La convocazione al Nazareno

Perché gli aiuti fraterni a Elly Schlein sono sospetti…

Domani si tiene la Direzione. I punti dolenti sono tanti, e tante anche le correnti sul piede di guerra. Ma per ora vinceranno diplomazia e “segnali”

Politica - di David Romoli

11 Giugno 2023 alle 13:30 - Ultimo agg. 11 Giugno 2023 alle 18:12

Condividi l'articolo

Perché gli aiuti fraterni a Elly Schlein sono sospetti…

I dirigenti del partito, prima e più che nella direzione convocata per domani mattina, si parlano tramite interviste, per lo più in codice. Ripetono tutti la stessa cosa, più o meno con le stesse parole: “Nessun attacco alla segretaria, che è stata appena eletta e bisogna lasciarle il tempo di lavorare”. Messa così il nervosismo estremo e le critiche feroci che fioccano a porte chiuse sembrerebbero frutto di una piscosi collettiva.

Il fatto è che tutti, proprio tutti, aggiungono che la neoletta bisogna anche “aiutarla lealmente” ed è nelle modalità e negli obiettivi di quel generoso aiuto che si nascondono le tensioni e i conflitti. (Sembra un po’ l’aiuto fraterno che diede l’Unione sovietica alla Cecoslovacchia di Dubceck nel 1968, invadendola coi carrarmati…). Ieri a farsi sentire sulla Stampa è stato il leader di fatto della minoranza, lo sconfitto Bonaccini. “Non ho mai aderito a una corrente e non intendo certo farlo ora. Elly ha vinto e la va dato il tempo di lavorare. Al partito spetta supportarla e aiutarla discutendo lealmente”. E’ per “aiutarla e supportarla” che in luglio la minoranza riformista si vedrà a Roma per battezzare la non-corrente.

E’ per lo stesso motivo che nei giorni scorsi alcune decine di esponenti riformisti si sono riuniti al Capranica di Roma per strutturare la futura area, con il “bonacciniano” bolognese Andrea De Maria, da pochi giorni tesoriere del gruppo alla Camera, incaricato di organizzare il gruppone, e le due Simone, Bonafè alla Camera e Malpezzi al Senato, delegate a gestire il fronte parlamentare. Da un certo punto di vista Bonaccini ha ragione. Non si tratterà di una corrente propriamente detta, come Base Riformista, l’area di Lorenzo Guerini e Vittorio Alfieri, che nel Pd chiamano già da anni i “diversamente” renziani. Piuttosto un “correntone,” nel quale potrebbero confluire diverse aree che hanno sostenuto Bonaccini al Congresso, da Base Riformista, agli amministratori legati direttamente al governatore dell’Emilia-Romagna, ma anche ai “fassiniani” di Iniziativa democratica e agli Ulivisti 4.0 sino ai cattolici vicini a Graziano Delrio.

Il punto fermo numero uno, e lo si vedrà già domani in direzione, è la guerra. Bonaccini sul punto è stato tassativo: “Togliere il sostegno militare a Kiev è impensabile, il problema non si pone”. In effetti, tranne il vicepresidente dei deputati Ciani, che però non è del Pd e ci tiene a sottolinearlo, il problema non lo pone nessuno, figurarsi la prudentissima segretaria. E’ questione di sfumature. Non si tratta solo di confermare l’appoggio anche militare all’Ucraina, ma di non sgarrare di un millimetro dalla linea Nato, incarnata in Italia da Giorgia Meloni più che da ogni altro. E’ questione di sfumature impercettibili per gli osservatori comuni. Anche solo parlare di trattative è sospetto. L’unica pace possibile è quella tratteggiata nel Piano Zelensky. Schierarsi contro la facoltà per i singoli Stati di attingere al Pnrr per produrre munizioni destinate a Kiev, come avrebbe voluto fare Schlein, è in odore di tradimento. Lunedì la minoranza attaccherà, giurando di non volerlo fare, proprio su questo punto, col pensiero già rivolto al prossimo voto dell’europarlamento sul nodo Pnrr-armi, in luglio.

Meno apertamente conclamato è il secondo motivo di dissenso: l’accusa serpeggiante di aver spostato troppo il Pd dalla parte del sindacato “dimenticando le aziende”. Domani Schlein punterà invece proprio su questo fronte, proponendo un’agenda alternativa a quella del governo sul sociale, in particolare sanità, scuola e lavoro. La segretaria spera di rinsaldare le file delle correnti, pardon delle aree, che l’hanno appoggiata al congresso e che oggi sono molto più insoddisfatte di quanto i leader facciano vedere nelle interviste di turno. La sinistra di Orlando, Misiani e Provenzano, oggi meno vicini che in passato, la moderata AreaDem di Franceschini, principale regista dell’operazione Schlein nell’establishment del Nazareno, il gruppo che guarda a Letta e non coincide del tutto con i franceschiniani, l’area vicina a Zingaretti, che tra tutti i leader che si sono espressi via intervista nell’ultima settimana è stato il meno paludato e quasi apertamente critico.

Senza contare gli ex scissionisti di Art, 1, i “bersaniani” di Roberto Speranza rientrati ieri a tutti gli effetti nel partito, forse anche i Giovani Turchi di Matteo Orfini o il gruppetto di Cuperlo, entrambi schierati al congresso con Bonaccini che però guarderebbero con favore una sterzata verso sinistra sui temi sociali, non più solo in termini di denuncia ma anche di proposta. Una delle critiche più ricorrenti montate tra i sostenitori della segretaria è appunto quella di limitarsi alla denuncia senza mettere in campo un’agenda alternativa concreta; critica che a sua volta nasconde una sassata più contundente, e cioè l’accusa di avere una cultura movimentista e di protesta, “minoriaria” si dice in gergo, senza capire che il Pd è e non può che essere un partito di governo.

L’ulteriore obiezione, si sa, è quella sulla mancanza di collegialità, che in soldoni si traduce nell’accusa di parlare solo con pochi intimi: il portavoce Flavio Alivernini, la coordinatrice della segreteria Marta Bonafoni, forse la più presa di mira lontano dai microfoni, il responsabile dell’organizzazione Igor Taruffi, “uno di Rifondazione” nelle avvelenate chiacchiere private, Francesco Boccia, il presidente del gruppo al Senato e unico vero esponente del Pd di lungo corso nella cerchia ristretta di Elly, considerato però da molti più attento alle proprie sorti che a quelle del partito.

Domani Elly si rivolgerà prima di tutto a chi la ha sostenuta al congresso per “riannodare i fili” ma anche alla minoranza riformista, per garantire che sulla guerra non ci saranno slittamenti e forse per rispondere alle prevedibili critiche sulla defenestrazione di Piero De Luca dalla vicepresidenza del gruppo alla Camera. Parleranno in molti, non ci saranno rotture e neppure, in superficie, frizioni aspre. Ma per capire l’esito del primo appuntamento difficile della segreteria Schlein bisognerà andare molto oltre la superficie.

11 Giugno 2023

Condividi l'articolo