Il messaggio del Presidente

Separazione delle carriere, che gaffe di Mattarella sul giudice indipendente e imparziale

Giustizia - di Tiziana Maiolo

16 Maggio 2023 alle 12:00 - Ultimo agg. 16 Maggio 2023 alle 13:32

Condividi l'articolo

Separazione delle carriere, che gaffe di Mattarella sul giudice indipendente e imparziale

In tempi normali sarebbe stato persino banale, dirlo. “Indipendenza della Magistratura come patrimonio irrinunziabile dello Stato di diritto e della nostra democrazia costituzionale”, ha sentenziato il Presidente Sergio Mattarella, all’inaugurazione di una scuola superiore di magistratura. Sale sulle ferite aperte, di questi tempi. La “ferita” è quella riforma sulla separazione tra le carriere dei magistrati, unica garanzia dello Stato di diritto, sempre promessa e che non arriva mai. Il “sale” è quella distrazione di presentare le toghe, giudici e pubblici ministeri, come quell’unicum che i cultori dello Stato di diritto vedono come una bestemmia in chiesa. O lo stridio del gesso sulla lavagna. E lo stridio del gesso, l’abnormità della bestemmia in chiesa aumentano volume e sostanza quando il Presidente della Repubblica (e del Csm) ritiene di rafforzare il concetto. E invece finisce con il collocare il numero uno dell’organo di controllo sull’amministrazione della giustizia e la probità dei magistrati da una parte precisa della barricata. Quella che, nella società in bianco e nero, divide i giustizialisti dai garantisti.

Il Presidente cita l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che richiama il diritto di ogni persona ad avere un giudizio pubblico “da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge”. Un giudice, appunto. Non possiamo dimenticare che nella stessa Europa, nel sistema anglosassone e in tutto il mondo occidentale, l’indipendenza e la terzietà sono garantite dai giudici, non dalla pubblica accusa. E questa voluta confusione, questa commistione tra i ruoli, tutta italiana, questa lettera maiuscola apposta al termine Magistratura nel testo scritto del Quirinale, pare fatta apposta per sollecitare e sicuramente ottenere un bell’applauso dal sindacato delle toghe e per mettere in difficoltà il ministro guardasigilli.

Ed è un peccato, perché altre parti dell’intervento del Presidente, come la critica alla “giurisprudenza creativa” e l’avvertimento a non usare il processo per finalità diverse dall’accertamento dei reati, sono rigorose e dovrebbero impensierire molti magistrati. Anche e soprattutto alcuni dei procuratori più scenografici, come quello che continua a irridere Governo e Parlamento annunciando di aver catturato molti “presunti innocenti”. Ma rimane il fatto che in questo momento il ministro Carlo Nordio si sta giocando la sua stessa permanenza nel ruolo di governo. Sarebbe ben singolare se colui che ha speso gran parte della sua vita, sia da pubblico ministero che da editorialista, scrittore e conferenziere, mettendo in guardia il sistema Italia come mela bacata senza la separazione delle carriere tra giudici e avvocati dell’accusa, si lasciasse legare le braccia dietro la schiena e vanificare il potere di firma una volta arrivato alla possibilità di realizzare il suo progetto riformatore.

E non è tutto. Perché, se pure ieri Nordio ha ricordato che “la Costituzione parla di pena, non di carcere”, dalle notizie che filtrano, in gran parte da un viceministro dalla solida cultura garantistica come Francesco Paolo Sisto, non si ha la certezza che il “pacchetto giustizia”, le prime vere riforme di questo governo (se si escludono gli scivoloni di direzione contraria dei decreti rave e ergastolo ostativo) avranno un grande rigore. Ma piuttosto solo piccoli aggiustamenti. Parliamo del reato di abuso d’ufficio, che andrebbe semplicemente abolito, e di quello di traffico illecito di influenze che invece è condizionato da un impegno europeo. Ma anche e soprattutto da quello scandalo tutto italiano della possibilità concessa al pm di trascinare all’infinito, processo dopo processo, l’imputato già assolto in primo grado. Si attendono poi la riforma della custodia cautelare e del sistema delle intercettazioni. Arriveranno? E saranno rigorose?

Si attende il semaforo verde dagli uffici di via Arenula, la sede del Ministero di Giustizia. Che però rimane come sempre piena zeppa di toghe in distacco dalle loro funzioni ordinarie. Una tradizione cui non si è sottratto lo stesso Nordio, che si è limitato a sostituire i magistrati di sinistra con quelli di destra. Sarà forse anche per questa garanzia corporativa che per ora la Anm sta un po’ alla finestra e ha limitato la propria mobilitazione a un fatto specifico, la protesta per l’improvvida azione disciplinare avviata dal ministro nei confronti dei giudici della corte d’appello di Milano per la concessione dei domiciliari all’uomo d’affari russo Artem Uss. E le parole di ieri del presidente Mattarella paiono dare una mano proprio al corporativismo delle toghe.

16 Maggio 2023

Condividi l'articolo