Famiglia annuncia opposizione
Omicidio Alice Scagni, chiesta archiviazione per poliziotti e medico: “16 telefonate al 112 ma nessuna denuncia”
Servivano denunce formali per intervenire e, forse, salvare la vita di Alice Scagni, la 34enne uccisa a coltellate in strada dal fratello Alberto lo scorso primo maggio 2022 a Quinto, nel levante genovese. Per questo la procura di Genova ha chiesto l’archiviazione per i due poliziotti e il medico della Salute mentale indagati nell’ambito dell’inchiesta su presunte omissioni, indagine nata dopo l’omicidio della donna, ammazzata con diciassette coltellate dal fratello.
L’indagine era partita dopo le denunce dei genitori di Alice e Alberto, Antonella Zarri e Graziano Scagni, assistiti dall’avvocato Fabio Anselmo. Una delusione fortissima per i familiari, già provati dal processo in corso nei confronti del figlio attualmente in corte d’Assise e con la sentenza attesa a fine settembre.
“Siamo stati messi sotto accusa noi genitori – il commento della madre Antonella Zarri – per quanto accaduto. Forse ne siamo responsabili. Ci è sembrato naturale cercare di proteggere i nostri figli e noi stessi, cercando di chiedere aiuto alle istituzioni“. “Nei giorni precedenti l’omicidio – continua Zarri – abbiamo tentato di contattare 60 volte il centro di salute mentale cui ci eravamo rivolti per l’impressionante progressione della malattia mentale di nostro figlio. Abbiamo più volte chiamato il 113 perché spaventati dal degenerare inesorabile della situazione“.
Per i magistrati genovesi che hanno chiesto l’archiviazione dei tre indagati, se è vero e confermato che i vicini di casa di Alberto Scagni e la nonna del killer chiamarono le forze dell’ordine 12 volte, mentre i genitori il giorno stesso dell’omicidio il 112, nessuna di quelle telefonate sfociò in una denuncia: da qui l’impossibilità di valutare la pericolosità della situazione.
“La mancanza di una denuncia ha impedito la conoscenza di tutte quelle circostanze e dei fatti che avrebbero potuto costituire elementi utili a inquadrare la situazione e a valutarne in anticipo la pericolosità“, scrive la procura nella richiesta di archiviazione per il procedimento su presunte omissioni e mancanze di polizia e medico della Salute mentale. “La condotta dell’operatore 113 e del suo superiore in servizio alla sala operativa l’1 maggio 2022, deve essere vagliata esclusivamente sulla scorta delle informazioni fornite nel corso della telefonata da Graziano Scagni – si legge nel documento della procura citato dall’agenzia Ansa – e appare chiaro che l’invio della volante in soccorso è strettamente legato non solo al tipo di evento rappresentato ma soprattutto al fatto che vi sia in atto un concreto e attuale pericolo per l’incolumità delle persone. Questo deve essere certamente ravvisato nella presenza sul luogo dell’intervento della persona fonte di pericolo“.
Alberto al momento delle telefonate non era sotto casa dei genitori o della sorella. Per quanto concerne la dottoressa “l’accertamento sanitario obbligatorio – è scritto nel documento – è deciso dal medico psichiatra in via eccezionale qualora ci sia il sospetto di alterazioni psichiche gravi e quando sono stati vanamente esperiti tutti i tentativi di contattare la persona per acquisire il suo consenso alla visita“. Il medico in aula, nel processo per l’omicidio, “ha spiegato che dopo il colloquio con i familiari, avvenuto il 22 aprile, e le informazioni pervenute telefonicamente il 28 aprile non aveva, sulla base di quanto le era stato riferito, elementi per poter effettuare una diagnosi in quanto erano riportati dai familiari soprattutto comportamenti antisociali, e non aveva invece ravvisato sintomi psichiatrici tali che consentissero e suggerissero un intervento d’urgenza. Aveva invece deciso già durante la riunione del 28 aprile, subito prima della telefonata di Graziano Scagni, insieme ai medici dell’equipe psichiatrica, di coordinarsi col medico di base, con il neurologo e col Sert ma poi, dopo la telefonata aveva deciso di convocare formalmente Alberto Scagni il 2 maggio“.
Infine, per quanto riguarda il reato di morte come conseguenza di altro reato, per la procura “difetterebbe anche qualunque rapporto di causalità materiale con l’evento morte di Alice Scagni, rispetto al quale il mancato invio della polizia sotto casa della vittima, ben sette ore prima dell’omicidio, non può costituire un contributo al verificarsi di quell’evento, pianificato con premeditazione dal fratello e soprattutto giunto sul luogo diverse ore più tardi rispetto all’ora della richiesta alla centrale operativa della Questura, in quanto non era prevedibile in base ai dati di conoscenza a loro disposizione al momento della richiesta“.
I genitori di Alice e Alberto Scagni, spiega l’avvocato Fabio Anselmo, faranno opposizione alla richiesta di archiviazione della procura. “È una richiesta di archiviazione che si oppone da sola” dice Anselmo, “contiene, cioè la stessa opposizione“. Dopo l’opposizione sarà il giudice per le indagini preliminari a fissare una udienza al termine della quale deciderà se accogliere la richiesta, respingerla o disporre nuovi approfondimenti investigativi.