mediando tra la Russia e l’Onu per la proroga e per gli scambi di prigionieri tra le parti in conflitto. Data la reciproca dipendenza, non sorprende che la reazione del Cremlino sulle uscite di Erdoğan a Vilnius sia stata blanda“.
L’Unione Europea
Anche con Bruxelles la strategia è la stessa, cosa vuole l’Ue dalla Turchia e cosa vuole il Presidente turco dall’Europa? “Erdogan non cerca più l’ingresso nell’Ue, nonostante l’abbia detto. Cosa vuole dunque? L’ammodernamento degli accordi doganali, ampliare la partership economica e promuovere la libertà di movimento in Europa per i cittadini turchi senza la necessità del visto. Per quest’ultimo punto vi sono 70 criteri da rispettare, per la Turchia ne mancano sei, tra cui quello sulla modifica della legge anti terrorismo che è una legge liberticida perché ha un’applicazione molto estensiva che colpisce anche gli oppositori. Erdogan, dunque, a differenza di quanto si possa erroneamente pensare, in realtà, al di là della propagandistica aspettativa di ingresso, non cerca più l’adesione all’Unione europea. Ciò che il presidente turco intendeva da questa uscita non era il rilancio del processo di adesione all’Ue, che di fatto ha abbandonato costruendo un regime autocratico, ma imporre relazioni transazionali con tutti i paesi, anche con Bruxelles.
Cioè il leader turco punta a relazioni di volta in volta incentrate su singoli obiettivi nella distinzione e nel rispetto degli indirizzi strategici dei vari attori. In sostanza Erdoğan, nelle relazioni bilaterali, vuole tenere stato di diritto e diritti umani fuori per concentrarsi sugli interessi di ciascun paese nel rispetto della propria sfera di influenza. Concretamente, dunque, l’aspettativa del leader turco è: ammodernare gli Accordi di Unione doganale, facilitare il regime di Schengen, abolendo l’obbligo del visto e ampliare il partenariato economico in generale. Solo a questo è interessato Erdoğan“.