I valori della sinistra
Intervista a Massimo Salvadori: “Pd faccia intese con M5S, ma Schlein non si fidi troppo di Conte”
« Stabilire intese con il M5s per sfidare la destra va bene, ma prima il partito deve riscoprire le radici social-democratiche»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Per storia, pubblicazioni e profilo accademico, Massimo L. Salvadori è ritenuto, a ragione, uno dei più autorevoli storici e studiosi italiani della sinistra. Professore emerito all’Università di Torino, tra le sue innumerevoli pubblicazioni e saggi, ricordiamo i più recenti Le ingannevoli sirene. La sinistra tra populismi, sovranismi e partiti liquidi (Donzelli, 2019); Storia d’Italia. Il cammino tormentato di una nazione. 1861-2016 (Einaudi, 2018); Democrazia. Storia di un’idea tra mito e realtà (Donzelli, 2016). Democrazie senza democrazia (Laterza, 2011); In difesa della storia. Contro manipolatori e iconoclasti (Donzelli, 2021); Da un secolo all’altro. Profilo storico del mondo contemporaneo 1980-2022 (Donzelli, 2022).
Professor Salvadori, può esistere e avere un futuro una sinistra che sia priva di una visione, di un pensiero forte sui grandi temi che segnano il nostro tempo?
La risposta è già contenuta nella domanda. Direi di metterla così: non ha ragione di esistere, se non per tirare a campare più o meno avanti, un qualcosa che si definisce sinistra ma non ha una alcuna idea che cosa debba intendersi per “sinistra”. Una sinistra ridotta nelle condizioni attuali non può avere alcuna visione, non un pensiero forte, non una capacità di attrazione anzitutto verso i giovani. Viviamo in società caratterizzate dal prepotere delle plutocrazie, dalla presenza di enormi diseguaglianze economiche a livello nazionale e internazionale, dall’indebolimento delle istituzioni democratiche che vedono sempre più cittadini ed elettori ridotti a soggetti passivi della politica i cui messaggi sono prevalentemente affidati ai mass media, ai dibattiti-spettacolo tra esponenti politici e giornalisti che troppo spesso con linguaggi confusi si beccano come galli, dal dramma delle grandi migrazioni, dal minaccioso degrado ambientale, dalla tragedia di conflitti armati diffusi in varie parti del mondo giunti a coinvolgere l’Europa con la guerra in Ucraina, dal crescere delle pericolose tensioni tra le maggiori potenze. Quanti problemi tutti assai gravi e incombenti aperti per una sinistra che non si qualifichi come tale essenzialmente per la dislocazione nei seggi parlamentari! Non potrebbero esservi problemi più importanti di questi per chi abbia una “visione” e un “pensiero forte”.
Si continua dunque a parlare di “Sinistra”, ma cosa può darle un contenuto programmatico e ideale?
Penso che per avere una risposta non si debba girarci tanto intorno. Ritiene, la sinistra, stando all’insegnamento di grandi intellettuali e politici quali Tony Judt, Norberto Bobbio, Michael Walzer e l’indimenticabile segretario del Partito socialdemocratico e primo ministro di Svezia Olof Palme assassinato nel 1986, che rimangano vivi i valori e gli scopi della socialdemocrazia europea nella sua stagione più alta e produttrice di risultati: 1) la libertà delle imprese, ma poste sotto il controllo pubblico; 2) salari che consentano ai lavoratori un vita decente, una tassazione rigorosamente progressiva, un welfare efficiente; 3) un riformismo diretto a rimuovere gli ostacoli posti all’elevazione sociale e culturale delle fasce in stato di maggiore precarietà; 4) la difesa intransigente delle libertà politiche e civili, dei diritti sociali e dei diritti degli individui; 5) la lotta ai fanatismi ideologici e religiosi in nome del pluralismo culturale e di un clima non già di semplice tolleranza ma di reciproco rispetto delle diversità; 6) l’accoglimento con spirito di umanità degli immigrati, della cui forza lavoro oltretutto le nostre economie e in particolare l’Italia hanno gran bisogno. Sono questi principi e finalità obsoleti? Quali altri potrebbe perseguire una “sinistra” che non si muti irrimediabilmente in altro da sé? La sinistra si trova dovunque in Europa in grandi difficoltà. Ciò nonostante, in Spagna il governo Sánchez a guida socialista è stato in grado di varare molteplici riforme esemplari; ora lotta per la sua sopravvivenza in vista delle prossime elezioni. Ha fatto quel che doveva.
Veniamo alla guerra in Ucraina. Molto si è detto sul golpe fallito in Russia. Lei che idea si è fatto di questo conflitto e ritiene che il potere di Putin sia in crisi?
Questa è una guerra in cui tutte le parti stanno perdendo e mostrano di avere sbagliato i calcoli. Ha sbagliato Putin, che credeva che l’invasione dell’Ucraina si riducesse per l’esercito russo a una passeggiata militare; hanno sbagliato Zelensky e i suoi protettori americani ed europei, i quali – come tutti ricorderanno – si affrettarono con enfasi precipitosa a dichiarare, sbagliando, che le sanzioni avrebbero a breve, anzi a brevissimo termine, messo in ginocchio l’economia della Russia e posto le premesse della caduta dello “zar”. Il conflitto – va detto – ha avuto le sue origini nella sciagurata decisione dei governi statunitensi contro cui nel 1997 in una lettera al presidente Clinton, protestarono, definendola una «mal concepita politica», circa cinquanta personalità americane del peso di McNamara e di Kennan, che ne previdero le conseguenze – di circondare la Russia allargando sempre più la Nato e di riarmare, d’intesa con l’Unione Europea, l’Ucraina dopo che il governo di questa non aveva mantenuto l’impegno di assicurare una larga autonomia alle province russofone orientali. Da parte sua Putin ha reagito sottovalutando la forza russa e il peso dell’appoggio militare dell’Occidente, non prevedendo la durata che la guerra avrebbe potuto avere, dando all’invasione una carattere di crociata medievale di liberazione dal “male” ispirato a una forma di neonazismo. Il che non ha fatto se non compattare la maggioranza della popolazione ucraina dietro a Zelensky che, con i più falchi tra i suoi sostenitori occidentali, ha lanciato a sua volta una crociata che mira non solo a fare cadere Putin ma anche – programma massimo – a disgregare la Russia. Il golpe tentato dalla brigata Wagner ha senza dubbio dato un colpo grave all’autorità di Putin, che però è rimasto in piedi. Quali possano essere le conseguenze del colpo subito, lo dirà il futuro più o meno prossimo.
Il Pd di Elly Schlein, tra speranze, aspettative e battute d’arresto, non solo elettorali, può far ritenere che si apra un «nuovo corso»? In tema di alleanze a sinistra si ravviva la vexata quaestio delle alleanze: con o senza i 5stelle di Conte?
Il Pd è nato male, come frutto di un’amalgama tra ex comunisti e cattolici democratici che nutriva smodate intenzioni, tra cui addirittura quella, espressa esplicitamente da Veltroni, di offrire un modello di partito al resto del mondo. Dopo di che si sono visti i segretari del partito e le loro fazioni susseguirsi ondeggiando tra culture politiche non compatibili e linee politiche in contraddizione le une con le altre, eccessi di zelo nell’appoggiare i governi a partecipazione Pd, le correnti furoreggiare e litigare nella competizione per le poltrone, la ricerca di intese con altri partiti andare avanti e indietro, posizioni in politica estera zelantemente atlantiste alle quali cui la Schlein si è accodata. Il Pd deve essere rifondato, non rabberciato. Zingaretti si era spinto, con spirito subalterno, fino a fare intravvedere un’unione con i 5stelle. Un indirizzo suicida. Oggi non si può ignorare che Conte lavora attivamente a svuotare il Pd propagandando l’immagine del suo partito-movimento come la forza di sinistra più coerente e più autentica in politica sia interna che estera. Il Pd deve preservare la propria autonomia, darsi, se ne è capace, il profilo socialista democratico che ha finora sempre rifiutato di assumere. Il “progressismo” è uno slogan vuoto. Naturalmente occorre stabilire con i 5stelle intese sulla base di punti comuni nell’opposizione al trionfante governo di Destra.
Che destra è quella che sta governando l’Italia?
Ormai è chiaro che al governo dell’Italia non vi è una coalizione di Destra-centro, ma una destra affiancata da due partner minori e subalterni. In questo contesto Fratelli d’Italia tiene al guinzaglio la Lega e una Forza Italia in stato di affanno. Potrebbero ad un certo punto emergere significative frizioni tra la Meloni, ben decisa a guidare il governo secondo i suoi piani; ma ora è troppo presto per andare oltre il piano delle ipotesi possibili. Per quanto riguarda la natura della Destra della Meloni, non bisogna ovviamente attenuare il significato dell’ascesa al potere di una forza che ha la sua matrice ideologica politica nel passato fascista e neofascista, nonostante tutti gli attestati di fedeltà ai valori costituzionali e alle istituzioni che ne sono figlie e gli sforzi a livello europeo di mimetizzare le forti consonanze con i governi ungherese e polacco, le destre estremiste come i Vox spagnoli e i loro fratelli più o meno gemelli disseminati nell’Unione Europea. I programmi che la Meloni sta perseguendo in tema di diritti civili, giustizia, politiche sociali, mezzi di informazione, emigrazione, politica estera rappresentano una pericolosa involuzione. Quella che ha assunto le redini dell’Italia è una Destra che oltretutto si basa su un personale politico di assai bassa qualità, ma arrogante e deciso nel perseguire i suoi propositi. Molto è il lavoro per chi voglia far aprire gli occhi agli italiani che le hanno consegnato lo scettro. Se il Pd perderà la partita su questo terreno, è da ritenere che perderà anche se stesso.