Parla il Guardasigilli
Carlo Nordio: “Sì alla separazione delle carriere, esiste in tutto i mondo. Concorso esterno in associazione mafiosa? Va cambiato”
Giustizia - di Redazione Web
“Il concorso esterno è ormai, per dirla con Churchill, un enigma dentro un indovinello avvolto in un mistero”. Per Carlo Nordio, ministro della Giustizia, è questo il motivo per cui bisogna mettere mano all’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, non eliminare, argomento che “non fa parte del programma di governo, ma poiché in un dibattito mi è stata chiesta la mia opinione sono ben lieto di ripeterla”. Ha detto il Guardasigilli in una intervista esclusiva al Corriere della Sera.
Nordio spiega che ha presieduto la Commissione per la riforma del codice penale e ha avuto modo di studiare bene la materia insieme ad accademici, magistrati e avvocati autorevoli. Dalla riflessione comune sul tema è venuto fuori che “il concorso esterno andava tipicizzato con una norma ad hoc, perché non esiste come fattispecie autonoma nel codice, ma è il frutto di una interpretazione giurisprudenziale che coniuga l‘art 110, sul concorso, con il 416 sull’associazione”, ha detto. E questo, per il ministro, nella pratica, si traduce in “un’estrema incertezza applicativa. Tanto che la Cassazione ha cambiato piu volte indirizzo, e ancora fatica a trovare una definizione convincente”.
Nordio respinge l’accusa di favorire la criminalità organizzata con le modifiche proposte alla legge e anzi sottolinea che “la mia interpretazione è anche più severa della loro, perché anche chi non è organico alla mafia, se ne agevola il compito, è mafioso a tutti gli effetti”. E spiega l’ossimoro che per lui rappresenta il concetto di concorso esterno: “o si è esterni, e allora non si è concorrenti, o si è concorrenti, e allora non si è esterni. Se si affrontassero questi argomenti con animo freddo e pacato, e non con polemiche sterili, troveremmo una soluzione”. Soluzione che sarebbe quella di scrivere la norma ad hoc in maniera molto chiara.
Sull’imputazione coatta di Delmastro, Nordio è netto: “L’imputazione coatta, indipendentemente dal caso attuale, la critico da 25 anni: è un residuo del vecchio codice — quando c’era il giudice istruttore — inserito nel nuovo Vassalli per un compromesso: il legislatore non ha avuto il coraggio di attuare compiutamente il sistema accusatorio, dove il pm è monopolista e arbitro dell’azione penale”. Un sistema irrazionale perché “dopo l’imputazione coatta, in tribunale non arriva, come un tempo, un fascicolo completo di tutte le indagini, ma un fascicolo vuoto, e il giudice deve chiedere al pm di illustrare le ragioni dell’accusa. Ma che farà il pm, se lui stesso aveva chiesto il proscioglimento? Non potrà certo smentire sé stesso. E il processo collasserà con spreco di tempo e tante sofferenze inutili”.
Infine sulla separazione delle carriere assicura che “fa parte del programma di governo, e sarà attuata”. E spiega: “La separazione delle carriere è consustanziale al processo accusatorio voluto da Vassalli, partigiano antifascista pluridecorato, socialista e garantista. Purtroppo, come ho detto, è stato attuato a metà. Essa esiste in tutto il mondo anglosassone, e non mina affatto l’indipendenza della magistratura requirente. Tuttavia richiede una revisione costituzionale, e quindi il cammino è più lungo”. E conclude motivando l’importanza di questa riforma per l’efficientamento della giustizia: “Separazione delle carriere significa anche discrezionalità dell’azione penale e facoltà del pm di ritrattarla. Tutte cose che in questo momento la Costituzione non consente. Ma se fossero attuate eviterebbero almeno un trenta per cento dei processi che si rivelano inutili e dannosi e rallentano la celebrazione di quelli più importanti e quindi la giustizia sarebbe più celere”.