Il rapporto della Cild

Cosa sono i Cpr e come funzionano: il business sulla pelle degli stranieri

Un sistema che da 25 anni in Italia produce violazioni gravissime, ma che fa la fortuna di gestori privati, mentre le istituzioni si girano dall’altra parte

Editoriali - di Federica Borlizzi, Marika Ikonomu

9 Giugno 2023 alle 17:30

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Cosa sono i Cpr e come funzionano: il business sulla pelle degli stranieri

I grandi colossi europei dell’accoglienza e del trattenimento hanno cominciato ad investire, anche in Italia, nel redditizio settore della detenzione amministrativa dei migranti, puntando a gestire i Centri di Permanenza per i Rimpatri (c.d. CPR): strutture in cui sono detenuti uomini e donne non per aver commesso un reato ma per il semplice fatto di non possedere un permesso di soggiorno.

Per imporsi in questo redditizio “mercato” le società utilizzano ogni mezzo, compresa l’attività di lobbying e una postura “aggressiva” nelle gare d’appalto. È questo quello che sembra insegnarci la storia della multinazionale elvetica, Ors, che gestisce Centri di accoglienza e trattenimento in Svizzera, Austria, Germania, Spagna e, da pochi anni, anche Italia.

Non stupirà allora constatare come attualmente Ors sia l’unico gestore di CPR ad avere un lobbista in parlamento, ossia ad avvalersi dell’ausilio di una delle società di lobby più importanti in Italia: “Telos-Analisi e Strategie”. Lobbysta di altre grandi imprese, tra cui la Toyota. Con la differenza che se per una azienda automobilistica l’attività di lobbying ha ad oggetto la vendita di autoveicoli, per una multinazionale come Ors si dovrebbe sostanziare nel richiedere più Centri per il rimpatrio, più persone da recludere.

Ors riesce ad affermarsi nel settore della detenzione amministrativa italiana non solo grazie all’aiuto del lobbismo ma anche distinguendosi, nelle gare d’appalto, per una vera e propria “corsa a ribasso”, capace di sbaragliare la concorrenza. Emblematico è quanto avvenuto, nel gennaio 2020, con l’affidamento alla multinazionale elvetica di un Centro di accoglienza in provincia di Trieste (Casa Malala): nell’offerta presentata dalla società si stimava una cifra di 4,80 euro per fornire, pro diem e pro capite, colazione pranzo e cena ai migranti accolti.

Questa è una delle inchieste che fa parte del nuovo Rapporto L’affare CPR. Il profitto sulla pelle delle persone migranti che la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD) ha presentato, ieri, in parlamento. Un lavoro frutto di una complessa indagine, che vuole provare a fare chiarezza su uno degli aspetti più controversi della detenzione amministrativa: la gestione da parte dei privati delle strutture di trattenimento. Una privatizzazione che consente, infatti, a cooperative e multinazionali di fare profitto sulla privazione della libertà personale di uomini e donne, rei di aver violato una norma meramente amministrativa.

D’altronde il giro d’affari ammonta a milioni di euro: dal 2021 al 2023, le Prefetture hanno bandito gare d’appalto per un valore complessivo di 56 milioni finalizzati ad affidare ai privati i 10 CPR presenti nel territorio (divenuti 9, a marzo di quest’anno, dopo la chiusura del Centro di Torino, reso inagibile dalle proteste interne dei detenuti). Dunque, anche in Italia la detenzione amministrativa sembra essere diventata una filiera molto remunerativa in cui si sviluppano due tendenze: da un lato, una minimizzazione dei costi da parte dello Stato e una sua deresponsabilizzazione; dall’altro la ricerca di una massimizzazione dei profitti da parte dei privati.

La minimizzazione dei costi appare evidente, anzitutto, negli schemi dei Capitolati d’appalto predisposti, nel 2018 e 2021, dal Ministero dell’Interno che hanno drasticamente tagliato tutti i servizi alla persona interni ai CPR. Le singole Prefetture, inoltre, nelle gare per la gestione dei Centri, vanno ad aggiudicare gli appalti in base al criterio della c.d. “offerta economicamente più vantaggiosa”: a parità di offerta tecnica, maggiore è il ribasso proposto dai concorrenti, maggiori saranno le possibilità di vedersi aggiudicata la gara. Ulteriore conseguenza della privatizzazione della detenzione amministrativa è il “diluire” le responsabilità delle autorità pubbliche, che molto spesso vengono meno ai (pochi) doveri che sono loro imposti dalla normativa in materia di trattenimento, consentendo alle società di poter porre in essere delle vere e proprie speculazioni sulla pelle delle persone detenute.

Infatti, la capacità degli enti gestori privati di massimizzare, spesso in maniera illegittima, i propri profitti appare legata anche al fatto che le autorità preposte (fra tutti, Prefetture e ASL) non svolgano le doverose attività di vigilanza, neanche quando questi controlli sono sollecitati dalle denunce delle associazioni della società civile o dagli stessi legali dei trattenuti. Emblematico è quanto avviene in materia di assistenza sanitaria e, in particolare, di visite di idoneità al trattenimento. Queste ultime sono attribuite, anche per imprescindibili esigenze di imparzialità, alle ASL territorialmente competenti che dovrebbero, prima dell’ingresso di ciascuna persona all’interno dei Centri, effettuare una visita in cui valutano eventuali incompatibilità (fisiche e psichiche) alla vita in comunità ristretta.

Ma, come ampiamente testimoniato all’interno del Rapporto, queste visite vengono spesso effettuate dai medici dipendenti degli enti gestori e in maniera del tutto approssimativa: ciò ha portato a detenere persone che non avrebbero dovuto entrare nei Centri, con i conseguenti gravissimi episodi suicidari e di autolesionismo. Aspetto che risulta ancor più inquietante se si tiene conto del fatto che l’ente gestore dei CPR non è retribuito in base alla capienza teorica ma a quella effettiva: il guadagno è quindi direttamente proporzionale al numero di persone detenute.

La carenza di controlli da parte delle Prefetture è, dunque, funzionale alla massimizzazione del profitto dei privati, il cui unico modo per avere un margine di guadagno – considerando il ribasso offerto durante l’aggiudicazione – è quello di violare il contratto d’appalto, sia limitando al minimo i diritti delle persone recluse, sia cercando di risparmiare sui diritti dei lavoratori. Nel CPR di Milano, ad esempio, molti operatori ed ex operatori hanno denunciato il ritardo nei pagamenti da parte del gestore, Martinina srl, società nata dalle ceneri di Engel Italia srl, oggi in stato di crisi e con debiti per oltre 2 milioni di euro. I dipendenti, il 10 giugno 2022, hanno inviato una segnalazione formale al Prefetto di Milano, evidenziando il mancato pagamento delle retribuzioni ma, nonostante la palese violazione del contratto di appalto, nulla è cambiato e alcuni lavoratori aspettano lo stipendio da oltre un anno.

Oltre il danno, però, si è verificata anche la beffa: Martinina s.r.l. si è nuovamente aggiudicata la gestione del CPR di Milano nell’ottobre del 2022. L’avvocata Eva Vigato, invece, svolgeva il servizio di informazione normativa all’interno del CPR di Gradisca d’Isonzo, come dipendente dell’ente gestore Edeco-Ekene. La Vigato ha inviato, nel novembre 2020, una segnalazione alla Prefettura, allegando le molteplici violazioni che aveva riscontrato: i detenuti non avevano accesso ai propri fascicoli, non era permesso loro di contattare senza ostacoli i propri legali o familiari, vi era un abuso nella somministrazione degli psicofarmaci e i cittadini tunisini erano oggetto di veri e propri “rimpatri collettivi”, senza possibilità di richiedere asilo. Segnalazioni però che non hanno avuto alcun seguito e che hanno portato il direttore del CPR a rimuoverla dall’incarico.

Sono molti i casi che sembrano evidenziare una non effettività dei controlli prefettizi, considerando inoltre le molteplici violazioni di diritti fondamentali che subiscono i detenuti. Nel CPR di Palazzo San Gervasio i detenuti, al momento dell’ingresso, si vedono illegittimamente sequestrato il proprio telefono cellulare e viene loro impedito di comunicare con l’esterno se non dopo l’udienza di convalida del trattenimento, con l’impossibilità di contattare e farsi assistere dal proprio avvocato di fiducia. Una palese violazione del diritto di difesa più volte denunciata a tutte le autorità competenti che sono, però, rimaste inermi. Durante una visita, a luglio 2022, nel CPR di Torino gestito da Ors, abbiamo assistito ad un trattenuto che chiedeva ad un funzionario della Prefettura perché non ricevessero lenzuola e carta igienica da due settimane.

Ancora, le autorità sanitarie non sembrano svolgere quei compiti imprescindibili di vigilanza e controllo rispetto alla salubrità dei luoghi di detenzione e alla qualità del cibo somministrato. Ispezioni che sembrano non avvenire, stando i numerosissimi casi testimoniati di strutture fatiscenti e cibo di scarsissima qualità: emblematico è quanto denunciato dai detenuti del CPR di Milano, nel giugno 2023, con immagini che ben dimostravano la presenza di vermi all’interno degli alimenti somministrati dall’ente gestore.

Violazioni che accadono in strutture che sono presenti nelle nostre città e che sono difficilmente penetrabili. Per le associazioni e i giornalisti, infatti, è molto complicato entrare nei Centri e monitorare le responsabilità, non solo dei soggetti privati, ma anche delle autorità pubbliche. E anche quando l’accesso è consentito, viene vanificata la capacità di monitoraggio e il diritto di cronaca, perché non c’è possibilità di visitare i moduli abitativi, dove vivono le persone recluse, né di parlare con i trattenuti.

Il nuovo rapporto di CILD mira a mettere in luce queste gravi violazioni che il sistema della detenzione amministrativa da 25 anni produce in Italia: da un lato con la progressiva delega e de-responsabilizzazione delle istituzioni pubbliche e, dall’altro, con l’ingresso di soggetti privati che mirano al profitto. Questo sistema inumano, che lede la dignità delle persone detenute, come ha dimostrato l’iniziale gestione della Croce Rossa Italiana, non è riformabile né migliorabile con una gestione pubblica. La detenzione amministrativa, nata come eccezione, è diventata sistema, creando un autonomo binario autonomo punitivo destinato a soggetti, i cittadini stranieri, che non hanno commesso alcun reato.

* Coalizione italiana per le Libertà e i Diritti civili

di: Federica Borlizzi, Marika Ikonomu - 9 Giugno 2023

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